Pubblicato su politicadomani Num 103/104 - Giugno/Luglio 2010


Invertire la marcia
L’Europa di fronte alla crisi
Intervista all’europarlamentare David Sassoli

di Maria Mezzina

“È necessario per l’Europa invertire la marcia. Fino a questo momento l’hanno guidata le politiche dei governi, adesso la crisi impone di dare al mercato unico una governance europea”. È questo in sintesi il punto di forza della intervista a David Sassoli, eurodeputato, capodelegazione del Partito Democratico al Parlamento europeo, giornalista.
Le politiche intergovernative ci hanno portato fin qui. Un mercato come quello europeo ha bisogno di governo, di istituzioni davvero europee. Gli accordi fra governi non bastano più. Si è ritenuto, finora, che la forza dei singoli Stati membri potesse fare la forza dell’Europa. Abbiamo visto con questa crisi che non è così. È mancata infatti all’Europa quella coesione e direzione per prevenire e gestire la crisi. Con un’Europa unita dal punto di vista politico, dotata cioè di una sua governance politica, probabilmente avremmo potuto gestire gli effetti della recessione in modo diverso. La crisi greca interroga l’Europa e la mette davanti ad un bivio. Per i progressisti europei si tratta di avere più coraggio. D’altronde cosa ci chiedono i cittadini e le imprese, grandi e piccole? Di mettere la politica alla guida dell’economia. Questa è la nostra sfida”.
Approfondiamo.
“La crisi ci obbliga a cambiare”, continua Sassòli. “E a rilanciare il progetto europeo. In un mondo globale possiamo competere solo scommettendo sull’Europa. Neppure la Germania, la nazione più forte, potrà farcela da sola. Nessuno può farcela. Lo spazio europeo può consentirci di competere e di scommettere sulla sfida dei prossimi decenni: dare regole alla globalizzazione”.
L’attuale recessione è solo in parte il risultato delle crisi finanziaria e poi immobiliare che hanno avuto origine negli Stati Uniti. Responsabilità a parte degli Usa, l’Europa, con la forza della sua cultura, della sua storia, e con la capacità di incidere dei suoi abitanti, oltre che con la forza dei numeri (800 milioni), ha fatto finora paura. La vocazione americana a diventare leader mondiale, assurta a dottrina politica prima e durante gli anni di presidenza repubblicana, è finita. Il punto di rottura sono state le guerre intraprese da Bush in seguito al crollo delle torri gemelle l’11 settembre del 2001. C’erano già prima, però, nella politica economica americana i germi dell’autodistruzione. Gli stessi che hanno poi provocato la crisi in Europa: spese senza controllo, indebitamenti abnormi, mercati fuori un serio controllo, e, soprattutto, perdita di equilibrio, per cui i controllori diventavano controllati e viceversa. Una giostra in cui i componenti e perfino i vertici delle grandi agenzie di rating che avrebbero dovuto controllare aziende, banche , bilanci di stato e indirizzare i mercati internazionali, sono diventati consulenti - ovviamente molto lautamente pagati - di quelli stessi che dovevano controllare e sui quali dovevano dare giudizi da riportare sui mercati.
È attuale come non mai a questo proposito “America. Punto e a capo - Una lettura non conformista dei mercati mobiliari” (Sheiwiller, 2002), un libro di Marco Vitale che non ha avuto la risonanza che meritava.
“Un’Europa unita con strutture politiche condivise e autonome dai governi - dice Sassoli - diventa un interlocutore credibile e un arbitro efficace in molti conflitti locali endemici e pericolosi”. Fa l’esempio del Pakistan, ma anche del conflitto Israelo-Palestinese, della questione della striscia di Gaza, dove un’Europa politicamente unita avrebbe la forza di intervenire.
Anche il rapporto con gli Usa potrebbe diventare più costruttivo, specie ora che Obama, mettendo da parte velleità di stampo conservatore ha dichiarato di auspicare un’Europa più forte. E i campi su cui seminare e lavorare insieme di certo non mancano: dalla politica estera all’ambiente, dal welfare ai mercati finanziari.
“L’Europa e gli Stati uniti-prosegue Sassoli - con i loro 800 milioni di abitanti rappresentano meno di un sesto della popolazione mondiale ma possono diventare motore di giustizia e solidarietà. Questa è la loro funzione. Le nostre culture democratiche hanno un compito: fare in modo che la globalizzazione abbia etica e regole e il mercato non sia solo un campo di rapina”.
