Pubblicato su politicadomani Num 103/104 - Giugno/Luglio 2010

Le “ribelli” della civiltà romana guardano a Minosse
Profumo di donna nella Villa dei Misteri a Pompei
Gli affreschi della villa aprono ipotesi sui comportamenti privati delle donne nella civiltà romana, le quali, insofferenti dello stato di subalternità all’uomo proprio dell’epoca, sembrano ispirarsi alla civiltà minoica di Creta dove il potere era in gran parte coniugato al femminile

di Fabio Patacca

In certe regioni, soprattutto nell’Egeo orientale la civiltà aveva raggiunto dei livelli straordinari espandendosi sino alle spiagge della Sicilia. Le rovine del palazzo di Minosse a Cnosso “Creta” offrono una splendida testimonianza di quell’epoca, permettendoci di conoscere, sia pure solo in parte, l’eleganza e il benessere raggiunto dai minoici. Cnosso, situata all’estremità orientale della grande via meridionale che attraversava l’isola, riceveva e distribuiva le mercanzie provenienti dall’Oriente. Come altri palazzi, anche quello monumentale di Cnosso costituiva il centro politico, religioso ed economico dei minoici, ma assumeva anche un forte carattere sacro. Gli affreschi rinvenuti durante gli scavi archeologici mostrano senza alcun dubbio il forte potere che le dee esercitavano sulla civiltà minoica. Tuttavia, ciò che sorprende è l’importante ruolo che la donna ricopriva all’interno della società.
Sir Arthur Evans, quando iniziò gli scavi sull'isola all'inizio del novecento, capì subito che i cretesi adoravano una divinità femminile. Così, nel grande palazzo di Cnosso, è una donna - la Dea, una sua grande sacerdotessa, o forse, come ritiene la Hawkes, la regina di Creta - che sta al centro, mentre due processioni di uomini si avvicinano per renderle omaggio. E dappertutto si trovano figure femminili, molte delle quali con le braccia alzate in un gesto di benedizione, alcune con serpenti e asce doppie, simboli della Dea.
Dunque, a Creta, sembra regni uno spirito di armonia tra uomini e donne le quali partecipano alla pari alla vita sociale. Cosa che traspare nella tradizione artistica cretese, nella sua bellezza, che è espressione nelle scene e nello stile di una società che si appaga nel godimento della vita e nel rapporto con la natura. A Creta, dunque, regna la pace e il ruolo centrale e sorprendente svolto dalle donne nella società cretese è garante e aggiunge valore alla scelta della concordia e del ben vivere.
Il potere, dunque, implicava soprattutto una responsabilità materna e non l’imposizione della ubbidienza, ottenuta mediante la forza o con la minaccia di essa, a una élite a dominio maschile, come è invece nella tradizione della gran parte delle altre civiltà.
A Roma, infatti, la società era rigidamente strutturata e soltanto l'uomo godeva dei diritti politici. La donna ne era del tutto esclusa. Anche per esercitare i diritti civili come “sposarsi o erigere un testamento” aveva bisogno del consenso di un tutor, il padre, il marito o il parente maschio più prossimo. La condizione della donna romana, dunque, era completamente opposta a quella delle donne minoiche: non partecipavano alla vita pubblica e quindi erano escluse dal diritto di voto. Il ruolo della donna era chiaro: sostenere il marito e la famiglia: Roma aveva bisogno di soldati, la donna era l’unica a poter soddisfare tale necessità.
A Pompei, però, ed esattamente alla Villa dei Misteri, si è ritrovato qualcosa di molto diverso da quanto conosciamo sulla tradizione della civiltà romana.
L’antica Pompei si trova alle falde del Vesuvio. Plinio il giovane definì la baia di Napoli la più bella terra del mondo. Nel 79 la terribile eruzione del Vesuvio seppellì Pompei ed altre località vicine, cogliendo di sorpresa gli abitanti che ignoravano l’esistenza accanto a loro di un vulcano Per loro, infatti, il Vesuvio era soltanto un verdeggiante monte. Gli scavi archeologici a Pompei iniziarono sotto il regno di Carlo III di Borbone e tutt’ora continuano riportando alla luce tutto ciò che il vulcano seppellì più di duemila anni fa.
La villa dei Misteri è forse l’edificio più noto dell’antica città. È chiamata così a causa di una serie di dipinti ritrovati in una delle sue stanze. Una scoperta che, come vedremo, sarà oggetto di molte ipotesi e di molte discussioni tra gli studiosi. Lo scavo iniziò nel 1910 e fu subito scoperto un primo impianto forse risalente al II secolo avanti Cristo, e i successivi ampliamenti della villa. Ai lati dell’ingresso si possono notare diverse attrezzature: il forno, la cucina e la dispensa dei vini. In asse con il peristilio e l’atrio maggiore si estendono le stanze signorili, con portici di disimpegno e vista sul mare. Ma ciò che colpisce, anche se le ipotesi che andremo a riferire non trovano tutti gli studiosi concordi, sono alcuni dipinti che si riferiscono a vari momenti di un rito che non ha però riscontri con documenti sicuri. L’affresco sembrerebbe riferirsi all’iniziazione di una giovane sposa, e tuttavia nelle varie scene si trovano figure umane alternate con figure divine. Chi era la proprietaria della villa? Forse una sacerdotessa? Quale rito misterioso rappresentano i dipinti? C’è in queste immagini un legame con la volontà della donna di avere un ruolo attivo nella società romana?
Analizzando l’affresco, ovvero partendo dalla parete nord, si nota un fanciullo sotto la guida di una matrona e un’altra donna poco distante che sembrerebbe ascoltare il suo discorso, il rito sembra svolgersi in un contesto in cui viene offerto un sacrificio alla presenza di un gruppo pastorale, mentre un Sileno, figura della mitologia greca, suona la lira.
La parete in fondo è dominata da Dioniso ed Arianna, divinità greche spesso associate alla donna, con ai lati Sileni e Satiri, che sono figure greche associate alla fertilità e alla forza vitale della natura, intenti ad un rito di iniziazione con la giovane donna che scopre il simbolo della fecondità ed una figura alata in atto di percuotere una donna col flagellum. L’altro affresco raffigura, invece, una donna flagellata che cerca rifugio nel grembo di una sua compagna tra la danza di una donna “baccante”. Il ciclo di affreschi si conclude con la figura della giovane donna al termine del rito, seduta e nobilmente vestita, iniziata e sposa del Dio.
È possibile che i dipinti possano rappresentare l'iniziazione delle spose ai Misteri Dionisiaci? Ossia a quei riti stranieri la cui diffusione Roma tentò inutilmente di limitare col famoso Senatus consultum de Bacchanalibus nel 186 a.C.? E perché il Senato romano era così preoccupato di questi riti, giudicandoli contrari alla morale pubblica e atti addirittura a favorire complotti politici, per cui gli adepti furono ricercati e perseguiti come pericolosi nemici della sicurezza dello Stato?
Vi è, dunque, a Pompei, negli affreschi della Villa dei Misteri, probabilmente la prova che la donna aspirava ad assumere un ruolo all’interno della società romana. Il Senato ostacolò duramente questi riti forse perché eseguiti da sole donne. E neppure è da escludere che questo atteggiamento fosse stato dettato da principi morali riguardanti il sesso cosa, questa che ci dà della figura della donna romana in privato una immagine ben diversa da quella che conosciamo, che ci ha trasmesso la tradizione e che oggi diamo troppo facilmente per scontato.

 

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