Pubblicato su Politica Domani Num 10 - Gennaio 2002
Il cinema e la guerra
APOCALYPSE NOW - redux
L'attualità del capolavoro di 22 anni fa
rimane immutata
Giorgio Razzano
Dopo 22 anni dalla prima uscita cinematografica, "Apocalypse Now" ritorna nelle nostre sale, in formato Redux
più lungo di circa 50 minuti, per nulla invecchiato, bensì
di un'attualità sconvolgente e dal valore immutato nel corso
di questi due decenni. Doveva essere il primo film sul Vietnam e su
quel genere di guerra detta "sporca", ma a rivedere scorrere
quelle immagini sullo schermo sembra che esso sia divenuto tanto un
esemplare di opera bellica della nostra ultima storia, quanto un viaggio
psichico nelle oscurità della mente umana, alla ricerca di certi
comportamenti selvaggi e pagani.
La storia è semplice ed è
tratta in maniera molto superficiale da "Cuore di Tenebra"
di Conrad: l'ufficiale americano Willard (Martin Sheen) deve arrivare
ai confini della Cambogia, in piena guerra vietnamita, per uccidere
un altro ufficiale Kutz (Marlon Brando) ribellatosi a tutto e tutti
ed ora venerato dai cambogiani come un dio. All'inizio del film si rimane
affascinati ed emozionati nel vedere quelle scene, ormai famose, in
cui gli elicotteri americani attaccano un villaggio viet-cong accompagnati
dalle note della "Cavalcata delle Valchirie" di Richard Wagner.
Ben presto, nelle scene successive, dopo l'attacco, ci si rende conto
della follia militare, quando alcuni soldati, sotto le bombe, cercano
di fare winserf tra le onde, mentre ci sono morti e feriti da recuperare.
L'odissea comincia nel fiume, visto, per il suo scorrere irregolare,
come un cavo elettrico, che è il motore dell'intera opera. Attraverso
lo scorrere dell'imbarcazione ci si ritrova come a contatto diretto
con ciò che accade oggi; ogni giorno vediamo immagini così
simili che non è possibile non capire cosa sia di fatto la guerra
e l'agire dell'uomo in essa. Violenza, droga, sesso, morte accompagnano
i protagonisti della vicenda (ragazzi o uomini normali come tutti) in
un inferno, sull'orlo della follia o completamente impazziti ne vorrebbero
uscire, ma non possono perché sono legati all'esercito, al dovere
militare, agli ordini impartiti dall'alto. Così sono costretti
a uccidere, a confondere il Bene col Male, a cercare di alleggerire
lo spirito sfinito e il corpo logoro con il lieve sollievo dato dalla
droga, o (in questa nuova versione) dal sesso con alcune conigliette
di Playboy. Non importa più capire cosa sia giusto o sbagliato,
basta solo non morire per poter, poi, un giorno tornare a casa.
Viaggio allucinante, ma l'approdo segna il limite della follia umana:
finalmente l'ufficiale Willard arriva a destinazione per uccidere, ma
anche, principlmente, per conoscere Kurtz, uomo grasso, con un'enorme
testa immersa nell'oscurità, che dice ciò che pensa e
soprattutto agisce senza limiti di sadismo e cannibalismo. Marlon Brando
offre una grande interpretazione, sebbene compaia solo alla fine del
film: ciò che dice all'ufficiale sembra il testamento di chi
ha compreso perché certi popoli, privati della civiltà,
vivano al confine di quello che noi chiamiamo limite umano, e perché
abbiano la forza di fare certe azioni, offrendo le loro vite per scopi
a noi incomprensibili. Kurtz ha capito che combattere questi popoli
è un'impresa folle, essi sono più forti di noi perché in grado di arrivare ad eseguire gesti che altri non farebbero. La ragione
per cui egli, nel bene o nel male, ha abbandonato l'esercito deriva
da queste riflessioni, lo ha fatto per sfuggire a quelle imposizioni,
giuste o sbagliate che siano, che ne avrebbero fatto alla fine un assassino
in piena regola.
La sua mente vacilla tra momenti di lucidità e di pazzia sfrenata,
lo dicono le condizioni in cui vive e l'aspetto del suo villaggio. È
per questo che decide di farsi uccidere, anche lui è sfinito
nel vedere ciò che ha fatto, barbaramente e senza giudizio.
L'apocalisse sta proprio in ciò che una guerra produce: inizialmente
nessuno può calcolare il danno, solo lo svolgimento di essa,
le sue continue stragi ingiustificate, le sue enormi distruzioni alla
fine potranno dare l'idea di quanto terribile sia per un popolo e per
un territorio averla subita.
Una storia apocalittica di un enorme valore etico che ci viene lasciata
dal regista e produttore Francis Ford Coppola, il quale faticò
a metter in piedi un capolavoro come questo (boicottato dalle autorità
americane, problemi finanziari e produttivi, un anno e mezzo di lavorazione
nelle Filippine, colpiti da un tifone e da un attacco cardiaco a Martin
Sheen), una storia che oggi più di venti anni fa ci ha permesso
di interrogare le nostre coscienze facendoci immergere nel nostro subconscio,
risvegliato solo da maledette guerre.
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