Torniamo alla crisi.
“Il pericolo maggiore è che non si inverta la marcia, che ci si chiuda nell’egoismo nazionale e addirittura in piccoli territori. è normale che la crisi metta paura e quando ti entra in casa si allentano i vincoli di solidarietà. Tutti pensano di potercela fare da soli. È profondamente sbagliato pensare che l’Europa sia un ingombro. Certo, c’è molto da fare. Innanzitutto occorre, come sostiene Mario Monti, ‘recuperare il consenso per l’Europa’. è sintomatico che oggi siano proprio i paesi fondatori dell’Unione quelli che si mostrano euroscettici mentre i paesi entrati da poco dimostrino più ottimismo e più europeismo. I paesi arrivati da poco si rendono conto dell’opportunità che offre l’Europa. E non è un caso che altri otto paesi abbiano presentato domanda di adesione”.
Quale allora la via di uscita? “Occorre scommettere sul futuro”, dice Sassoli. “Le politiche di tagli decise dai governi servono solo a tamponare la crisi. Contemporaneamente al risanamento dei bilanci occorre puntare sulla crescita. Altrimenti, esaurito l’effetto tagli, cosa resterà sul campo? Se non si investe in campi strategici fra un anno il governo continuerà a tagliare. Con la conseguenza di un impoverimento generale del Paese. Va bene difendere la sicurezza dell’euro e i bilanci, ma occorre anche tutelare e prevedere la crescita del paese.
Le politiche di bilancio non hanno mai fatto crescere i paesi. Guardiamo cosa sta accadendo negli Stati uniti. Obama, durante la crisi più dura, scommette su sanità pubblica, economia verde e infrastrutture. è l’assicurazione sulla vita del suo paese. Se noi, ad esempio, non porteremo almeno al 3 per cento del Pil gli investimenti nella ricerca che futuro garantiremo ai nostri giovani, come gli consentiremo di scommettere sulla loro vita e sul futuro del nostro Paese? In fondo un paese è come una famiglia: quando c’è la crisi si stringe la cinghia e si cerca di mettere qualche soldo da parte e magari consentire ai figli d’estate di andare a studiare l’inglese. Perché? Perché tutti capiscono che è un investimento sulla loro vita, che parlare bene l’inglese significa stare dentro i processi e non essere esclusi”.
L’Europa invecchia, fra pochi decenni un terzo della nostra popolazione dovrà essere aiutata a vivere.
David Sassoli risponde così: “Sì, fra vent’anni un terzo della popolazione europea avrà più di 65 anni. Si pone allora il problema di come fare per vivere chi non lavora. Occorre ripensare molte politiche: per i giovani, la famiglia, il lavoro, l’immigrazione. Dove quest’ultima non va pensata solo in termini di solidarietà. L’immigrazione è una grande questione economica. Nel 2050 la popolazione dell’UE sarà il 7% di quella mondiale e un terzo sarà sopra i 65 anni. Il rapporto con l’Africa per noi è strategico. Loro hanno bisogno di noi e noi di loro. C’è un destino comune fra l’Europa e l’Africa”.
L’Italia in Europa. Come siamo considerati?
“L’Italia ha bisogno di un governo che scommetta sull’Europa. Per la destra europea il governo Berlusconi è un governo populista e questo ci penalizza”.
E i parlamentari italiani del Pd come si comportano?
“ Poche settimane fa sono stati resi noti di dati sulle presenze e noi siamo oltre il 90 per cento di presenza. C’è grande responsabilità e i nostri deputati hanno ruoli e dossier molto importanti. C’è un grande silenzio sul nostro lavoro, i riflettori sono spesso spenti ma noi andiamo avanti. Anche i mezzi di comunicazione dovrebbe scommettere di più sull’Europa, invece anche loro…”

 

David Sassoli

Nato a Firenze, il 30 maggio 1956, è stato vice direttore del TG1 dal 2006 al 2009.
Ha iniziato la sua carriera giornalistica collaborando con piccoli giornali ed agenzie di stampa, per poi passare nelle redazioni dei grandi giornali e della Tv.
Suo padre era amico di Giorgio La Pira e lui la passione politica ha iniziato a praticarla da ragazzo. Prima nel Movimento giovanile della DC, poi a piazza del Gesù ai tempi di De Mita.
è parlamentare europeo.

 

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