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Pubblicato su Politica Domani Num 12 - Marzo 2002 LA POVERTÀ È DONNA? Risponde Catherine
Bertini, direttore esecutivo del Programma alimentare mondiale
(Pam) dell'ONU e membro del comitato di alte personalità sullo
sviluppo dell'Africa La povertà e la fame colpiscono
in particolar modo le donne. Soprattutto in Africa, in Asia e in Sudamerica
si ripete un tragico paradosso: sono le donne che coltivano e procurano
la maggior parte del cibo necessario alla sopravvivenza della famiglia,
ma sono anche le più malnutrite e le peggio assistite dal punto
di vista sanitario.
La denuncia è contenuta nel rapporto Nutrire il mondo, pubblicato
dalla FAO per il vertice di Roma dello scorso novembre. "Le
donne - è scritto - coltivano la maggior parte del cibo. Nell'Africa
subsahariana e nelle Antille, per esempio, producono dal 60 all'80 per
cento dei prodotti alimentari di base, e in Asia svolgono oltre la metà
del lavoro nelle piantagioni di riso". Non solo. Se guadagnano,
le donne consacrano una parte maggiore del loro reddito, rispetto agli
uomini, all'acquisto di cibo per la famiglia. Ma, nonostante questo,
"gli uomini, in moltissimi paesi in via di sviluppo, tagliano completamente
fuori le loro compagne dalle decisioni". Le guerre, poi,
e le migrazioni "contribuiscono alla femminilizzazione
della povertà".
Malgrado il loro contributo essenziale alla sicurezza alimentare, alle
donne è molto spesso negata la proprietà della terra,
l'accesso all'educazione, al credito e alla formazione. Nei paesi in
via di sviluppo solo il 58 per cento delle donne sa leggere e scrivere
(in quelli meno sviluppati solo il 34 per cento) contro il 79 per cento
degli uomini. Al vertice della Banca Mondiale si è sottolineato,
però, che gli investimenti nell'educazione femminile sono quelli
che hanno il più alto rendimento. La scolarizzazione accresce
la produttività e contribuisce alla diminuzione della mortalità infantile.
[Da un'intervista di Claudio Zerbetto]
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