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Pubblicato su Politica Domani Num 19 - Novembre 2002 Opera Nazionale della CdR
Testimonianze Dalla "Città dei Ragazzi"
le interviste di Simona Ottavini Risponde Padre Annibale Divizia, Direttore educativo
Carrol-Abbing
era un giovane sacerdote irlandese venuto durante la guerra qui in Italia
alla segreteria di stato e presto divenne il personaggio attraverso
il quale il vaticano cercava di aiutare le vittime dei bombardamenti,
della guerra stessa. Nella sua esperienza di venire incontro a questi
bisogni praticamente vide che erano le vittime più colpite dalla
guerra stessa per cu divenne il "prete degli sciuscià"
vale a dire di quei bambini che non avevano punti di riferimento e con
essi e per essi praticamente escogitò una presenza che fosse
educativa e non semplicemente assistenziale. All'inizio una prima esperienza
educativa fu la costruzione della repubblica dei ragazzi a Civitavecchia
ma presto lasciò quell'istituzione, venne qui a Roma negli anni
'50 fondando la città dei ragazzi qui in via della pisana. L'opera
inizialmente si chiamava opera per il ragazzo di strada proprio per
venire incontro a quei bisogni che la guerra aveva creato. Poi
invece si ideò negli anni 1953 una città dei ragazzi vera
e propria rifacendosi un po' al modello americano della città
dei ragazzi di Padre Flenaghan (?). quali erano le finalità proprie
di questa istituzione? Promuovere e favorire tra i ragazzi mediante
centri di raccolta nei quali si provvede anche alla loro assistenza
all'educazione sociale e professionale, particolarmente per quelli traviati
e vittime della guerra. L'opera si interessa alla creazione di centri
di ricovero, centri di educazione sociale e professionale, nonché
al miglioramento di quelli esistenti a svolgere ogni altra attività
annessa e connessa allo scopo dell'opera. Questa è una parte
dello statuto. Quando questa idea di una città per i ragazzi
prese corpo praticamente lui ebbe questo sogno, il sogno di realizzare
una comunità dove i diritti e i doveri innati e la missione da
Dio affidata ad ogni ragazzo nella società sarebbero stati rispettati,
una fraterna comunità dove giovani resi cinici dalle loro esperienze
negative avrebbero imparato la difficile arte di vivere insieme in libertà,
in mutua tolleranza e in pace, un luogo sereno dove il ragazzo asociale
avrebbe trovato comprensione per le sue difficoltà e incoraggiamento
nello sforzo di elevarsi, un luogo dove il fanciullo amareggiato avrebbe
imparato dalla dedizione degli anziani che nel mondo vi è calore,
bontà, abnegazione, un luogo dove il giovane spronato a sviluppare
le proprie qualità avrebbe potuto progredire giorno per giorno,
un luogo dove lo scopo finale sarebbe stato quello di aiutare ogni fanciullo
a trovare il giusto posto nella società secondo il piano di Dio.
