|
Pubblicato su Politica Domani Num 10 - Gennaio 2002 Unità europea
VERSO UNA NUOVA EUROPA ROMANA?
La possibile attualità del sistema di governo
romano Alberto Foresi
Con l'introduzione dell'Euro sembra
compiersi un'altra tappa del lungo processo destinato, almeno nelle
intenzioni, a realizzare una definitiva integrazione fra gli stati europei.
Integrazione che, tuttavia, appare sempre di difficile realizzazione
poiché, a differenza degli Stati Uniti d'America, le nazioni
europee hanno alle spalle una storia secolare, antiche ostilità
mai del tutto sopite, tradizioni culturali, politiche e giuridiche che
non sarà facile unire in un'unica realtà amministrativa.
Pensare ad un'Europa unita rimanda
necessariamente all'antichità romana, giacché fu merito
precipuo di Roma aver saputo unificare una vasta area geografica estendentesi
dalle regioni che si affacciano sul Mediterraneo all'Europa continentale
fino a raggiungere l'attuale Inghilterra. Ma è in qualche misura
valido ancor oggi un sistema di potere di tipo romano? In qualche misura
sì. Roma riuscì a realizzare in fondo la prima forma di
stato unitario sovrannazionale, introducendo ovunque le proprie leggi,
i propri ordinamenti amministrativi e la propria lingua, il Latino,
in coabitazione, nell'area mediterranea, con il Greco. Nonostante ciò,
Roma non si presentò come una potenza oppressiva e conculcatrice
delle tradizioni e della libertà delle aree sottomesse, alle
cui popolazioni concedeva ampie autonomie civili e giuridiche, nonché
il rispetto delle locali usanze religiose, a condizione, ovviamente,
che non si perseguissero intenti ostili verso il potere centrale. Non
solo. L'ampliamento dell'area di influenza romana fu realizzato progressivamente
con un relativamente modesto impegno militare. Al di là della
tenace resistenza opposta da alcune popolazioni germaniche, buona parte
delle conquiste romane fu sostanzialmente pacifica, dato che gli invasori
venivano visti come i portatori di una superiore civiltà ed era,
in certi periodi, considerato vantaggioso entrare a far parte del mondo
romano, sia pure come truppe mercenarie o foederati. Del resto, l'apparato
militare romano, per quanto potente, non è mai stato numericamente
tanto rilevante da consentire per lungo tempo il controllo di una così
vasta area senza la sostanziale collaborazione delle popolazioni locali;
inoltre, il legionario romano sembrava più un costruttore di
strade e di ponti che un guerriero. Caduto l'Impero romano, mentre in
Oriente si perpetuava la tradizione romana nel cosiddetto Impero bizantino,
in Europa si assistette al nascere delle monarchie romano-barbariche,
che possono essere considerate i lontani antenati delle moderne nazioni.
I ripetuti tentativi di restaurazione imperiale, ad opera dei Franchi,
degli Ottoni e degli Svevi, tentativi non riconosciuti da Costantinopoli,
che si riteneva l'unica erede e continuatrice dell'Impero romano, diedero
vita ad unità europee sostanzialmente effimere, quando non puramente
teoriche, e ciò soprattutto perché il potere che si voleva
affermare appariva in sostanza quale un'indebita ingerenza, un potere
oppressivo e non protettivo e garante delle libertà. La realtà
medievale era ben diversa da quanto auspicato da Dante, il quale caldeggiava
il ritorno dell'Italia nell'Impero romano-germanico, Impero che era
ormai osteggiato da buona parte dei Comuni italiani e, nei casi in cui
essi appoggiavano il potere imperiale, tale appoggio si rivelava puramente
strumentale ed opportunistico. E ora quale forma di unità potrà
realizzarsi in Europa? Un'unità politica e democratica in cui
le singole nazioni potranno formulare le proprie proposte da ratificare
successivamente con un voto per potere infine essere applicate in tutti
gli Stati dell'Unione? E, in questo caso, le nazioni forti, quali Francia
e Germania, accetterebbero decisioni prese da Stati deboli quali Italia,
Spagna, Grecia
O forse rivendicherebbero il principio che i poteri
devono essere ripartiti proporzionalmente all'importanza delle nazioni,
riproponendo uno schema simile alle Nazioni Unite, assemblea teoricamente
rappresentativa di tutti i paesi e, di fatto, in mano agli Stati con
diritto di veto? È in realtà difficile pensare ad una
radicale unione, capace di far superare le proprie usanze e tradizioni,
basti pensare all'avversione dimostrata dalla Gran Bretagna all'idea
di mandare in pensione le proprie unità di misura. Immaginiamo
cosa accadrebbe se si volessero imporre non il litro al posto della
pinta ma leggi e procedure penali non consone alle antiche tradizioni.
Ricordiamo il problema sorto poco tempo fa riguardante la presunta non
rispondenza alle normative europee della nostra pizza cotta nel forno
a legna. E il rischio è che l'unità europea non crolli
sulle grandi decisioni, ma proprio su aspetti in fondo marginali che
tendono tuttavia a mutare le tradizioni dei singoli componenti. È
in questo aspetto che riemerge la persistente validità del sistema
di governo romano, nella capacità di unire i popoli senza calpestarne
le usanze e, contemporaneamente, nel dimostrare che i vantaggi derivanti
dall'unione possono superare, in nome del bene comune, gli inevitabili
attriti. |
|
|