|
Pubblicato su Politica Domani Num 14 - Maggio 2002
Islam ed Cristianesimo
Gesù nella tradizione islamica
Una nuova religione o un'eresia cristiana? Alberto Foresi La figura di Gesù, che con
la sua vita, il suo insegnamento e la tradizione da essi scaturita ha
segnato in modo indelebile la civiltà occidentale, costituisce
un punto di contatto con l'Islam, l'ultima religione monoteista, sorta
nella penisola arabica nel VII secolo e rapidamente diffusasi verso
il mondo mediterraneo, l'Europa e la nostra stessa nazione. Gesù,
proclamatosi e riconosciuto dai suoi fedeli quale figlio di Dio e Dio
egli stesso, è infatti presente anche nella religione islamica,
sia pur con fondamentali differenze nel modo di intendere la sua persona
e la sua dottrina, ed è forse stata questa presenza a impedire,
in età medievale, una realistica valutazione dell'Islam da parte
cristiana e ad indurre a considerare tale fenomeno non una nuova religione
bensì un'eresia cristiana.
Sebbene l'Islam riconosca in Cristo una natura esclusivamente umana,
negando così la consustanzialità con Dio Padre, la sua
figura presenta comunque delle particolarità.Egli nasce da Maria ma non da padre
umano: la fecondazione di Maria avviene in modo miracoloso ed è
l'arcangelo Gabriele, colui che rivelerà anche il Corano a Maometto,
ad annunziarle, nonostante la sua verginità, la prossima nascita
di Gesù (Corano, XIX, 16-22). Gesù stesso, subito dopo
il parto miracoloso, rivela subito agli uomini di essere un profeta
inviato da Dio (Corano, XIX, 30-32). Taumaturgo, riformatore e profeta,
nel solco della tradizione biblica, è detto anche in altri passi
coranici allorché si narrano le miracolose guarigioni di un cieco
e di un lebbroso, la capacità di resuscitare i morti (Corano,
III, 49-50) e si annunzia la prossima venuta dello stesso Maometto (Corano,
LXI, 6).
Anche la morte di Gesù è presente nel Corano, sebbene
con profonde discordanze dalla tradizione evangelica: Gesù viene
condannato ingiustamente a morte da coloro che hanno violato il patto
con Dio e rinnegato i suoi Segni, ma Egli non muore in croce, dove muore
un sosia - "qualcuno fu reso ai loro occhi simile a Lui" (Corano,
IV, 157) - e fu invece innalzato da Dio a sé e, contemporaneamente,
quale punizione dell'empietà compiuta, vennero proibite ai Giudei
"cose buone che prima erano loro lecite" (Corano, IV, 160).
La morte di Cristo ritorna anche in alcune sue biografie scritte in
ambiente islamico, in particolare nella Vita di Gesù di Tha'labi
(m. 1035), ove vengono riprese le principali tematiche già espresse
nel Corano, arricchite da nuovi aspetti prodigiosi e fantastici. Cristo
non muore crocefisso ma, al suo posto, come nel Corano, muore un sosia.
Tuttavia, in questa biografia, le circostanze della crocifissione e
della sostituzione con un sosia si complicano. Gesù viene una
prima volta condannato da un gruppo di ebrei che, accusandolo di essere
un mago figlio di un mago e di una prostituta, si scagliano contro di
lui per ucciderlo. Dio, invocato da Gesù, mandò in suo
soccorso l'arcangelo Gabriele, e, contemporaneamente, rese un ebreo
d'aspetto simile a Gesù in modo che costui fosse scambiato per
lui e crocifisso al suo posto. Successivamente viene narrata l'ultima
cena, il suo rinnegamento da parte di Pietro e il successivo tradimento
di Giuda. Anche in questo caso, allorché si procedette alla sua
cattura e alla successiva esecuzione, non è Gesù a morire
in croce ma Giuda stesso, reso da Dio simile al Cristo e a lui sostituito.
Dopo la morte di Giuda, Gesù apparve alla madre piangente, comunicandole
di essere vivo e rivelandole la morte del sosia. E un'ulteriore tentativo
di uccisione è sventato sempre mediante la sostituzione di un
nuovo sosia, Giosuè figlio di Pandera. Inoltre, Gesù,
dopo la morte, fu elevato in cielo da Dio per sette giorni e poi rinviato
in terra per riunire gli apostoli e incaricarli di portare il messaggio
di Dio fra le genti. Riportato in cielo, divenne una creatura al contempo
umana ed angelica, terrestre e celeste presso il Trono di Dio. Nella
Vita di Tha'labi vi è anche un cenno all'Impero romano e alla
diffusione al suo interno del Cristianesimo. Si narra infatti che l'imperatore,
avuta notizia dei prodigi compiuti da Cristo, convocò gli apostoli,
rese omaggio alla loro religione ed onorò il sosia morto sulla
croce e la croce medesima, convinto che su di essa avesse realmente
trovato il martirio Cristo. Evento questo che sembra ricordare, in un
contesto cronologicamente confuso, la figura di Costantino e il reperimento
della croce da parte di sua madre Elena. Infine, sembrerebbe proprio
la venerazione di un sosia la causa dell'errore in cui incorsero i Cristiani
e i Romani i quali, dato il periodo in cui scrisse l'autore, sono probabilmente
riconoscibili con i Bizantini - i Romei - e il loro Impero, principale
ostacolo all'espansione dell'Islam in tutto il mondo Mediterraneo e
nel resto d'Europa attraverso la penisola balcanica e l'Italia meridionale,
strenuamente difesi dall'Impero romano d'Oriente.
Bibliografia
essenziale:
Il Corano, ed. a cura di A. Bausani,
Rizzoli, Milano 1988.
Vita di Gesù secondo le tradizioni islamiche,
ed. a cura di R. Tottoli, Sellerio, Palermo 2000.
A. Bausani, L'Islam, Bompiani, Milano
1980. Corano, III, 49-50 "Io (Gesù) vi porto un Segno
del vostro Signore. Ecco che io vi creerò con dell'argilla una
figura d'uccello e poi vi soffierò sopra e diventerà un
uccello vivo col permesso di Dio; e guarirò anche, col permesso
di Dio, il cieco nato e il lebbroso e risusciterò i morti e vi
dirò anche quel che mangiate e quel che conservate nelle vostre
case. In tutto questo vi sarà un Segno per voi, se siete credenti.
E son venuto a confermare quella Torah che fu rivelata prima di me,
per dichiararvi lecite alcune cose che v'erano state proibite, e v'ho
portato un Segno da Dio; pertanto temete Dio e obbeditemi".
| |
|