Pubblicato su Politica Domani Num 37/38 - Giu/Lug 2004

Velletri vira a destra
Est mihi libertas?
Bruno Cesaroni (al terzo mandato) e Alleanza Nazionale stravincono nella città ex repubblicana dal glorioso passato antifascista. Tante opere pubbliche, poca tutela ambientale e il sociale messo in secondo piano

di Andrea Palladino

Velletri è una città caotica, divisa tra un centro storico ai limiti della vivibiltà e una campagna estesa, dove vive la maggioranza della popolazione, tra colline di intensa bellezza e scempio del territorio. Nella maggiore città dei castelli romani i suoi 41.000 elettori per il futuro hanno scelto quasi all'unanimità il precedente sindaco. Bruno Cesaroni, farmacista, da sempre orgogliosamente di destra, si riconferma sindaco per la terza volta, con un consenso vicino al 60 per cento. La prima volta era stato sfiduciato dai suoi stessi allaeti di coalizione, dopo soli 2 anni, non sufficienti perché si potesse parlare di di un primo mandato, cosa questa che gli ha permesso di presentarsi alle elezioni (ed essere eletto) per la terza volta.
Qualche giornale locale con un entusiasmo un po' eccessivo e molto provinciale lo vorrebbe incoronare 'Caesar', giocando sul cognome. I fedelissimi di Alleanza Nazionale girano per la città con un sorriso a 36 denti, quasi increduli di fronte al successo del leader (e del partito).
Nonostante i suoi martiri la città si scopre di destra, profondamente di destra. La città repubblicana e antifascista, orgogliosa della sua storica indipendenza dai poteri ("Est mihi libertas papalis et imperialis", recita lo stemma cittadino) si guarda indietro e scopre che il suo passato è ormai lontano, lontanissimo. Anche la destra estrema, fascista e razzista, ottiene più di mille voti (a tanto ammontano le preferenze date ai Rautiani e alla lista Mussolini, che ha raccolto formazioni quali Fronte Nazionale e Forza Nuova nelle elezioni europee). Le tante svastiche e croci celtiche che compaioni su molti muri non sono più solo uno stupido gioco da ragazzini.
Di fronte a chi acclama Cesaroni novello Cesare Augusto (l'imperatore romano a cui è stata recentemente dedicata la piazza del Comune) c'è un centrosinistra a pezzi, che farebbe bene a meditare sulla sua inequivocabile e clamorosa sconfitta.
Sono undici anni che la sinistra viene sconfitta nella principale città dei Castelli Romani (l'ultimo risultato elettorale positivo risale al 1993), da quando il tornado tangentopoli ha costretto al maggioritario il sistema politico italiano ed è cambiato il modo di eleggere il sindaco e la sua giunta.
La campagna elettorale è stata misera: aboliti i contenuti, la città è stata invasa dai faccioni decisi dei candidati, incollati ovunque, secchioni della spazzatura compresi, furtivamente attaccati nelle ore della notte. Nel programma della destra che ha vinto, che ha riempito un intero libro distribuito nella città durante la campagna elettorale, si conferma il completamento delle opere pubbliche iniziato sette anni fa.
Dove è finita l'opposizione di sinistra? La sinistra "unita": il triciclo locale (DS, Margherita e Socialisti di Boselli), "forte" dell'apporto di Rifondazione Comunista, i Comunisti Italiani e parte dei Repubblicani (l'altra parte era alleata con la destra; potenza di questo maggioritario che anziché unire riesce a frantumare i partiti), reduce da una debacle in assoluta controtendenza nazionale (e regionale), si lecca le ferite. Il tentativo, generoso, della lista Primavera (una coalizione della lista Di Pietro-Occhetto e Verdi), che poteva fare la differenza, con il suo 1,6%, è stata sacrificata sull'altare dell' "uniamo tutte le forze per battere la destra".
Per opporrsi a un candidato forte, Cesaroni, e contrastare una mentalità e un atteggiamento diffuso, quello appena descritto, occorreva una valida alternativa: un candidato di spessore e un programma che ponesse il bene della città e il futuro della sua qualità di vita e della sua economia al centro, un programma che fosse stato profondamente meditato e soprattutto dibattuto e condiviso con la popolazione. Nulla di tutto questo è avvenuto. Patrizio Saraceni, candidato della sinistra, già sindaco repubblicano, non poteva avere lo slancio necessario a guidare una coalizione che, nel resto del paese è stata invece, seppur di poco, vincente. Il programma della sinistra era timido, non divulgato, tenuto quasi nascosto, senza idee chiave da proporre ai cittadini.
La lista Primavera ha tentato l'elaborazione di un programma alternativo, la cui principale novità stava nel bilancio partecipativo, proposto cioè e costruito con la gente; un metodo di lavoro nuovo che forse non è stato capito o forse è troppo innovativo per una città pigre e rinchiusa su se stessa come Velletri.
Ora sarà necessario capire cosa vuole realmente la città: quale peso dà ai lavori pubblici e quanto alla politica sociale e culturale, quanto veramente ha bisogno di spazi di aggregazione e quanto vuole davvero risolvere le emergenze ambientali quali l'inquinamento della città; quanto punta sulla tradizione agricola (feste del carciofo o dell'uva a parte), se veramente desidera che le autostrade attraversino le sue contrade (come accadrebbe con la costruzione della bretella Cisterna-Valmontone), e che tipo di Piano Regolatore sarà in grado di accogliere e quanto difenderà la bellezza del suo territorio.
Sarà infine necessario capire perché molti giovani amino l'ideologia fascista, perché continua a crescere l'estremismo di destra che, come ricordava Fini, rappresenta il "male assoluto".

 

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