Un sogno meraviglioso, un sogno che in un certo momento diventava anno
dopo anno una realtà viva qui nella città dei ragazzi
perché i tanti ragazzi minori a disagio per motivi di famiglia,
per motivi vari delle contraddizioni della vita trovarono qui nella
città dei ragazzi un ambiente confacente, aperto, ben sistemato,
accogliente, all'interno di una azienda agricola che aveva una sua valenza
anche pedagogica nel senso che la laboriosità dell'azienda agricola
diventasse esempio per i ragazzi che crescevano, un ambiente nel quale
la scuola era parte integrante, ed era anche interna sia per la scuola
media che il triennio dell'istituto professionale. tutto questo incentrato
su un metodo pedagogico che viene chiamato "dell'autogoverno",
cioè un sistema pedagogico che non si limitasse soltanto ad avere
fiducia del ragazzo, chiunque esso sia, ma a farlo diventare protagonista
in tanti aspetti della sua vita. Questo sistema dell'autogoverno tende
sa sviluppare nel minore il senso della responsabilità e della
corresponsabilità, che non è solo, è con gli altri,
lo fa sentire cittadino protagonista e responsabile, per questo i ragazzi
vengono chiamati "cittadini", lo abitua a stabilire giusti
rapporti con gli altri perché deve stare, discutere, parlare,
lo forma al rispetto dei diritti e dei doveri propri di ogni convivenza
civile e democratica, sollecita in lui la crescita del senso morale
e del senso civico, cose importantissime, lo forma ad una pacifica convivenza
in una dimensione interculturale, interrazziale, interreligiosa perché
nella Città dei Ragazzi la presenza è multietnica. Inizialmente
lo era di meno perché erano soprattutto i minori a disagio italiani
che erano presenti qui nella città, ma con il passare del tempo
la presenza di ragazzi minori stranieri è andata sempre più
diventando consistente fino al punto che oggi è di gran lunga
prioritaria. Eccettuate su un numero di una sessantina di ragazzi sono
7 o 8 gli italiani tutti gli altri sono stranieri provenienti da varie
situazioni, quelle che sono più calde se vogliamo nella situazione
politica internazionale: l'Albania in modo particolare, paesi dell'est
europeo, paesi dell'Africa, l'Etiopia, il Marocco, il Pakistan. Sono
varie provenienze che costituisce problema ma nello stesso tempo opportunità
cioè di trovarsi insieme realizzando in qualche modo quella società
verso la quale noi ci avviamo , la società multietnica, multirazziale,
multireligiosa. C'è da sottolineare, per esempio, che questa
opera che è riconosciuta e dallo Strato e dalla Santa Sede, per
cu è anche opera di culto, come presenza di minori sono di gran
lunga più numerosi i non-crisitiani, i musulmani dei cristiani,
fra i cristiani ci sono alcuni cattolici ma ci sono altri che sono di
rito copto oppure sono ortodossi e questo presenta problemi non indifferenti
anche dal punto di vista educativo. Nel passato quando era più
omogenea la provenienza praticamente la grande chiesa qui costruita
è perché si riempiva di tutti questi ragazzi che andavano
alla Messa, c'era tutto un ritmo anche di cerimonie religiosa molto
significativo e Monsignore, che in qualche modo, animava tutta la città,
in quei momenti trovava di fronte a se tutti i ragazzi verso i quali
rivolgere messaggi e diventavano poi messa educativi per l'intera vita
cittadina. Oggi sono un gruppetto di ragazzi che vengono la domenica
a Messa, per i musulmani è stata anche allestita una sala con
tappeti tipo moschea sollecitando l'incontro con Dio, vengono rispettate
tutte le norme proprie della religione musulmana per cui a tavola c'è
il cibo per i musulmani, quando ci sono affettati, carne di maiale che
loro non mangiano, "sono musulmano" significa che prendono
un altro piatto; come pure per il Ramadan, quest'anno erano 12 o 13
ragazzi musulmani che facevano il Ramadan quindi mangiavano la mattina
alle 4 il panino che la sera avevano preso, facevano il digiuno, alle
5 la cucina si apriva e veniva preparato il pasto per loro nel rispetto
di questo.
Le difficoltà ci sono, non dimentichiamoci che specialmente alcuni
gruppi sentono una loro appartenenza quasi da clan e quando il ragazzo
entra in questa prospettiva trova più difficoltà ad interrelarsi
con gli altri. Normalmente c'è una convivenza abbastanza pacifica,
non esistono problemi particolari di rifiuto di un'etnia sull'altra
etnia ma si rispettano vicendevolmente, stanno insieme, vivono lo stesso
ritmo di vita nella giornata. Senz'altro ciascuno poi porta quelle caratteristiche
che sono proprie dell'etnia di appartenenza in senso positivo come a
volte in senso negativo, come è logico che questo avvenga. Uno
dei problemi che può nascere è quando la presenza di una
etnia diventa talmente preponderante da assumere pienamente la gestione
dell'autogoverno, allora si possono creare questi problemi ma adesso
si stanno molto ridimensionando questi fenomeni. Senz'altro è
un campo in cui non si lavorerà mai abbastanza, quello di sapersi
accettare nonostante la diversità, quello di saper collaborare
nonostante le idee diverse, quello di saper convivere pacificamente
è più un iter formativo che un punto di partenza, si pone
più come risultato che come punto di arrivo. In genere non esistono
particolari conflitti, attualmente non li noto.
