Pubblicato su Politica Domani Num 11 - Febbraio 2002

Caso Ruggiero
IL PRESIDENTE SCENDE IN CAMPO
Come cambia il ruolo dell'Italia

Raffaello A. Doro

La vasta eco di polemiche suscitata dalle dimissioni del ministro degli esteri Renato Ruggiero il 5 gennaio, rischia di aprire scenari inaspettati sul ruolo dell'Italia in seno all'UE. L'ex ministro aveva lanciato l'accusa di euroscetticismo nei confronti del Governo puntando il dito in particolare contro Bossi ("…finché vi sarà lui, che farà dell'Europa, dopo il federalismo, la propria arma di ricatto politico, l'Italia di passi avanti ne farà pochi") e il Presidente del Consiglio("…molti esponenti del Governo, a cominciare dal Premier, a questa Europa non credono, la mal sopportano, la accolgono con sfiducia e noia"), rilevando inoltre come nella maggioranza vi fosse una situazione di grave incertezza. Berlusconi ha comunque tenuto a rassicurare tutti annunciando di voler assumere l'interim degli Esteri "finché sarà necessario" (cioè non si sa bene quando). Il premier ha dichiarato di voler rinnovare profondamente anche questo dicastero nel senso di convertire la diplomazia "nella direzione della promozione degli imprenditori, delle imprese, dei prodotti italiani nei vari mercati dei singoli paesi". Alle reazioni, di perplessità o, quantomeno, di sorpresa degli altri paesi membri, hanno fatto seguito le parole di preoccupazione del Presidente della Commissione europea Romano Prodi che in una conferenza stampa ha messo in guardia dal pericolo che l'Italia venga a trovarsi fuori dall'Europa. Analoghe preoccupazioni sono state espresse dal Presidente della Convenzione per l'Europa, Valery Giscard d'Estaing, il quale ha dichiarato che senza il successo dell'UE non esiste alcun futuro per nessun paese europeo. Il Presidente Berlusconi ha chiarito, durante il dibattito sull'Europa alla Camera, che la fede europeista del Governo è "di stampo degasperiano" ed ha rivendicato per l'Italia un ruolo di primo piano in Europa, ammonendo che "nessuno può pensare di metterci sotto tutela o peggio di considerarci o trattarci come soggetti a sovranità limitata".
In un momento tanto delicato per l'UE, quando, raggiunta l'unità monetaria, si comincia a pensare alle regole su cui fondare la Carta Costituzionale Europea e, quindi, a porre le basi per l'unione politica, forse sarebbe meglio non spingere l'acceleratore della sovranità nazionale; certamente poi sarebbe auspicabile una maggiore coesione, non solo fra gli esponenti delle varie anime della maggioranza, ma anche fra Governo e opposizioni; una posizione difficile ma indispensabile da raggiungere in politica estera. Le profonde contraddizioni che caratterizzano, agli occhi di mezzo mondo, le posizioni dei nostri uomini di Governo in tema di Unione Europea e le prese di posizione intransigenti e difensive assunte dai nostri rappresentanti su temi di interesse comune per gli stati membri dell'Europa (quali, ad esempio, i reati per i quali è previsto il mandato di cattura europeo) rischiano di sollevare l'impressione che si vogliano difendere interessi limitati, di pochi, se non di pochissimi, a scapito degli interessi generali dell'Unione. Qualora un'impressione di questo genere si traducesse in convinzione internazionale il nostro paese scivolerebbe in una posizione subordinata rispetto ai partner europei e, poiché il processo di integrazione europea andrebbe comunque avanti, la nostra posizione in Europa sarebbe gravemente se non irreparabilmente compromessa, con tutti i rischi che questo comporterebbe.

 

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Num 11 Febbraio 2002 | politicadomani.it