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Pubblicato su Politica Domani Num 33 - Febbraio 2004
Dall'oblio
ai set cinematografici
Omar Mukhtar, un eroe della Libia
La vicenda del condottiero ribelle, l'ultimo eroe della libertà, che tenne in scacco l'esercito italiano
di Alberto Foresi
Strano destino quello toccato a Omar Mukhtar, anziano insegnante in una scuola coranica divenuto capo guerrigliero, prima dimenticato e poi assurto ad eroe nazionale.
Omar Mukhtar nacque in Cirenaica intorno al 1860; lì trascorse la sua esistenza, divenendo un notabile nella gerarchia della corte dei Sedussi, la confraternita islamica che governava allora la Libia orientale, e insegnando nella zawya - scuola islamica coranica - del villaggio di Al Gsur. Nel 1921 la sua vita cambiò: di fronte alla campagna di occupazione coloniale della Libia intrapresa dall'Italia, egli si pose a capo di un gruppo di uomini per opporre resistenza agli invasori. Mentre il debole e pavido re libico Idris trovava rifugio in Egitto, Omar Mukhtar riuscì a mettere in piedi un piccolo ma agguerrito esercito con il quale poté contrastare a lungo e tenacemente il progredire della conquista italiana della Libia, divenendo al Naib al'amm, il rappresentante della Senussia in Cirenaica. Per ben dieci anni il capo ribelle, con un gruppo di fedeli mai superiore alle tremila unità, riuscì a tenere in scacco le ben più numerose e meglio equipaggiate truppe italiane fra le alture e i canyons della Cirenaica.
Per sconfiggere la sua resistenza e quella dei suoi uomini, l'Italia fece ricorso a tutti i mezzi in suo possesso. Il maresciallo Graziani condusse senza esclusione di colpi la campagna di conquista della Cirenaica, uno degli eventi meno nobili della nostra storia. Dieci anni di scontri produssero nella popolazione locale qualcosa come 80 mila morti; parte della popolazione sopravvissuta fu deportata in campi di concentramento; l'economia agricola della regione fu devastata. E tutto questo senza che si riuscisse a debellare la resistenza libica. Fu grazie ad un colpo di fortuna che Mukhtar cadde in mano degli italiani: avvistato casualmente durante una ricognizione aerea, il capo e le sue truppe furono intercettate dalla cavalleria italiana e, dopo un breve ma sanguinoso scontro, sopraffatti. Tutti i ribelli furono fucilati. A Mukhtar, riconosciuto fra i prigionieri, fu destinata una sorte più spettacolare: egli fu impiccato pubblicamente di fronte ad una folla di beduini per mostrare a tutti gli abitanti la morte del capo dei ribelli e rendere palese a tutti la fine di ogni possibile resistenza.
Con la fine del secondo conflitto mondiale, la perdita delle nostre colonie e la restaurazione in Libia del regno di Idris, la figura di Omar Mukhtar fu condannata all'oblio, in quanto poteva costituire un valido esempio di patriottismo, a differenza della condotta misera e meschina tenuta dal re.
Nuova gloria ebbe Mukhtar con il mutamento avvenuto ai vertici dello stato libico. Nel 1969 Muammar al Gheddafi, giovane ufficiale dell'esercito libico, si mise a capo di una rivolta militare che portò allo spodestamento del re Idris, divenuto sempre più un fantoccio in mano alle potenze straniere, alla soppressione della monarchia e alla nascita dell'odierna repubblica libica. E fu proprio per volontà del nuovo leader che si assistette all'eliminazione di ogni traccia del precedente regime e, contemporaneamente, all'esaltazione della figura di Mukhtar, divenuto il simbolo della fierezza e dell'orgoglio del popolo libico. Tale rivalutazione del capo ribelle portò addirittura, nel 1979, in concomitanza del parziale fallimento della politica di Gheddafi, mirante a conseguire la leadership all'interno del mondo arabo, alla realizzazione di un film a lui dedicato. Il film, promosso e finanziato dallo stesso governo libico, che nella sua realizzazione investì la cospicua somma di 35 milioni di dollari, è diretto da Mustafa Akkad, americano di origine siriana, con un cast comprendente Anthony Quinn (Omar Mukhtar), Oliver Reed (Rodolfo Graziani), Rod Steiger (Benito Mussolini). Un vero kolossal di matrice hollywoodiana, forse non un capolavoro nella storia della cinematografia, ma, in ogni caso, un film pregevole per ambientazione e per fedeltà nella ricostruzione storica. È significativo che il film Omar Mukhtar, mentre in Francia riscosse un discreto successo, sia ai botteghini che al Festival di Cannes, in Italia non fu mai distribuito. Un tentativo di proiezione a Trento fu addirittura bloccato dalle autorità in quanto la pellicola non aveva mai avuto il nulla osta dalla censura. Indizio questo di come, sino ad oggi, nonostante le strette relazioni economiche, commerciali e diplomatiche intercorse tra Italia e Libia negli ultimi decenni, affrontare la responsabilità delle colpe e dei crimini commessi in passato sia per noi ancora difficile.
Oggi ogni villaggio libico ha una via dedicata a Mukhtar, e in suo onore è stato eretto un monumento nel centro di Bendasi; la figura del condottiero è diventata l'incarnazione dello spirito ribelle ed indipendente della nuova Libia del colonnello Gheddafi. Ma, fra gloria ed oblio, una riflessione sembra dovuta: come cioè ogni gesto, ogni esistenza siano perennemente estrapolati dal contesto storico in cui si sono realizzati, come la politica si sia appropriata di ogni cosa, trasformandola in propaganda e rinnegando, nel conferirgli onore e prestigio, la genuina semplicità del suo movente originario.
Il Regista
Cittadino americano, Mustafà Akkad è nato ad Aleppo in Siria nel 1933.
Ha studiato cinema presso l'Università della California. Terminati gli studi ha lavorato con Sam Peckinpah e in televisione. Ha fondato una casa di produzione realizzando programmi e documentari TV.
Tra il 1972 e il 1975 ha girato in Libano il kolossal "Le message", che tratta la storia dell'inizio dell'Islam. Nel 1978 ha prodotto "Halloween" di J. Carpenter e, visto l'insperato successo del primo, tutta la serie successiva. Nel 1980, col contributo finanziario del colonnello Gheddafi, ha girato "Omar Mukhtar, il leone del deserto".
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