Allargando un po' il discorso e portandolo fuori
dalla Città dei Ragazzi e spostandolo sulla società odierna
è secondo lei possibile arrivare ad una convivenza?
Io penso che non soltanto sia possibile ma sia ineluttabile, cioè
è la forza della storia che ti si presenta con tutte le sue esigenze.
Possiamo fare tutte le leggi che vogliamo per impedire, per chiudere
ma questo è il cammino della storia. Ora il trovare da una parte
una certa giustezza legislativa credo che sia doveroso, ma nello stesso
tempo una capacità di accoglienza e di apertura mediante la quale
non si creino cittadini di ruolo a e cittadini di ruolo b come spesso
avviene. Allora ecco il problema grave per la città dei ragazzi
in questi ultimi anni in particolare, è stato quello di regolarizzare
quanto più possibile la situazione giuridica di questi ragazzi.
Un compito faticosissimo, un compito non semplice perché non
sempre le pubbliche autorità vedono un po' il problema ma non
vedono il caso singolo. Ora non si può risolvere questi problemi
fissando i massimi sistemi ma sono sempre problemi che coinvolgono la
vita, gli ideali, i sogni di un ragazzo. Allora il compito è
come rispettare questi ideali, questi sogni di questi ragazzi attraverso
un loro inserimento organico e pacifico all'interno di una realtà
come quella della società italiana. Tenendo presente un altro
elemento cioè che questi ragazzi, adesso in genere, la stragrande
maggioranza sono venuti qui con l'idea del lavoro. Mentre prima nella
città dei ragazzi venivano prevalentemente ragazzi italiani erano
dai più piccoli che entravano e rimanevano poi moltissimi per
tutto l'iter fino alla maturità, per cui anche all'autogoverno
si formavano, diventava un loro sistema di vita, un loro modo di estrinsecare
le loro capacità, di affermare se stessi, oggi i ragazzi che
vengono, in genere, nelle stragrande maggioranza, non sono bambini di
5° elementare, 1° media, ma sono ragazzi alcuni venuti clandestini,
la maggioranza forse venuti clandestini, quindi già con l'idea
di inserirsi nel mondo del lavoro per ripagare i debiti che hanno fatto
i loro genitori per farli venire, per impegnarsi nel lavoro qual è
che sia, vengono a trovarsi poi all'interno della città dei ragazzi
ormai quindicenni, sedicenni, diciassettenni che hanno già dietro
una mentalità diversa, una formazione anche scolastica diversa
e vengono qui e l'impegno primo della città dei ragazzi è
quello di inserirli poi nella scuola, si sta cercando adesso in modo
particolare di incrementare l'aspetto formativo al lavoro, ossia alcuni
corsi per carrozzeria, termo-idraulica in modo che non soltanto con
la scuola ma attraverso la scuola e queste attività il ragazzo
diciottenne potesse avere da spendere quelle competenze acquisite in
quel corso e quindi trovare un posto di lavoro e quindi inserirsi poi
in questo mondo del lavoro.
