|
Pubblicato su Politica Domani Num 19 - Novembre 2002 Cinema
Un Pinocchio di nome Benigni
e il finale è a sorpresa Giorgio Razzano È la fiaba più conosciuta
del mondo e lui è l'attore italiano più famoso in Italia
e all'estero, grazie a "La vita è bella". Ed ora Roberto
Benigni è Pinocchio.
Sono mesi che si parla di questo film: la segretezza delle riprese e
l'uscita nelle sale cinematografiche, studiata come un evento internazionale,
hanno creato aspettative come per un capolavoro. Adesso possiamo finalmente
vedere come si è espresso e cosa ha "combinato" il
comico toscano in un ruolo divertente, ma difficile sotto il profilo
comunicativo.
Infatti il vero problema sta proprio nell'adattare il testo (che ha
poco di cinematografico) in sceneggiatura e nel dare significato a certe
scene. Per questo Benigni si è nuovamente fatto aiutare dal suo
amico-sceneggiatore Vincenzo Cerami (autore dello script de "La
vita è bella"). Il risultato è una storia dal tono
allegro e gioioso, ma anche malinconico, con le solite battute "alla
Benigni", nella quale i due amici si sono anche permessi il lusso
di cambiare qua e là il testo di Collodi.
In origine l'idea era stata di Federico
Fellini - così ha raccontato Benigni - che aveva in mente di
realizzarla da tempo. Fellini aveva notato nell'irriverente comico toscano
una sorta di alter ego in carne ed ossa di Pinocchio. Tra i due era
nata così la voglia di mettere in scena il soggetto. La morte
del famoso regista impedì la realizzazione del progetto. Ma oggi
nel vedere le scene di Pinocchio-Benigni non si può fare a meno
di notare l'influenza esercitata dallo scomparso regista emiliano. Benigni,
con certe visioni a metà tra il tragico e il comico, l'illusione
malinconica e la voglia di evadere dalla realtà che sembrano
essere figlie di una certa scuola felliniana, ha voluto rendere omaggio
all'amico scomparso. Nel realizzare "Pinocchio" Benigni fa,
per così dire, il verso al regista e, al tempo stesso, crea un
burattino che si adatta a due realtà, quella degli adolescenti
e, per la prima volta, quella degli adulti. È infatti proprio
grazie alla maturità di quest'ultimi che è possibile apprezzare
maggiormente il film e capire l'amarezza del messaggio di Collodi, molto
di più di un giovane che invece rimane colpito dallo sfarzo e
dai mille colori tipici della fiaba.
Un'opera complessa fatta di tanti
personaggi a cui danno il volto Nicoletta Braschi, moglie di Benigni,
nelle vesti della fata Turchina, Carlo Giuffrè nel ruolo di Geppetto,
Kim Rossi Stuat nel ruolo di Lucignolo, Franco Javarone in quello di
Mangiafuoco, i comici Fichi d'India in quelli del Gatto e la Volpe;
tutti impegnati a dare al proprio personaggio una nota caratteristica,
elemento chiave nello sviluppo del film.
Bellissime e interessanti sono le scenografie e i costumi, degni di
Oscar. Il soggetto di Pinocchio si è sempre prestato alla fantasia
di costumisti e sceneggiatori e Danilo Donati (scomparso purtroppo durante
la lavorazione) ha saputo creare e adattare luoghi e costumi - 1000
paia di scarpe, 4000 metri quadrati di stoffa, 20 abiti per Pinocchio
-, in maniera impeccabile. La sfida di Donati è stata quella
di ricreare l'ambiente, il paese di Geppetto, quello marino e quello,
più difficile, del paese dei Balocchi - fatto di 447 giocattoli
-, che Collodi stesso definì "inesistente". Lo scenografo
(che ha firmato molte opere di Fellini) ha dato una lezione di come
ancora oggi, grazie ad un attento e sapiente lavoro di architettura
e stile, si può contribuire non poco alla riuscita di un film
come questo, che deve essere esportato in tutto il mondo.
Il film è complesso che va visto in tutto il suo insieme. La
critica, dandone un giudizio sommario, lo ha già stroncato. Sarà
ancora l'America, con l'affluenza ai botteghini, a decidere sulla validità
dell'opera di Benigni e ma ancor prima sarà il pubblico italiano
a giudicare questo film e a permettere continuità ai progetti
futuri del comico. Si dovrà aspettare la fine del ciclo di proiezioni
nei circuiti di distribuzione mondiali per decretare il successo di
quest'opera; come, del resto, si deve aspettare la fine del film per
scoprire il finale a sorpresa voluto proprio così da Benigni
& Co.
 
| |
|