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Pubblicato su Politica Domani Num 23 - Marzo 2003 Medioriente
Le ragioni di un conflitto
Intervista a Ferdinando Pellegrini di Simona Ottaviani Pochi giorni prima che Ferdinando Pellegrini partisse
per Bagdad come inviato di guerra per la RAI, abbiamo avuto con lui
una lunga chiacchierata su alcuni dei temi più scottanti di questo
periodo. L'intervista che segue è solo una parte, quella relativa
al conflitto israelo-palestinese, di quella lunga chiacchierata. PD - Si odiano realmente israeliani
e palestinesi?
Adesso molto perché in 50 anni di storia - dalla nascita dei
kibbutz alla repressione quotidiana anche di adesso - il problema è
diventato di sopravvivenza di uno nei confronti dell'altro.
Quando cominciarono a nascere i kibbutz in Israele prima del 48, quando
la prima migrazione ebraica si spostò in quella parte della Giordania
che sarebbe stata poi Israele, il posto in pratica non aveva nulla e
non c'erano grosse differenze con la popolazione locale: il rapporto
tra kibbutzini e arabi era quasi fraterno. Il problema sorge dopo la
nascita dello stato di Israele, ma anche allora la popolazione palestinese
che viveva in quei territori non era contraria.
Molto spesso si confonde Israele con uno stato ebraico e i palestinesi
con uno stato islamico. Israele però va considerata come un paese;
i suoi abitanti sono di religione ebraica ma ciò non vuol dire
che Israele non sia uno stato che non abbia confini e che non debba
accettare, condividere e quindi avere rapporti sociali, storici e politici
con i vicini di casa indipendentemente dal loro credo religioso. PD - Quali sono i veri motivi
delle tensioni fra i due popoli?
Le attuali tensioni nascono da due motivi fondamentali: uno è
la nascita di Eretz Israel, la Grande Israele, che andava dal Tigri
al Nilo; l'altro è la necessità di costituire uno stato
che avesse all'interno le risorse necessarie al controllo e alla sopravvivenza
di sé e dell'intera regione. Ha poi influito la stupidità
dei governanti arabi: una modernizzazione era infatti l'ultima cosa
che avrebbe fatto loro comodo, dopo che l'Inghilterra aveva suddiviso
il popolo arabo in duemila pezzettini dando poteri all'uno e all'altro
a seconda delle convenienze. È chiaro che la nascita di uno stato
ebraico ha rotto degli equilibri interni in una regione già di
per sé estremamente instabile essendo estremamente giovane. Quello
che si è fatto è stato di inserire una popolazione che
veniva da un momento estremamente drammatico come l'olocausto, in un
paese che mal sopportava che gli venisse tolta della terra soltanto
perché alcuni signori si erano seduti a un tavolino e avevano
deciso che quella era Israele.
Quando nel 1948 le Nazioni Unite decisero la nascita dello stato di
Israele questa decisione venne presa in conseguenza di una serie di
trucchi messi in atto da Ben Gurion e Golda Meir e di atti di terrorismo
decisi da alcuni signori come Beghin ed altri personaggi storici, esattamente
quello che stanno facendo i palestinesi. Perché se è vero
che i palestinesi sono dei terroristi (e questo è innegabile
perché mettere delle bombe e ammazzare dei civili è terrorismo
e come tale va condannato), non bisogna neanche dimenticare che lo stato
di Israele nasce esattamente nello stesso modo. È chiaro che
dopo 50 anni di terrorismo reciproco è difficile che due popoli
possano amarsi. Essi possono rispettarsi, certamente non amarsi.
Malgrado questo, anche oggi nel 2003, secondo un sondaggio fatto da
un'agenzia internazionale al di fuori delle parti, il 72% della popolazione
israeliana e della popolazione palestinese sarebbe favorevole alla nascita
di due stati separati che si rispettino a vicenda.
Se tutto questo non avviene è perché ci sono degli interessi
precisi. Il popolo palestinese è scomodo non soltanto per gli
israeliani ma per gli stessi paesi arabi. Ebrei e palestinesi, sono
popoli che portano all'interno di ogni organizzazione sociale un momento
di instabilità ,diciamo, per motivi etnico-atavici e per questp
continuano ad essere scomodi: gli ebrei perché per gli occidentali
hanno sempre rappresentato una minaccia per l'organizzazione cristiana,
i palestinesi perché essendo molto più laici di tutti
gli altri paesi arabi rappresentano una minaccia per l'islam.
Ora queste due cose si stanno radicalizzando e lo scontro non può
che essere mortale. Ma non per questo la popolazione non amerebbe dividere
il paese in due. PD - Quale crede potrebbe essere
una soluzione al conflitto mediorientale?
La soluzione è possibile, a patto che gli interessi particolari
degli Stati Uniti in prima persona fossero meno presenti nella difesa
a spada tratta di qualsiasi decisione venga dallo Stato di Israele,
e che i paesi arabi prendessero una posizione definitiva. Bisogna che
gli stati arabi siano convinti che ormai l'esistenza dello stato di
Israele è un fatto ineluttabile e che quindi il solo pensiero
di "distruggere" Israele è non solo anacronistico,
antistorico ma addirittura demenziale.
Una soluzione potrebbe essere quella di sedersi a un tavolo di trattative
seriamente e senza trucchi: senza avere cioè le spalle coperte
dagli Stati Uniti da parte israeliana e senza che i paesi arabi continuano
a elargire quattrini a una dirigenza palestinese indegna e corrotta
fino al midollo.
Certamente non potranno essere né Sharon né Arafat gli
uomini che faranno di questi due popoli due stati. Forse avrebbe potuto
farlo Rabin, ma è stato ammazzato perché aveva capito
qual'era la strada da seguire perché in Palestina e in Israele
si potesse raggiungere una pace. PD - Quali conseguenze potrebbe
avere una guerra in Iraq sulla situazione israelo-palestinese?
Se Bush decide di partire subito con questa guerra credo che il rischio
che si corre è molto più grosso di quanto lui non abbia
previsto. Sia in termini di terrorismo generalizzato, sia in termini
proprio di ridisegnare le mappe geografiche di una parte del mondo in
cui sono ovviamente coinvolte anche Israele e la Giordania.
Israele ha interesse in questa guerra, perché più c'è
caos e meno la gente bada a quello che succede all'interno dei territori
e tutto andrebbe a suo vantaggio. I palestinesi sono scomodi a tutti,
sia all'occidente che al mondo arabo e hanno una dirigenza pessima.
Il confronto israelo-palestinese è un problema politico, non
religioso, ed è un problema di rispetto della legalità internazionale. Ci sono risoluzioni delle Nazioni Unite di cui Israele
non ha mai tenuto conto; ma lo stesso hanno fatto gli Stati Uniti e
altri paesi occidentali, Italia compresa.
Il terrorismo non è mai una risorsa, è comunque un fatto
esecrabile, ma non può essere attribuito solo ai palestinesi.
Secondo Noam Chomsky , americano, gli Stati Uniti sono il paese che
più di tutti gli altri adopera il terrorismo come strumento;
Chomsky accusa gli Stati Uniti apertamente dell'uso del terrorismo come
strumento politico e fa una serie di esempi su cui obiettivamente non
c'è nulla da discutere. È un'analisi fatto da un americano,
nei confronti di un governo americano e Chomsky, tra l'altro, è
anche ebreo e quindi non si può certo dire che sia di parte islamica.
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