E
questo è difficile perché, a parte il fatto della crisi
del lavoro, trovare un posto di lavoro per tutti, per gli italiani come
per gli stranieri è difficoltoso, ma è difficoltoso anche
perché forse il ragazzo formato qui crede che tutto sia poi semplice
"mi dovete trovare il posto di lavoro" "Magari fosse
possibile" allora ecco certe frustrazioni, certi atteggiamenti
di insoddisfazione "Perché, perché, sono venuto per
lavorare e mi fate fare scuola, faccio scuola, vado a trovare lavoro
e non è semplice trovarlo" questi sono credo gli interrogativi
più seri, più gravi attualmente della città dei
ragazzi, sono problemi molto seri perché c'è l'impegno
di venire incontro a queste loro esigenze ma c'è anche una società
che di queste esigenze non sempre tiene conto. Loro vorrebbero subito
appena entrano il permesso di soggiorno, col permesso di soggiorno avere
il posto di lavoro, un posto di lavoro regolare e non tutti i datori
di lavoro sono disposti a fare questo. Questo un po' è un problema
abbastanza delicato attualmente della città dei ragazzi.
Altri spetti. In questi ultimi anni, dal '98 in particolare, tutte queste
istituzioni che accolgono minori nella legislazione italiana hanno subito
una radicale trasformazione: la città dei ragazzi in qualche
modo non è mai stata un istituto, un orfanotrofio, un collegio
perché la sua struttura stessa è particolare però
non è neanche omogeneo a quelle indicazioni che la legislazione
ultima richiede. Ecco allora la sfida più grande a cui la città
dei ragazzi è chiamata a dare risposta è appunto questa:
come utilizzare, sfruttare, fare vitalizzare questa ricchissima tradizione
pedagogica, questa presenza significativa nei sistemi educativi italiani,
come inserirli all'interno di una realtà diversa così
come i parametri fissati dalle norme legislative ci richiedono e adesso
ci siamo mossi nel senso che si stanno facendo dei lavori di ristrutturazione.
La nuova legga prevede o case famiglia o gruppi appartamento: i gruppi
appartamento che noi stiamo adesso realizzando comporta una unità
autonoma di al massimo 8 ragazzi con i loro educatori, con la loro cucina,
con i loro ambienti, con le camere per studiare, per dormire, per sviluppare
la loro attività. Questo è un po' quello che la legge
ci richiede quindi non tanti ragazzi che nel ristorante stanno insieme,
ci chiede che quegli otto ragazzi hanno la loro cucina, quindi diventano
problemi molto forti però io penso che sia dovere un pochettino
di tutti intervenire per non perdere il patrimonio del passato ma per
rivitalizzarlo inserendolo in contesti nuovi. È una sfida, io
penso che un sfida richieda non poche risorse economiche, di ristrutturazione,
risorse di personale perché anche il rapporto con gli educatori
cambia in qualche modo fisionomia, risorse che la città dei ragazzi
io penso deve essere capace di cacciar fuori. Nella storia del passato,
dal punto di vista economico, la città di ragazzi si è
mantenuta, nel 90% delle cifre di spesa, da offerte americane. Sono
stati benefattori americani mobilitati saggiamente da Mons. Carrol-Abbing
che costituiscono la Boys Town of Italy, un altro ente in america, i
quali attraverso un'attività diversificata, raccolgono somme
consistenti e con quelle è stato costruito un po' tutti gli edifici
della città dei ragazzi. Ora questi aiuti americani continuano,
non dimentichiamoci che questa boys town è stata negli anni '50-'60
dove erano presenti soprattutto molti italo americani che avevano fatto
fortuna in America e in qualche modo si sentivano impegnati a mantenere
ragazzi italiani e hanno generosamente, veramente con una generosità
unica, mantenuto qui. Ora son passati gli anni, l'Italia non è
più l'Italia della ricostruzione del dopo guerra è l'Italia
che si presenta nel g8, nel g7 quindi come una grande potenza per cui
qualcuno dice "Noi dobbiamo mantenere, lo Stato italiano non può
mantenere?" Ci sono questi interrogativi e questi silenzi. Un altro
aspetto, questo conseguente alla nuova legislazione: mentre nel passato
erano 100-120 ragazzi che erano qui presenti in queste strutture perché
i criteri abitativi erano altri, adesso con queste normative a cui dobbiamo
attenerci una sessantina di ragazzi sarà difficile poterne avere
di più anche perché la legge in qualche modo non è
favorevole all'assembramento di tanti ragazzi in uno stesso spazio.
