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Pubblicato su Politica Domani Num 10 - Gennaio 2002 Cinema
MARLENE, VOLTO DI VENERE BIONDA
Cento anni dalla nascita del mito Marlene Dietric Giorgio Razzano "Dalla testa ai piedi son fatta
per l'amore" così con le gambe divaricate a cavallo di una
sedia, cantava con voce roca divenendo il simbolo della perdizione erotica
dei primi decenni dello scorso secolo. Cento anni fa nasceva, il 27
dicembre, Marlene Dietrich, l'immagine di una femminilità misteriosa
e perversa, che riuscì a durare 50 anni e più grazie alle
sue doti di donna incantatrice. Aveva fatto studi musicali, proveniva
da una famiglia borghese, e proprio uno spettacolo musicale fu il trampolino
di lancio fino alla consacrazione con il regista Joseph von Stemberg,
che vide in lei l'interprete ideale di Lola-Lola in "L'angelo azzurro" del 1930 e di molti altri film di successo.
La Germania nazista con Goebbels (il ministro di Hitler) la invitò
a divenire il simbolo di quel potere che serpeggiava in quel momento,
ma Marlene, e molti altri grandi artisti tedeschi, fuggì in America,
ottenne la cittadinanza e cominciò una nuova carriera libera
da imposizioni politiche.
All'epoca, siamo nei primi anni quaranta,
c'era una star alla Metro-Goldwyn-Mayer, che si chiamava Greta Garbo
e mieteva successi. Le case cinematografiche americane erano in crisi
perché non riuscivano a trovare una degna rivale, ma la Paramount
decise e scelse la Dietrich da contrapporre, sbaragliando la concorrenza.
Inizialmente sembrò che le caratteristiche tedesche potessero
ancora di più potenziare l'aspetto già così seducente
della giovane attrice, ma a Hollywood, dove pure l'origine europea era
assai apprezzata, le attrici venivano gradatamente spogliate delle loro
caratteristiche native e ricollocate entro una più astratta stilizzazione
figurativa di marca tipicamente hollywoodiana. Così fu anche
per lei, venne eliminata la sua carnale concretezza berlinese, miscelando
sul suo volto elementi che alludessero ad un'immagine erotica ed enigmatica,
luce ed ombra; così la Dietrich divenne un'icona del tempo e
della società.
Il lavoro sul suo volto è stato sempre e costantemente elaborato
negli anni, ma anche ridefinito per poter mettere in evidenza l'immagine
di dea tentatrice. La seduzione nasceva anche dagli scenari nei quali
compariva: Russia, Africa, Oriente, Spagna, quindi scenari di esotismo,
barocchi, di una follia onirica, esaltati con angolazioni imprevedibili
delle inquadrature, allucinate illuminazioni della fotografia, arricchiti,
infine, con stravaganti oggetti e costumi che accompagnavano la bionda
freddezza dell'attrice.
Zigomi prominenti, ambigue guance incavate da cui nasce per contrazione
l'accenno di un sorriso indecifrabile. Guardarla oggi attraverso una
sua fotografia sembra vivere un'indifferenza beffarda, ma anche una
forte provocazione data da un'irresponsabile naturalezza. Sopravvive
lei a ciò che altre attrici non sono riuscite, a quelle storie
impossibili costruite a Hollywood con ingredienti tipici della letteratura
cinematografica degli anni '30 e '40. Non solo bellezza, ma anche intelligenza
e determinazione artistica: spia, regina, venere disponibile, femmina
per legionari, un corpo colorato in ogni film, anche il meno interessante,
che cambia nell'era post-sternberghiana. Ora nella nuova dimensione
americana la diva mantiene il suo mito di desiderio, ma introduce la
dimensione dell'ironia, la leggerezza maliziosa della commedia e un'elegante
gioco dell'intelligenza.
Marlene lavorò con registi come Ernst Lubitsch e Frank Borzage
facendo emergere la sua grazia spiritosa nella commedia sofisticata,
affossò la sua celebre carica di carnalità e continuò
in questo modo facendo film brillanti come "Ninotchka", "Partita
d'azzardo", "La taverna dei sette peccati", fino a partecipare
in "Scandalo internazionale" di Billy Wilder.
Il mito prosegue nei decenni e non è più il pubblico ad
accreditarlo, ma lo stesso cinema: si fanno film non con un personaggio
inventato, ma figure nutrite della realtà che l'attrice ha vissuto
sullo schermo o nella vita privata. La sua impeccabile arte interpretativa
drammatica la porta a recitare negli anni '50 in "Rancho Notorius"
di Fritz Lang, "Paura in palcoscenico" di Alfred Hitchcock,
"L'infernale Quilan" di Orson Welles e nuovamente per Billy
Wilder in "Testimone d'accusa". L'ultima sua grande apparizione
sarà per "Vincitori e vinti" di Stanley Kramer, film
sul processo di Norimberga, nel quale l'attrice tedesca dovrà
con estrema e dolorosa coerenza affermare le barbarie del nazismo. È
raro vedere un'attrice passare dall'esperienza espressiva a quella di
commedia-satira e dramma, ma lo è ancor di più vederla
indossare nella vita privata vestiti da uomo, ma così era Marlene
Dietrich, un'incredibile attrice.
FILMOGRAFIA:
"L'angelo azzurro" (1930)
"Marocco" (1930)
"Shangai Express" (1932)
"L'imperatrice Caterina" (1934)
"Partita d'azzardo" (1939)
"Paura in palcoscenico" (1949)
"Testimone d'accusa" (1957)
"L'infernale Quilan" (1958)
"Testimone d'accusa" (1961)
 
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