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Pubblicato su Politica Domani Num 11 - Febbraio 2002 Da eden ad inferno
ARGENTINA
Evoluzione di una crisi Giorgio Innocenti
Anni venti del secolo scorso: l'Argentina
si trova tra i cinque paesi più ricchi del mondo. Oggi, duemila
due: il paese è sull'orlo del baratro. Com'è stato possibile
un simile rovesciamento?
Leggendo la storia argentina come una parte
di quella mondiale, ci si rende conto che l'interconnessione tra economie
e società di paesi fra loro distanti non è un fenomeno
tanto recente.La seconda metà dell'ottocento
fu un periodo di grande prosperità per l'Europa: larga richiesta
di materie prime. Nel paese sud americano la classe dirigente, che aveva
assunto il potere al termine di lunghe guerre civili, seppe sfruttare
questa necessità. In quegli anni nacque la moderna Argentina:
occupati nuovi territori, creata un'eccezionale rete ferroviaria e telegrafica
e un moderno sistema di porti. Agricoltura ed allevamento erano all'avanguardia:
carne, lana e cereali argentini erano prodotti a costi da tre a cinque
volte inferiori a quelli europei. I guadagni erano reinvestiti in infrastrutture.
In quarant'anni circa tre milioni d'europei migrarono nel paese. Nel
1912 si ebbero le prime elezioni democratiche. Vittoria dei radicali.
Accesso alla terra per i mezzadri i quali costituirono il sistema cooperativo.
Nascita delle prime organizzazioni sindacali.
Il primo conflitto mondiale sconvolse l'Europa.
Per il nuovo mondo rappresentò invece un'opportunità di
sviluppo. L'Argentina si trovò così negli anni venti a
poter vantare un tenore di vita medio paragonabile a quello degli USA.
Nel dopoguerra però l'Europa cominciò ad adottare politiche
protezionistiche: il modello agroesportatore argentino entrò in crisi. Poi la grande crisi del ventinove: per l'Argentina fu il collasso.
In questa situazione i militari ebbero facile gioco nel deporre il presidente
Yrigoyen e nell'istaurare una dittatura. In questo periodo l'Argentina
orienta la propria economia verso l'industria ed il mercato interno.
Nel 1946 Perón fu eletto presidente.
Pur mantenendo l'impostazione nazionalistico-autoritaria ed industrialista
del precedente regime, Peron investì nello stato sociale, con
riguardo alle aspirazioni democratiche delle masse e alla dottrina sociale
della Chiesa cattolica. Grazie alla ricchezza accumulata in tempo di
guerra l'economia resse per un decennio. La situazione era destinata
a deteriorarsi nuovamente. Con gli accordi di Bretton Woods si era delineato
un mercato mondiale in cui ogni paese aveva un suo ruolo. L'Argentina,
con un'agricoltura troppo a lungo trascurata, un'industria non competitiva
ed un mercato interno ridotto, non riuscì a ritagliarsi il suo.
Negli anni cinquanta l'inflazione travolse il paese. Il PIL pro capite,
che nel secondo dopoguerra era il terzo al mondo, nel giro di vent'anni
precipitò al quarantesimo posto. Nuovamente salirono al potere
i militari. Il secondo governo peronista ('73-'76) registrò un
fallimento totale, sia economico che sociale.
Il periodo che va dal colpo di stato militare del '76 al 1983 è
stato il più nero che l'Argentina abbia conosciuto. Sequestri,
torture, omicidi, spesso ancora oggi impuniti. La "Jiunta Militar"
tentò la strada liberista. Furono smantellati industria sussidiata
e lo Stato sociale, potenziata l'agricoltura. L'inflazione fu contenuta,
il debito interno ed estero crebbero a dismisura (erano gli anni della
"politica del denaro facile" da parte dei banchieri internazionali).
La guerra delle Falklands segnò la fine del regime. Il governo
di Alfonsín segnò una rinascita sul versante sociale e
delle libertà politiche, ma non seppe arginare la crisi economica.Nell'ottantanove
i peronisti portarono al governo Menem. Questi, col ministro Cavallo,
attuò una politica iperliberistica (in linea con gli aggiustamenti
strutturali predicati dal FMI). Centinaia d'imprese pubbliche passarono
in mani private a prezzi stracciati. Lo stato sociale fu smantellato.
Le pensioni tagliate. Il sistema sanitario drasticamente ridimensionato.
I finanziamenti alla scuola e alla ricerca sparirono dal bilancio. L'iperinflazione
fu frenata: con prezzi di livello europeo e salari sudamericani. Nel
'91 il cambio fisso Peso-Dollaro fu presentato come un toccasana. Il
riferimento economico fu spostato dall'Europa al Nord-America ed ai
paesi del Mercosur. Nelle grandi e medie città i servizi occuparono
il posto dell'industria. Questi interventi divaricarono enormemente
la forbice tra ricchi e poveri, ma riuscirono a far affluire capitali
esteri e limitarono il deficit statale. Per un decennio questa politica
ha retto. La cura di Cavallo si è rivelata poi un palliativo:
l'Argentina non è riuscita a ritagliarsi nel mercato globale
un ruolo adeguato alle sue esigenze. Il cambio fisso ha fortemente penalizzato
le esportazioni. Ciò che è accaduto dopo è cronaca.
 
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