I gruppi appartamento è perché un piccolo gruppo qui,
un altro piccolo gruppo da un'altra parte. Ora io non metto le mani
sul fuoco sulla validità di questi gruppi appartamento perché
i problemi esistono e ne esistono parecchi specialmente quando ad essere
presenti non sono bambini piccoli ma sono ragazzi adolescenti anche
più grandi. Qui la città dei ragazzi può dare una
possibilità ulteriore: quella dello sport, quella della attività,
quella della scuola di computer in diversi livelli, quella dell'officina
meccanica, la ceramica
questi ragazzi non sono lasciati a se stessi,
trovano nella loro giornata una organizzazione che li impegna la mattina
con la scuola, il pomeriggio con un corso, con l'attività sportiva
in particolare, cosa che un gruppo appartamento non offre perché
devono andare a scuola fuori
avranno altri aspetti positivi, quello
di socializzare però quello che nel passato avveniva, vale a
dire che i ragazzi rimanevano sempre qui oggi è molto ridimensionato
perché molti il sabato possono andare a casa perché hanno
familiari e credo che gli enti pubblici debbano tener conto di questa
situazione, di queste opportunità educative.
I ragazzi come vengono ammessi e quali sono i ragazzi che vengono ammessi?
Le tipologie sono diverse: quelli che già da qualche anno si
trovano qui la stragrande maggioranza erano ragazzi che attraverso il
servizio di prima accoglienza indirizzavano poi qui e allora di qui
si vedeva, si mettevano, se ne studiava un pochettino la provenienza,
attraverso i servizi sociali si vedeva un pochettino la loro realtà
di provenienza e quale era il progetto che si poteva stabilire per loro.
Oggi quest'ultimo periodo sto vedendo che a questa tipologia ne sta
subentrando un'altra: ci sono qui in Italia molti extracomunitari che
lavorano mamme che fanno persone di servizio e che hanno figli che non
possono tenere o perché non hanno la casa o perché tutto
il giorno sono impegnati allora si rivolgono perché vengano accolti,
vengano seguiti. Adesso comincia ad aumentare il numero di queste persona,
di questi ragazzi che a volte noi la prima cosa che diciamo è
che il papà la mamma si rivolgano ai servizi sociali territoriali
per dire "guarda, io mi trovo in questa situazione, non posso mantenere
questi bambini, vorrei inserirli; ma i servizi sociali territoriali
nella stragrande maggioranza sono abbastanza sordi a queste richieste
perché loro privilegiano la permanenza presso i genitori di questi
ragazzi; allora di fronte a queste oggettive difficoltà di mantenerli,
di mandarli a scuola, di seguirli, noi siamo disposti anche a prenderli
a "trattazione privata" potremmo dire, cioè è
il papà che chiede che vengano e noi comunichiamo poi al servizio
sociale, al comune che è presente perché il papà
o perché la mamma ha chiesto di accoglierlo. Questa è
un po' una tipologia che credo prenderà più spazio nell'andare
avanti. La fase dei ragazzi venuti col gommone, specialmente albanesi,
si è molto ridimensionata per cui almeno qui quest'anno non ci
sono stati casi di ragazzi mandati anche per un altro motivo: perché
l'istituto, l'opera, la città dei ragazzi ancora non ha ufficialmente
un accreditamento con il Comune. Questo accreditamento dovrebbe venire
dopo questi lavori che stiamo facendo di ristrutturazione. Il secondo
momento è quello, dopo aver fatto tutto il corso scolastico,
la preparazione, è quello dell'inserimento delle dimissioni di
questo ragazzo, di questo giovane. E questo è un altro problema
molto molto delicato: realtà, ripetono spesso gli enti pubblici,
che devono rimanerci soltanto i minorenni; in realtà noi qui
nella città dei ragazzi non sono presenti soltanto minorenni
ma sono anche dei maggiorenni e anche in numero consistente, legati
al progetto che si sta realizzando per loro. L'esempio di un ragazzo
dopo aver conseguito il terzo anno dell'Ipsia, dell'istituto professionale,
vuole e ha le capacità di continuare scolasticamente il quarto
e il quinto, in genere con il terzo tutti diventano maggiorenni è
raro il ragazzo che finito il terzo non sia già maggiorenne,
e allora noi si continua e su questi qui a volte accettano, a volte
non accettano gli enti pubblici però noi ci facciamo in qualche
modo forza anche dagli aiuti che ci vengono dall'America per poter,
nonostante tutto, mantenere questi ragazzi.
