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Pubblicato su Politica Domani Num 36 - Maggio 2004
Struttura politica dell'Europa
Federale o intergovernativa?
Dalla composizione del futuro Parlamento europeo sarà possibile capire di quale Europa saremo cittadini. Per questo le elezioni del 14 giugno sono molto importanti e gli elettori dovranno valutare bene le loro scelte di partiti e di uomini
di Alessandro Lovato Manca un mese alle elezioni europee, le più grandi della storia dell'Unione. Gli elettori di una popolazione di 454 milioni di cittadini di 25 diverse nazionalità sono chiamati a decidere i propri rappresentanti nel Parlamento Europeo in un momento cruciale della storia dell'Unione.
La situazione internazionale è a dir poco preoccupante e, allo stesso tempo, ci sono grandi temi interni da affrontare: si pensi ad esempio all'integrazione dei nuovi stati membri, ma, soprattutto, all'inderogabile necessità dell'approvazione della Costituzione Europea che, sebbene giudicata imperfetta da molti europeisti convinti, resta comunque un passo fondamentale verso l'Unione politica. Sarebbe stato decisamente meglio arrivare alle elezioni del 14 Giugno con un testo Costituzionale già approvato e ratificato, ma purtroppo non è stato possibile. Le trattative tra i vari governi sono infatti naufragate: gli interessi nazionali, quale, ad esempio, la riponderazione dei voti all'interno del Consiglio Europeo, hanno avuto la meglio rispetto al bene dell'Europa.
Tuttavia è tempo di elezioni e, con esse, di scelte. La più importante riguarda certamente l'assetto politico dell'Unione: federale o intergovernativa.
Nell'immediato dopoguerra i "padri fondatori" dell'Unione pensarono di partire dalla collaborazione economica tra alcuni Stati Europei per poi giungere, in futuro, all'unione politica. Il futuro di allora è oggi, e ancora, allo stato dei fatti, non esiste una vera Europa politica, come non esiste una Costituzione Europea ratificata, ma solo una lunga serie di Trattati. I Trattati, come dice la parola, sono frutto di "trattative" tra Stati, sono compromessi tra interessi nazionali spesso contrapposti. La politica dei Trattati è un esempio di Unione intergovernativa: sono i rappresentanti dei vari governi che, riuniti nelle sedute del Consiglio Europeo, stilano gli accordi votandoli spesso all'unanimità o, quando va bene, secondo il principio della "maggioranza qualificata"i. È evidente che tali accordi, sebbene graditi ai leader dei singoli Stati, sono progetti inorganici, macchinosi e, di frequente, lacunosi. Ora che l'Unione ha 25 Stati sarà ancora più difficile approvare trattati secondo i vecchi criteri. Si pensi, ad esempio, a come un Consiglio europeo composto da 25 Capi di governo, ognuno con diritto di veto, possa trovare accordi su delicate questioni internazionali.
Per questo da più parti si vede l'esigenza di una svolta federalista dell'Unione che prevede il trasferimento di alcune materie, ora di competenza del Consiglio Europeo, al Parlamento e alla Commissione, tramite una modifica dell'attuale principio di "codecisione" .
Il Parlamento europeo, secondo i federalisti, dovrà essere il cuore della politica dell'Unione affinché il confronto tra le diverse ideologie politiche del panorama europeo sia il più possibile aperto e fecondo. Un esempio di spirito federalista è stato certamente l'operato della Convenzione Europea nella stesura della bozza della Costituzione. La Convenzione infatti ha agito in trasparenza, con la partecipazione dei rappresentanti della società civile, in particolare i giovani, con procedure decisionali il più possibile democratiche.
C'è chi è contrario a conferire maggiori poteri decisionali al Parlamento ed alla Commissione, perché teme la scomparsa delle identità delle autonomie nazionali. Scegliere un'Europa federale però non vuol dire automaticamente che le identità locali fatte di tradizioni, di religioni, di lingue diverse saranno cancellate. Al contrario, proprio il confronto tra queste realtà in sede parlamentare sarà fonte di arricchimento per tutta l'Europa, cosa che ora non accade affatto in sede di Consiglio europeo dove le diverse "identità" nazionali sono spesso in attrito.
Per quanto riguarda la perdita di autonomia politica delle singole nazioni il discorso si fa più delicato. Alcune materie, quali ad esempio la programmazione economica e la politica estera, tradizionalmente di competenza dei singoli stati, nel contesto di un'Europa federale saranno discusse a livello europeo. Non è detto però che ciò sia un male. Storicamente in Europa la politica dell'isolazionismo nazionalista non ha mai pagato in termini di sviluppo, anzi nella prima metà dello scorso secolo ha trascinato l'Europa nell'orrore delle due guerre mondiali. Per non andare troppo lontano con i ricordi basta fermarsi allo scorso inverno quando l'Unione Europea, allora a 15 Stati, non riuscì ad accordarsi sulla questione irachena. Qual è stato il risultato di ciò è sotto gli occhi di tutti.
iSulla "riponderazione dei voti" e la "maggioranza qualificata" PD ha pubblicato un ampio servizio nel numero 33, febbraio 2004, alle pagine 6 e 7.
iiPer il principio di "codecisione" vedere l'articolo su "I processi decisionali della UE" su questo numero di PD.
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