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Pubblicato su Politica Domani Num 26/27 - Giugno/Luglio 2003 Nigeria
Elezioni: confermato Obasanjo
Un difficile cammino verso la democrazia Daniele Proietto, Maria Mezzina Le elezioni presidenziali del 22 Aprile 2003 dovevano
essere per la Nigeria l’occasione di dimostrare al mondo, e in
special modo ai paesi più ricchi e potenti, di avere finalmente
raggiunto la tanto auspicata maturità in termini di conquiste
democratiche. Nella sua breve storia di Stato indipendente – l’indipendenza
della Nigeria è del 1960 –, non si è mai verificato
che si potessero svolgere regolarmente delle elezioni. Fino allo scorso
22 aprile le elezioni sono sempre state precedute da un golpe militare
che, ovviamente, non ne ha permesso lo svolgimento. L’unica eccezione
risale al 1983, quando si svolsero regolari elezioni ma, in seguito
ai disordini e alle accuse di brogli elettorali che seguirono la votazione,
l’esercito “pazientò” per circa tre mesi prima
di riprendere il potere.
Anche questa volta, a poche settimane dalle elezioni, le speranze del
ritorno della democrazia e della correttezza vengono gravemente compromesse.
Candidato per un secondo mandato è il Presidente uscente Olusegun
Obasanjo sostenuto dal PDP (Peoples Democratic Party). A poche settimane
dalla votazione però, il 6 marzo, viene ucciso ad Abuja, capitale
della Nigeria, Harry Marshall, leader dell’ANPP (All Nigeria Peoples
Party), e oppositore di Olusegun Obasanjo. Da indagini della polizia
Marshall sarebbe stato ucciso da rapinatori che volevano impadronirsi
del denaro destinato alla campagna elettorale. Le uccisioni in campagna
elettorale diventano però troppe; la stampa denuncia il clima
di violenza e l’ANPP accusa Obasanjo. La situazione rimane drammatica e nonostante l’amministrazione
riesca a portare a termine le elezioni la tensione resta palpabile e
gli scontri divengono inevitabili. Si contano i morti. Gli eventi delle
ore appena successive alle elezioni rendono incandescente il Paese,
e la notizia di possibili brogli nelle urne sembra essere la giusta
miccia per far esplodere la violenza. Un corteo di auto sul quale viaggiava
una figlia del Presidente, Iyabo Obasanjo, viene attaccato e nello scontro
muoiono cinque persone; Iyabo esce illesa dall’attacco. Ancora
una volta non è chiaro se si tratti di attacco politico o di
rapina.
Le accuse giungono da due fonti; la prima, prevedibile, viene dal capo
dell’opposizione Muhammadu Buhari, il quale ha già annunciato
che non accetterà i risultati delle urne. Buhari ha un passato
da golpista: il 31 dicembre 1983, con un colpo di stato, aveva abbattuto
il governo civile di Alhaji Shehu Shagari (al quale Obasanjo aveva poi
restituito il comando); il timore è che possa decidere di forzare
la mano per raggiungere il potere. La seconda, ufficiale, viene da Kenneth
Wollack, presidente dell’Istituto Nazionale Democratico con sede
a Washington: “Abbiamo una seria preoccupazione sulla legittimità
dei risultati in certi collegi”. I rapporti inviati dagli osservatori
parlano di schede alterate, brogli, intimidazioni agli elettori, violenze
e frodi.
Come se non bastasse, alle divergenze politiche si aggiungono quelle
religiose.
Il presidente appena riconfermato è cristiano. Il candidato dell’opposizione
Buhari è di religione Islamica. Il paese è spaccato quasi
a metà: 50% islamici, 40% cristiani e 10% di altre religioni.
Nel Nord del paese prevale la religione islamica e si fa strada l'integralismo
e la sharia (la legge islamica); il sud del paese è a maggioranza
cristiano e il rischio di scontri interreligiosi è reale. Negli
ultimi anni la rivalità tra cristiani e musulmani (fulani-hausa
del nord e yoruba, igbo e altre popolazioni del centro-sud) ha fatto
circa diecimila morti e, vista la situazione attuale, il numero sembra
destinato a salire.
Intanto la situazione, dopo le elezioni, rimane carica di tensione,
di paura e di amarezza per un’altra occasione perduta.
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