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Pubblicato su Politica Domani Num 23 - Marzo 2003 15 febbraio ed oltre
La guerra vista da Est
La Romania alla vigilia del conflitto G.I. Il 15 febbraio,
in tutto il mondo, milioni di persone hanno invaso strade e piazze per
esprimere la loro volontà di pace. Il sito www.unitedforpeace.org ha tentato di stilare una lista dei luoghi dove queste persone si sono
riunite. È riuscito a contare seicentotre città nei cinque
continenti.
Verificare dimensioni e spirito di ognuna di queste dimostrazioni sarebbe
certo impossibile. Sul manifesto del 16 febbraio un trafiletto comunicava
che anche Bucarest e Budapest avevano manifestato per la pace. Nella
capitale Rumena, in effetti, poco meno che un centinaio di persone si
sono ritrovate per in Piazza Universitatii. Non un gran numero per una
città che conta circa tre milioni d'abitanti. Ciò che
lascia maggiormente perplessi è la presenza tra i promotori di
un gruppo d'estrema destra, Wright Wind. La manifestazione, intrisa
d'antiamericanismo, sfruttava l'occasione per contestare l'adesione
del paese alla NATO: pacifismo un po' opportunista.
Un po' più sostanziosa pare sia stata la manifestazione tenutasi
a Cluj-Napoca, nel nord-ovest del paese. Qui l'associazione promotrice,
il Patrir, Istituto Rumeno per la Pace, ha le carte in regola per meritare
l'epiteto "pacifista": chi mastica un po' di rumeno può controllare all'indirizzo www.patrir.ro.
I giornali danno
notizia anche di una manifestazione contro la guerra tenutasi il primo
marzo a Costanza. La città marittima è particolarmente
interessata dai preparativi dell'attacco all'Iraq. Proprio in quella
zona, sul Mar Nero, si vanno ammassando alcune migliaia di soldati americani.
L'ubicazione geografica della Romania la rende una base preziosa. A
maggior ragione dopo che Ankara ha rifiutato di accogliere i 62.000
uomini che Washington avrebbe voluto stanziare in territorio turco e
dopo che la posizione di Sofia ha preso ad oscillare tra la linea anglo-americana
e quella franco-russa. Il governo rumeno ha al contrario assunto dal
principio una linea di completa disponibilità verso l'alleato
americano.
Lo scorso novembre, il vertice di Praga ha sancito l'entrata della Romania
nella NATO, dal 2004. Sponsor principale dell'evento sono stati gli
USA. Così, quando arrivò la richiesta statunitense d'appoggio
in caso d'intervento armato, questa suscitò in primo luogo orgoglio
nell'opinione pubblica. Già allora però qualcuno cominciò
a storcere il naso: "Ma che c'entra la Romania con questa guerra?".
Man mano che il conflitto si fa imminente, quest'ultima posizione prende
sempre più piede.
Che sia animato dal nazionalismo, dall'interesse economico o da quanto
di peggio si possa immaginare, un NO alla guerra, di questi tempi, fa
piacere. Ma le ragioni che motivano questo rifiuto sono pur sempre importanti:
ne determinano volatilità o costanza. Anche in Romania c'è chi rifiuta la guerra in ogni caso, chi fa della nonviolenza il proprio
modo di relazionarsi agli altri.
Il 27 febbraio, in una piazza centrale della capitale, poche decine
di giovani si sono incontrati: qualche strumento musicale, pochi colori
per dipingere striscioni e tanta voglia di mettere la propria creatività
a servizio della pace. "È una manifestazione creativa",
ripetevano a chi si fermava incuriosito, "vogliamo dire NO alla
guerra con fantasia: prendi una chitarra o un pennello ed unisciti a
noi". Qualcuno accettava: cantanti e chitarristi improvvisati violentavano
così stupende canzoni, disegnatori tentavano di fissare sguardi
stupiti e volti gioiosi, tutto schivando le palline scagliate da aspiranti
giocolieri.
Un'atmosfera leggera che solleva la mente da tanti ragionamenti, supposizioni.
Dire: "Non ci sto!", senza rabbia, con la spontaneità
di bambini. Non basta a fronteggiare chi usa le armi della ragione per
giustificare la guerra. Serve però anche questo: per ricordare
che solo la pace è gioia, solo la giustizia è armonia.
I ragazzi che hanno animato quel pomeriggio bucarestino hanno fondato
Aquarius, associazione che si occupa d'ambiente, pace, espressione artistica
ed altro. Nelle loro, come nelle nostre, mani c'è il futuro del
mondo. Come lo immaginano loro non è niente male. E noi? Come
lo immaginiamo?
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