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Dall’allarme alla speranza Che cosa vogliamo essere?
di Marco Vitale Come sai a Milano abbiamo lanciato un giornale on line la cui testata esprime il suo programma: Allarme Milano, Speranza Milano (www.allarmemilano-speranzamilano.it). Le derive «La prima deriva è credere nel Paese che non c’è» «Esiste una pericolosa tendenza di una parte importante dell’opinione pubblica e in particolare dei giovani che identifica il proprio futuro nell’immagine fornita dai media televisivi che propongono modelli, stili di vita e di lavoro basati sull’economia catodica o di carta, viste come scorciatoie comode per raggiungere notorietà e benessere. Non a caso a un sondaggio fra le giovanissime, la maggioranza delle ragazze ha risposto che la sua massima aspirazione era fare la velina o tutto al più la giornalista televisiva. «La seconda deriva è quella di immaginare un Paese che ruota intorno al commercio interno, fatto di supermarket, outlet, hard discount, call center, ed una miriade di negozi e negozietti, pub e pizzerie» Tutto ciò «significherebbe che l’Italia da paese produttore e trasformatore diventerebbe solo un grande mercato di consumo da sfruttare. Come è avvenuto negli ultimi venti anni nel Mezzogiorno. Non a caso gli investimenti esteri in Italia escono dal manifatturiero e si concentrano soprattutto nell’area commerciale interna per lucrare tre volte: sul valore aggiunto delle esportazioni nel nostro Paese, sui profitti della distribuzione e sull’incremento dei valori immobiliari». «Però alla lunga, senza adeguati contrappesi produttivi, è come pestare l’acqua in un mortaio. Si rischia di avere un Pil drogato che, raggiunto un certo livello, non cresce più perché il Paese non produce sufficiente ricchezza sostanziale aggiuntiva: si scambia la ricchezza prodotta o importata in un circuito chiuso dove il valore aggiunto andrebbe a impinguare le tasche degli altri, cioè di chi vende automobili, telefoni, prodotti alimentari, tessili e casalinghi. Sarebbe insomma una partita di giro. Per crescere non possiamo solo produrre per i nostri consumi o importare prodotti altrui, dobbiamo anche esportare. O si produce di più o si consuma di meno, meglio entrambi i comportamenti!» «La terza deriva è credere di poter essere forti e conservare benessere e welfare restando (nota: o meglio, regredendo) un paese di artigiani, di piccole imprese di dipendenti pubblici» Per mantenere e rafforzare il nostro posto e il nostro benessere in un’economia di giganti, sembra impossibile pensare che sia possibile, all’infinito, basarsi su questo modello. Le nostre imprese medie devono crescere; la nostra ricerca scientifica e tecnica deve crescere; i nostri artigiani (competenza preziosa) si devono aggregare in forme funzionali che rispettino la individualità, ma affrontino, in modo collettivo, tante funzioni, i nostri dipendenti pubblici devono, nel loro insieme, diminuire ed essere meglio collocati dove più elevati sono i bisogni reali e porsi, con orgoglio anche personale, l’obiettivo di diventare utili e produttivi.
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Num 105 Luglio 2010 | politicadomani.it
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