Pubblicato su politicadomani Num 103/104 - Giugno/Luglio 2010

Editoriale
Grazie, società civile

di Maria Mezzina

Abruzzo
Si chiama Medoil Gas ed è la SpA di Sergio Morandi l’impresa che detiene il 100% dei diritti di trivellazione in Abruzzo. Ombrina Mare è il pozzo petrolifero della Medoil che dovrebbe estrarre il petrolio dal fondo del mare a soli 4 chilometri dalla costa. Sono 140 invece, negli Usa, i chilometri di distanza dalla costa per poter realizzare una piattaforma petrolifera. Per ora Medoil è in attesa di trovare i partner finanziari per dare inizio alle trivellazioni ed ha incaricato per questo la BNL-Paribas. Gli abruzzesi sono sul piede di guerra e il 30 maggio hanno sfilato in corteo per manifestare contro questo progetto. Sull’Abruzzo pende un piano di petrolizzazione del 50% del suo territorio, dove vive il 90% della popolazione della regione. Del progetto parlano in pochi, ma dal Ministero dello Sviluppo Economico (quello reso vacante dall’ “ingenuo” ministro Scajola dopo lo scandalo dell’alloggio donato “a sua insaputa”, e assunto ad interim da Berlusconi) risulta che saranno 383 i pozzi su terra, 87 quelli a mare, 202 quelli sterili per re-iniezioni di acque inquinate dal processo di estrazione. In tutto 672 pozzi su una superficie di 3.831 kmq in terra e 1.440 kmq in mare. Saranno interessati al progetto i territori di tutte le province: Chieti (77%), Pescara (71%), Teramo (67,5%), l’Aquila (21,9%). Ma non sarà una regione ricca, l’Abruzzo, una volta che le torri e le piattaforme di trivellazione saranno andate completamente in funzione perché il “petrolio amaro” abruzzese è povero: è intriso di zolfo e di altri elementi che rendono necessario il processo di “desolforizzazione”. Processo che va fatta in loco, con l’inevitabile immissione di gas cancerogeni nell’atmosfera. I limiti di tollerabilità umana dell’idrogeno solforato sono per l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) di 0,005 parti per un milione, per gli Usa di 0.001 parti per un milione. In Italia sono invece di 30 parti per un milione, denunciano i comitati e le associazioni abruzzesi che si oppongono allo sciagurato progetto. Sarebbe la fine della economia abruzzese che vive di agricoltura, turismo e industrie manifatturiere. E, inoltre, le royalties, i diritti cioè di estrazione dovuti allo Stato e alle comunità locali sono risibili: il 10% per il petrolio estratto dalla terraferma e il 4% per quello estratto dal mare (contro il 90% in Kazakistan, l’85% in Libia, l’83% in Indonesia, l’80% in Russia). A chi giova, allora, nei piani del Ministero dello Sviluppo Economico, questa trasformazione dell’Abruzzo in distretto petrolifero? Non all’ambiente, né alla salute degli abitanti. Non alla regione che cesserà di essere quel luogo incantevole di monti e di pascoli che è. Non alle casse dei comuni o a quelle dello Stato. Non ai lavoratori dell’Abruzzo. Certamente gioverà a Sergio Morandi e alla cordata di imprenditori che riusciranno a finanziare il progetto.
Così ha disposto questo Governo, nel silenzio dei media e dell’opposizione.

Campania
Ne dà diffusamente notizia il sito www.chiaianodiscarica.it in un articolo a firma del Prof. Franco Ortolani, ordinario di Geologia all’Università di Napoli Federico II (uno dei tanti che ha scritto, tutti ricchi di dettagliatissime informazioni, di dati e di rabbia): l’emergenza rifiuti in Campania non è finita, parola di Bertolaso. I cittadini della Campania, riuniti in comitati antidiscarica e collegati fra loro anche tramite internet sono riusciti a muovere sulla questione la Commissione europea che ha mandato per una ispezione una sua delegazione (abbiamo parlato nel numero scorso del trattamento riservato alle istituzioni locali, alla gente e ai giornalisti dai militari posti a “tutela” dei siti off limits). La gestione dell’emergenza e post-emergenza rifiuti è in Campania il segno evidente di un “potere assoluto” che impone agli amministratori e ai cittadini campani “idioti, sporchi e cattivi” la vecchia linea delle lobbies parassitarie. Dice il prof. Ortolani: «La delegazione europea ha dato ragione ai cittadini che, non trovando giustizia in questo paese, l’hanno invocata in Europa. In particolare i commissari UE hanno bocciato la prevista (dal DL 90/08) realizzazione di due discariche: la Cava Vitiello di Terzigno ubicata nel Parco Nazionale del Vesuvio e per di più in Zona SIC e ZPS (il massimo della protezione ambientale) e la località Valle della Masseria di Serre ubicata ad alcune centinaia di metri dall’Oasi WWF di Persano, dall’Area Protetta Regionale Foce Sele-Tanagro, e sopra i prelievi di circa 250 milioni di metri cubi annui di acqua per l’irrigazione della piana del Sele. La commissione UE non ha fatto altro che confermare che solo un potere assoluto alieno, “barbaro e cafone”, poteva individuare i due siti citati».
Continua, quindi, in Campania, con rinnovato vigore dopo la visita della delegazione europea e le sue conclusioni, la lotta contro lo scempio della terra, dell’acqua e dell’aria. Coraggio.

E infine, la bella notizia
La raccolta di firme per il referendum sulla ripubblicizzazione dell’acqua e dei servizi idrici, partita il 25 aprile e che si concluderà il 31 luglio, ha superato le 900.000 firme. Un traguardo intermedio del tutto insperato e imprevedibile, che mostra quanto la gente non sia disposta a rinunciare ai diritti primari e ai beni essenziali e comuni ed è pronta a lottare per essi. Una lotta difficile, lunga, impari, per ora, ma coraggiosa e tenace contro quel potere “barbaro e cafone” che ha ridotto anche il Parlamento e la sua stessa maggioranza ad un’accozzaglia di idioti.

 

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