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Pubblicato su Politica Domani Num 10 - Gennaio 2002
Panorama mondiale
IL NUOVO RUOLO DELLA CINA
Una grande nazione cerca di uscire dall'isolamento internazionale
Alberto Carroccio Sembra essersi finalmente messo in
moto quel processo tanto inevitabile quanto auspicabile che è
l'integrazione mondiale del paese più popolato al mondo, la Cina.
Un miliardo e trecentomilioni di abitanti, una superficie pari a nove
milioni e cinquecentomila kmq., una storia e una tradizione antichissima
la Cina in questi ultimi tempi sta completando a grandi passi il suo
cammino di integrazione nel panorama internazionale. Dopo un periodo
di negoziati durato oltre quindici anni, il 10 novembre scorso, la Cina è entrata a fare parte della WTO (World Trade Organization) durante
il vertice che si è tenuto a Doha nel Qatar; un avvenimento che
ha dell'incredibile se si pensa all'isolamento in cui essa viveva fino
a pochi anni fa e iniziato nel 1949 con l'avvento di Mao Tze Tung al
potere. Si tratta certamente di una tappa fondamentale sia per i paesi aderenti
al WTO che per la Cina che per le dimensioni del suo potenziale mercato
(1.300.000.000 persone) e un prodotto interno lordo di oltre 500 miliardi
di dollari rischiava di rimanere isolata dal resto dei paesi del mondo.
Con la adesione della Cina al WTO si sono gettate importanti basi di
collaborazione - per esempio con l'Europa, oltre che con gli USA. Un
primo importante dato che attesta il mutato regime di rapporti di scambio
con l'Unione Europea è la riduzione di circa il 10% alle limitazioni
all'import dall'UE in generale e, in particolare, un abbassamento del
dazio sulle automobili dall'80/100% al 25% entro il 2006.
Ma di gran lunga più importante è il clima nuovo e di
maggior fiducia che si è instaurato.
Proprio i fatti dell'11 settembre sembrano aver dato il via ad una rinnovata
e più efficace collaborazione tra i paesi aderenti al WTO sia
per combattere il terrorismo che per fronteggiare la crisi economica.
Purtroppo però permangono ancora oggi gravi motivi legati alle
violazioni dei diritti umani che rallentano il processo di integrazione
della Cina. Lo Human Right Watch, in un rapporto del 1997, traccia un
quadro desolante sulla violazione sistematica del diritto di libertà
di culto perpetrata dal Governo Cinese: "There is no question that
the kind of state control that China exercises over religious activities
is a violation of freedom of religion" (trad. "non c'è
alcun dubbio che il controllo che la Cina esercita sulle religioni è
una violazione della libertà di religione"). D'altra parte
le dichiarazioni rilasciate nel 1996 dal capo dell'ufficio per gli affari
religiosi Ye Xiaowen parlavano chiaro: il sistema di gestione a cui
la Cina si riferiva era quello leninista nel quale la religione, se
proprio doveva esistere, doveva perlomeno servire lo Stato.
Questa violazione della libertà di culto assume sia l'odioso
carattere di feroce repressione sulla popolazione tibetana, di fede
buddista, sia quello della più sottile e silenziosa ma sistematica
persecuzione nei confronti dei cinesi di fede cristiana.
Un'altra situazione che solleva molte perplessità è la
campagna di lotta contro il crimine condotta dalla Cina con l'utilizzo
esasperato della pena di morte: Amnesty International denuncia infatti,
in un suo rapporto del mese di luglio 2001, che sono state giustiziate
più persone in tre mesi in Cina (circa 1800) che negli ultimi
tre anni nel resto del mondo.
Restano dunque da risolvere ancora importanti questioni, ma gli ultimi
avvenimenti internazionali ci obbligano a guardare con fiducia verso
il futuro, nella speranza che oltre ad una sempre più vasta cooperazione
sul piano economico si possa finalmente assistere ad un importante e
quanto mai indispensabile balzo in avanti sul piano dei diritti umani.  
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