Pubblicato su Politica Domani Num 36 - Maggio 2004

Editoriale
Europa, grazie a Dio

di Maria Mezzina

Non saranno elezioni qualsiasi le prossime europee. Nonostante le difficoltà e, forse, proprio per queste due anni di euro hanno fatto maturare la consapevolezza di appartenere a una famiglia più grande e con molte altre cose in comune oltre alla moneta. I giovani che una legislatura fa, nel 1999, erano ancora adolescenti ora sono diventati uomini e donne, e l'Europa è cresciuta con loro. I programmi di scambi Socrates e Leonardo hanno raggiunto lo scopo ed hanno reso questi giovani cittadini europei.
La caduta, il primo maggio, del "muretto" di Gorizia è stata solo l'ultimo atto della caduta di tanti pregiudizi accumulati negli anni e poi, con l'avvento e la costruzione a poco a poco dell'Europa, faticosamente rimossi.
L'allargamento ai nuovi dieci paesi dell'Est, oltre ai problemi di integrazione economica e sociale, porta una ventata di novità, e rappresenta una nuova sfida che vede i nuovi paesi impegnati accanto ai paesi della "vecchia" Europa. Con loro l'Europa si "accomoda" ad est e ritrova il suo centro.
All'Europa di 470 milioni di abitanti che occupa ormai territorialmente la quasi totalità del continente guardano i paesi dell'Est del Sud e dell'Ovest, nell'attuale situazione internazionale. All'Europa guardano coloro che aspirano alla pace (in Iraq, come in Medioriente, come in Africa), con fiduciosa speranza: e sono centinaia di milioni di cittadini europei, anche se, per ora, l'Europa è ancora impreparata ad assumere un ruolo decisivo in questi conflitti.
L'Europa può far sua la battaglia per la difesa dei diritti umani e quella per la democrazia, grazie alla sua storia, alle sue drammatiche esperienze e alla sua cultura.
Eppure in Italia non si parla ancora abbastanza di Europa e, a volte, da parte di alcuni ministri, se ne parla persino con fastidio. L'Unione Europea è assente nei mezzi di comunicazione di massa: o perché distratti dalle notizie contingenti, sempre più gravi, che vengono dai fronti di conflitto, o per calcolo, o per ignoranza.
Sono elezioni importanti quelle di giugno perché il nuovo Parlamento dovrà riprendere il dibattito sulla Costituzione che si era interrotto per le divisioni sull'Iraq, e si dovrà decidere sulla sua organizzazione politica: decidere cioè se nel futuro ci sarà un'Europa federale, disposta a costruire una vera Unione, rinunciando, per questo, ciascuno stato a un po' della sua sovranità, o se invece ci sarà un'Europa intergovernativa, dove saranno i governi delle singole nazioni a contare in un'Unione relegata a un ruolo secondario, nei confronti dei singoli paesi e della comunità internazionale.
La nuova Europa dovrà affrontare problemi nuovi di carattere economico e di inclusione sociale, come fece la Germania dopo l'unificazione. Dovrà privilegiare la cooperazione con l'Africa e aprirsi ai Paesi di Oriente. Non dovrà tradire la sua cultura e le sue radici. Non dovrà chiudersi e dovrà combattere razzismo e xenofobia, sempre in agguato al suo interno, e fare tesoro delle diversità anziché temerle.
C'è quindi bisogno di parlamentari capaci e preparati, generosi, abili e tenaci, che andranno accuratamente scelti all'interno delle liste da votare. E, invece, c'è molto provincialismo in questa campagna elettorale italiana: le liste sono piene di candidati, presidenti e ministri, la cui posizione è incompatibile con la carica europea. Perché? Perché il mediocre politico italiano vuole trasformare queste elezioni in un test di gradimento interno o forse, peggio, in una possibile resa dei conti. Esattamente il contrario di quello spirito di responsabilità nei confronti della nazione, della gente e dell'Europa che sarebbe, invece, necessario.
L'Europa, però, dai padri fondatori, attraverso la storia degli ultimi 50 anni, ha percorso un lungo cammino ed è ormai una realtà radicata nel cuore e nella mente di moltissimi, specie dei giovani. Ed è su questa realtà che sarà possibile continuare a costruire, grazie a Dio.

 

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