Il problema poi ancora più delicato è quando devono lasciare
la città dei ragazzi e qui le difficoltà sono tante, sono
legate al lavoro, sono legate all'abitazione: se è difficilissimo
per un giovane italiano trovare una camera, trovare un appartamento
dove poter vivere, figuriamoci per un extracomunitario e allora la ricerca,
molte volte si mettono d'accordo tra di loro per cui prendono una camera
dove poster vivere insieme, altre volte hanno qualche zio o qualche
familiare presso il quale possono per u periodo di tempo trovare ospitalità
ma questo è un problema molto serio la cui soluzione la Città
dei Ragazzi non ha gli strumenti per poter far fronte. Avevo ventilato
la possibilità di avere degli appartamenti fuori città
dove tre ragazzi per un anno "primo anno va be', potete stare lì
pagando un minimo affitto" ma questo purtroppo non c'è e
allora è sempre un problema che loro vivono con grande disagio,
a volte addirittura dicendo "ma come, la città ci manda
via?". Ci sono dei ventenni alcuni dell'82, alcuni dell'83 quindi
la città ha fatto forse più di quello che era suo dovere
fare per venirgli incontro poi c'è ance che il ragazzo che la
vita è vita di responsabilità e deve saper inserirsi nel
mondo del lavoro, trovare, pazientare, non sempre il primo lavoro che
trovi è quello che ti da lo stipendio consistente, la tranquillità.
Molte volte questo è uno degli aspetti che i ragazzi si creano
dentro di se, questi aspetti falsi della vita. "ah, mi devono dare
subito
" "ti devono dare
, anzi ringrazia Dio se
ti danno qualcosa!" quello che è giusto è un diritto
dei ragazzi pretenderlo però un datore di lavoro quando ti prende
vuole prima vedere che cosa tu dai. Io ripeto spesso ai ragazzi che
si trovano in queste situazioni "convincetevi che un datore di
lavoro vi prende e vi da 10 perché lui deve introitare dal vostro
lavoro 20, 30" "Sfrutta!" "forse anche, però
questa è la logica, quindi mettetevi, fatevi ben volere"
e allora il rapporto diventa più chiaro, più lineare,
più di vicendevole rispetto ma inizialmente stanno tutti sul
chi va là.
Rapporto tra città-cittadini e città-excittadini
Nel passato sono stati centinaia e centinaia, migliaia addirittura i
ragazzi che sono passati attraverso la città e s'è creato
un rapporto profondo di vicendevole conoscenza e riconoscenza da parte
degli ex-cittadini. Hanno costituito anche un'associazione degli "ex"
che hanno i loro organi, si riuniscono e ci tengono ad essere presenti
a difendere in modo particolare l'idealità che ha spinto Mons.
