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Pubblicato su politicadomani Num 103/104 - Giugno/Luglio 2010
Questo articolo non ha una firma. È preso da internet. Si può star certi, però, che dietro lo scritto si cela una firma autorevole.
C’è infatti, con sede a Milano, un sito internet ( www.allarmemilano-speranzamilano.it) fortemente voluto da un gruppo di persone, esperti e professionisti di prim’ordine, che hanno deciso di non firmare gli articoli perché ciascuno di essi è espressione del sentire comune del gruppo di redazione che ha fondato il sito (e che rimane aperto). Queste persone hanno della informazione un’opinione alta. Libertà, innanzitutto, e capacità di leggere dentro gli eventi. Quindi, il desiderio/dovere sociale di comunicare analisi, convinzioni e posizioni; per coprire, almeno in parte, l’assenza di un vero dibattito sulla grande stampa, a cui fa da spalla il buio assoluto di informazione e cultura sulla tv.
In controtendenza, politicadomani, che è diffuso in omaggio a migliaia di copie, sta sfidando il dilagare del nonsense proprio dei giornali “usa e getta”, strumenti anch’essi, con la tv, di quella strategia dell’imbarbarimento della capacità di pensare della gran massa degli italiani, che è necessaria per nutrire le radici di un modello di stato autoritario di nuovissima concezione. Questo mensile ha bisogno di contributi “eccellenti”: idee e riflessioni da far circolare in mezzo alla gente in una sorta di “controcultura” o “controinformazione”.
Internet, la grande finestra aperta sul mondo, ha dimostrato di essere veicolo efficace di diffusione di idee e di generazione di consenso (la lezione di Obama). Ma internet è anche strumento difficile da valutare: chi non sa navigare o non è preparato vi trova tutto e il contrario di tutto. La selezione e la scelta sono processi complessi figli di una cultura matura che, a tutt’oggi, solo i mezzi tradizionali hanno la forza di dare: la scuola, la tv e i giornali.
Ripensare la riforma degli enti locali
Un editoriale da Milano firmato www.allarmemilano-speranzamilano.it
Dicono le cronache che Letizia Moratti si è presentata in Consiglio comunale sei volte nel 2008 e quattro nel 2009: un record. Perché scandalizzarsi? Cosa avrebbe dovuto muoverla a frequentare l’aula? Sensibilità politica e rispetto di Milano, vien da dire. Ma se uno certe virtù civiche non le mette di suo, è difficile pensare di poterlo costringere. Infatti la norma non obbliga il sindaco a presentarsi spesso in assemblea e a dar conto di tutto quanto fa. Dopo quasi vent’anni la legge sui poteri locali e sull’elezione diretta dei sindaci mostra gravi guasti.
Fu la risposta politica a Tangentopoli. Allora, 1993, il Governo presieduto da Giuliano Amato e il Parlamento guidato da Spadolini, Senato, e da Napolitano, Camera, (capo dello Stato, Scalfaro) pensarono di recuperare credibilità nei confronti del Paese, riavvicinare i cittadini alla cosa pubblica, introdurre criteri di trasparenza e speditezza istituzionale con quella riforma. Le migliori intenzioni, invece, han mortificato la democrazia. Si disse a quei tempi che bisognava porre un freno alla degenerazione dei partiti, rei di occupare poltrone, determinare la vita degli Enti locali e, con l’inefficienza, creare le condizioni per la corruzione. Oggi non esistono più i vecchi partiti. Padroni del sistema democratico sono segreterie e comitati elettorali. In prossimità del voto questi “inventano” un sindaco, al quale sanno di conferire poteri enormi. Risorse economiche cospicue sostengono campagne che assicurano il successo.
Formalmente il copione di una democrazia basata sul voto popolare è rispettato. In realtà chi vince risponde agli interessi che si sono coalizzati per garantire l’esito. Al “popolo sovrano” viene offerto un rendiconto di tipo “mediatico”, filtrato dagli uffici stampa. Il Consiglio comunale, di fatto, sta al gioco: contando poco o nulla, nell’insufficienza dei poteri l’opposizione trova alibi alla pochezza della propria proposta politica. A Milano tanti candidati sindaci del centrosinistra, sconfitti, se ne sono andati subito invece di rimanere tra i banchi del Consiglio a combattere la battaglia per la quale erano stati eletti.
L’assemblea serve di più alle forze di governo, che la usano in funzione di cassa di risonanza delle contestazioni interne. Per il resto sindaco e giunta assomigliano a un consiglio d’amministrazione che fa e disfa e che tratta eletti ed elettori come piccoli azionisti; in buona sostanza soggetti importuni.
Milano non ha eco in Consiglio comunale. La ricerca del nuovo non abita il Palazzo, il quale non nasconde un certo fastidio verso le tante energie intellettuali e umane, le competenze che la città esprime, i bisogni reali delle famiglie, di chi lavora, di chi cerca casa. In quella che dovrebbe essere la casa comune non si ascolta la città che cambia, non si tengono i grandi dibattiti sul futuro dell’abitare, sull’ambiente, sul tipo di sviluppo, sui bambini e sui giovani, sui servizi alle persone, sulla cultura. Si gestisce. Ma, anche qui, un dato: nei primi tre anni della giunta Moratti le delibere del Consiglio son state la metà dell’identico periodo del predecessore, Albertini.
Tanto deficit di rappresentanza immiserisce la democrazia. La riforma dei poteri locali va ripensata con urgenza. Il paradosso è che mentre ci si bea di federalismo, la politica è più centralista che mai. Al confronto quelli della vecchia partitocrazia erano dilettanti. Se poi, come si ventila, le innovazioni sono la riduzione del numero dei consiglieri comunali e il taglio agli emolumenti, è proprio giunto il momento di un sussulto etico-civile: rimboccarsi le maniche e impegnarsi per riportare politica e cultura istituzionale nel Paese. Sapendo che autonomie ed Enti locali sono il fulcro.
quars Si chiama QUARS, Qualità dello Sviluppo Regionale, il nuovo indice di sviluppo regionale del progetto di ricerca degli indicatori da utilizzare per indirizzare e monitorare le politiche regionali e nazionali, in tema di ambiente, redistribuzione del reddito e povertà e istruzione.
L’ISTAT assegna alla Lombardia un PIL medio pro capite di 33.400 euro, inferiore solo a quello della Valle D’Aosta. Seguendo invece gli indicatori del QUARS, la Lombardia si classifica all’8° posto, dietro il Trentino Alto-Adige, l’Emilia Romagna, la Valle D’Aosta, il Friuli, la Toscana, le Marche, il Piemonte. Non vince la città infinita ma si affermano i modelli alpino-dolomitici e le municipalità del Centro-Nord. In altri termini: la questione non è solo lo sviluppo, ma anche il prezzo pagato allo sviluppo in termini di ambiente e di società civile.
Nell’indice QUARS appaiono sette variabili aggiuntive al calcolo del reddito, tra cui le emissioni di CO2, la densità della popolazione, la raccolta differenziata, la mobilità sostenibile.
Le regioni del Sud si trovano in una situazione più drammatica di quella descritta nel PIL. In Campania, per esempio, il PIL pro capite è circa la metà di quello lombardo: questo colloca la regione al 20° posto, l’ultimo. La lettura è confermata dal Quars-index: la regione è ultima negli indicatori ambientali, ed è nelle posizioni di coda per disuguaglianze e povertà, diritti e cittadinanza, salute, cultura e partecipazione civile.
Da "Rapporto sui diritti globali 2010", Ediesse, 2010
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