Lotte sindacali in Colombia
Uno strano tipo di "concertazione"
Omicidi, sequestri e sparizioni: così si pratica il "dialogo sociale in Colombia"
di Fabio Antonilli
Bogotà, Colombia. Il dramma che stanno vivendo gli operai non fa notizia. Giornali, telegiornali e programmi tv di approfondimento ignorato che in Colombia si stanno sistematicamente violando alcuni dei più importanti diritti riconosciuti in qualsiasi democrazia liberale: i diritti sindacali e dei lavoratori. Ben poco trapela da noi del fatto che nel paese sudamericano i lavoratori faticano a far riconoscere i propri diritti perché l'attività sindacale viene repressa con la violenza.
Sono 80, infatti, i sindacalisti che solo nel 2003 sono stati uccisi da paramilitari o hanno perso la vita in circostanze misteriose (fonte: Amnesty International); questi vanno aggiunti ai 3.800, tra dirigenti e iscritti alla CUT (Central Única dos Trabalhadores), assassinati negli ultimi 15 anni: un'ecatombe.
Oltre il 70% delle uccisioni e le minacce contro gli attivisti sindacali si sono verificate nel corso di trattative sindacali e in seguito a rivendicazioni sindacali. Gran parte delle vittime erano iscritte al Sinaltrainal uno dei più grandi sindacati del settore alimentare aderente alla CUT, che raccoglie molti dei dipendenti della Panamco-Coca Cola, che si occupa dell'imbottigliamento, e della Cicolat, oggi Nestlé. Presi particolarmente di mira sono anche i dirigenti delle confederazioni sindacali, quelli coinvolti direttamente nelle trattative, quelli di enti pubblici impegnati in campagne anti-privatizzazioni (sanità e scuola comprese), ed anche sindacalisti di settori strategici per l'economia della Colombia, come quello dell'industria petrolifera.
In Colombia esistono circa 20 impianti di imbottigliamento della Coca Cola, 17 dei quali appartengono alla Panamco Colombia S.A. Il Sinaltrainal, che a causa soprattutto del terrore diffuso dai paramilitari ha perso migliaia di iscritti passando negli ultimi dieci anni da 5400 a 2300 tesserati, sin dall'inizio ha puntato il dito contro i produttori della frizzante e colorata bibita famosa in tutto il mondo. Questi, mal tollerando il tavolo delle trattative come strumento per la soluzione dei naturali contrasti aziendali, e approfittando di uno Stato che si fa fatica a chiamarlo "di diritto", avrebbero deciso di ripiegare sui metodi violenti praticati, però, da bande armate appositamente assoldate (tanto per avere le mani pulite).
"All'interno delle fabbriche - denuncia il Sinaltrainal - gli operai vivono in un clima di repressione, controllati a vista da videocamere e personale armato. E' sufficiente partecipare a una riunione sindacale per ricevere una notifica di licenziamento e, se il lavoratore la impugna, è costretto a fare i conti direttamente con le minacce dei capi della sicurezza".
Il dato agghiacciante è che secondo un rapporto del Dipartimento di Stato USA, nessuno è stato mai processato o condannato per i quasi 400 omicidi di sindacalisti colombiani avvenuti tra il 2001 e il 2003, né per i pestaggi avvenuti negli stessi impianti d'imbottigliamento o nelle abitazioni dei lavoratori. "L'impunità nei casi di violazione dei diritti umani è praticamente garantita - denuncia Amnesty International in un suo rapporto - complice il Governo con a capo il presidente Alvaro Uribe Vélez".
L'unico modo per migliorare le attuali condizioni di sicurezza e assicurare la piena attuazione delle risoluzioni ONU sui diritti umani, afferma Amnesty, è fare in modo che la Conferenza Internazionale sul Lavoro del 19 giugno 2004 deliberi un monitoraggio ravvicinato della crisi riguardante la violazione dei diritti dei sindacalisti colombiani.