Carrol-Abbing per quest'opera. Certamente gli ex attualmente in attività
sono una forza enorme per la città perché sono di stimolo,
è la memoria storica che in qualche modo rende vivo l'impegno
educativo. Io penso che quella tipologia di ex-cittadini del passato
oggi sia molto più difficile averla perché quando della
città praticamente il 90% sono stati tutti stranieri immigrati
che un po' si sono sistemati di qua e di là è molto più
difficile che entrino nella psicologia del dire "io sono riconoscente
verso la città dei ragazzi" ci sono alcuni che lo fanno
ma la massa dove c'è il grande numero diventa molto più
difficoltoso anche perché qui all'interno della città
dei ragazzi hanno trovato dei vantaggi enormi, quello dell'aver studiato,
quello dell'essersi preparati un po' alla vita, ma anche altri l' hanno
subita invece come dicevo prima "sono venuto per lavorare invece
alla città dei ragazzi mi hanno fatto studiare". Per noi
è logico ma secondo la loro mentalità in cui un ragazzo
di 12, 13, 14 anni dal paese di origine già era un ragazzo che
era immesso nel mondo del lavoro, venire qui e dire "se non diventi
maggiorenne non lavori" si trova un po' scombussolato. Un enorme
ricchezza questa presenza degli ex-cittadini che continua a fare le
loro riunioni, a essere disponibile, a venire anche incontro ai ragazzi
- anzi io penso che dovrebbe essere ancora più organico questo
rapporto, dall'altra questa tipologia nuova che presenta forse o qualche
interrogativo o qualche difficoltà perché questi sono
tutti uomini ormai di una certa età che vivono nel mito dell'esperienza
vissuta. Oggi invece la loro aspetto d'aiuto perché ci aiutino
e veder come questi aspetti altamente positivi del passato possano inserirsi
in questa realtà diversa. Per quanto riguarda gli ex-cittadini
ci sono degli incontri che si fanno con loro a Natale, l'anniversario
della morte di Monsignore e sono momenti in cui sono molti che con tutte
le loro famiglie vengono, c'è la cena insieme per mantener vivo
il ricordo della loro esperienza vissuta nell'ambiente in cui è
stata vissuta e questo è altamente positivo e anzi bisognerebbe,
forse, ulteriormente incrementarlo.
Quali sono le sue peculiarità le abbiamo
viste, quali invece le differenze con gli altri istituti?
La proposta educativa offerta dalla città dei ragazzi l'abbiamo
vista attraverso le parole di monsignore, quello è l'ideale educativo
cui tendere attraverso il metodo dell'autogoverno attraverso una pluralità
di impegni, di attività, di situazioni. Ora questo concludendo
non è semplice tutto quello che si va facendo perché i
problemi esistono. Non dimentichiamoci che oggi a livello giovanile
genericamente parlando esistono problemi educativi molto forti e impellenti,
contraddizioni, crollo di ideali, difficoltà nel saper progettare
la propria vita a lungo termine, vivere il momento immediato, la poca
consapevolezza del valore delle cose, dei soldi questo è un fenomeno
che i sociologi parlando dei giovani sottolineano con molta frequenza.
Ora questi non sono giovani campati fra le nuvole, sono giovani come
gli altri aggravata la loro situazione dal fatto che vengono da particolari
disagi e che vivono in situazioni all'interno di una struttura (gruppo
appartamento o casa famiglia o semi autonomia o chiamiamola come vogliamo)
che in qualche modo sentono di non poter fare quello che vogliono, come
vogliono, dove vogliono. Questo è un po' il problema di tanti
genitori, di tante famiglie, e allora come sollecitare quella coscienza
attraverso la quale questi giovani riescano a prendere atto della loro
realtà non mistificandola? Questa realtà devo affrontarla,
devo affrontarla con quelle competenze e quella consapevolezza che si
è creata in me per poter superare e le difficoltà e gli
ostacoli, e in qualche modo giocare la mia vita nel modo migliore. Questo
è il discorso più generico della formazione dei giovani
oggi. Penso che se difficoltà ci sono qui, ci sono nella scuola,
ci sono nella, famiglia, ci sono nei gruppi giovanili: è molto
più generalizzata una certa difficoltà anche perché
il dialogo con gli adulti spesso non è che venga accettato come
punto di partenza e a volte è difficile perché l'adulto
deve intervenire, deve sollecitare ma deve anche richiamare e allora
spesso il giovane lo vede come una presenza limitante, come una presenza
che mi coarta. Qui hanno, lo dico sempre ai ragazzi, una struttura aperta
per cui se ci stai è perché ci vuoi stare, lo starci assumendo
poi anche e facendo proprie quelle norme, quegli indirizzi, quelle regole
che sono alla base di una convivenza di giovani c'è chi facilmente
ci si inserisce e chi fa un po' più di difficoltà ma questo
è nella normalità delle cose, non meraviglia, certamente
noi desidereremmo subito la bacchetta magica con cui risolvere ogni
problema. Parlando con gli educatori dico sempre "stiamo attenti
a non perdere di vista la realtà" dire che questo ragazzo
è così è un'analisi che va fatta ma la cosa più
importante per noi educatori è quello che facciamo dopo l'analisi
cioè se il ragazzo presenta queste disfunzioni, questi problemi,
questi interrogativi, questi comportamenti, quali sono gli strumenti
che noi usiamo per intervenire, per far sì che l'aspetto positivo
del ragazzo prenda il sopravvento su alcuni angoli bui della sua personalità.
E questo è un compito educativo non facile perché sarebbe
molto più facile dire "questo ragazzo si comporta male allora
via, vada in un'altra struttura" come a volte qualcuno richiede.
Io sono dell'idea che il trasferimento di un ragazzo da una struttura
ad un'altra, che può avvenire e a volte deve avvenire, onestamente
ci deve porre la domanda che noi non siamo stati capaci di risolvere.
La banca della Città dei Ragazzi come
funziona?
Questo è all'interno dell'autogoverno. L'autogoverno comporta
l'elezione del Sindaco ogni due mesi insieme ad un giudice e a un questore,
il Sindaco sceglie poi la giunta. Quando si è insediata la nuova
giunta ci sono anche i compiti affidati: c'è il banchiere, c'è
il capo ristoratore, di quelle attività che sono parte integrante
della vita del ragazzo come il responsabile dello sport, il responsabile
delle pulizie. Nell'assemblea che si fa tre volte alla settimana, attualmente,
si chiede come vanno questi campi specifici di attività, ciascuno
può dire la sua, ciascuno è libero di parlare, alza il
dito e il Sindaco gli deve dare la parola, si alza e dice quello che
lui ritiene opportuno dire. Un campo particolare delle attività
è quello dello Scudo, vale a dire tu hai fatto questa attività
e allora ad ogni attività c'è una paga: 10 scudi per le
pulizie, 10 scudi per la frequenza scolastica, 10 scudi per le attività
di computer, modellismo,ceramica,
questo foglietto che viene distribuito
autorizza poi scuotere andando in banca. La banca fa delle trattenute
perché lui ha mangiato
quindi ci sono delle trattenute
che sono dovute, le altre sono scudi che vengono date ai ragazzi; con
questi scudi i ragazzi possono andare al bazar per fare degli acquisti
tipo la merendina, una bibita, materiale che serve per le pulizie, shampoo.
Nel passato questo sistema era ottimo perché negli anni passati
i ragazzi non avevano una lira in tasca quindi loro entravano nella
logica che il lavoro, il mio servizio fatto è remunerato e questo
mi da anche le possibilità acquistare questo e quest'altro che
mi serve, quindi era formativo. Oggi questo sistema, che per me è
ancora valido, sta scricchiolando perché i ragazzi hanno i soldi:
lo zio, i genitori, qualche lavoro che loro hanno fatto durante l'estate,
perché i più grandi sono andati a fare dei lavori, quindi
hanno dei soldi e con il soldo in tasca i 10 scudi c'è meno motivazione.
Un altro aspetto: prima erano moltissimi i ragazzi più piccoli
i quali in questo gioco si sentivano protagonisti; ora la maggioranza
sono diciassettenni, diciottenni quindi l'interesse loro è altro.
Anche questo credo che in una revisione dell'autogoverno debba essere
tenuto presente perché quell'aspetto educativamente valido della
paga dell'attività e poi la possibilità di fare spese
come questo possa essere mantenuto all'interno delle trasformazioni
che la società sta assumendo e che i ragazzi subiscono, vivono.  
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