Europa dell'est
Una nazione divisa a metà
In Ucraina è in atto una rivoluzione di "velluto". E si guarda con speranza all'Europa
È divisa esattamente a metà oggi l'Ucraina: non solo perché il fiume Dnipro la taglia da nord a sud, scorrendo su una delle regioni più fertili d'Europa, ma perché i risultati delle ultime elezioni l'hanno portata a un passo dalla divisione in due regioni contrapposte: quella di Yushchenko, l'ex primo ministro riformista, che aveva salvato il paese dalla bancarotta economica, capo del partito di opposizione "Ucraina nostra", e quella di Yanukovych, decisionista e rude primo ministro in carica, più a suo agio con la lingua russa che con quella ucraina, sostenuto da Putin che, sperando forse di dare una spinta agli eventi della storia, non ha perso tempo a riconoscerne la vittoria elettorale.
Eppure è proprio su quest'ultima elezione che si gioca il futuro e il destino dell'Ucraina.
La sua posizione geografica, la sua cultura, la storia che ha segnato drammaticamente il suo popolo, spingono l'Ucraina a guardare con speranza e fiducia all'Europa. Un atteggiamento che preoccupa, e non poco, la Russia: rapporti economici e culturali saldi e intensi con l'Europa farebbero scivolare il paese inesorabilmente - e neanche tanto lentamente - fuori del controllo della Russia, con possibili gravi contraccolpi anche per le altre nazioni ancora sotto la sua influenza. "Re Putin" rischia di vedere sfaldarsi in poco tempo l'impero russo che sta cercando di mantenere compatto.
La rivoluzione dei nastri arancione ha tenuto l'Europa con il fiato sospeso. Si è temuta una guerra civile che alla fine non c'è stata: i due contendenti Yanukovych - contestatissimo vincitore in odore di brogli elettorali - e Yushchenko - sostenuto per giorni nelle piazze, nonostante il gelo, da quelli che come lui non hanno accettato la sconfitta e in lui vedono una reale possibilità di riscatto del paese -, hanno deciso che non sarebbero ricorsi alla violenza.
Una nuova rivoluzione di velluto che ha messo fuori gioco, per ora, Putin e la Russia.
Se è vero che la storia si costruisce a partire da eventi che vengono da lontano e che gli atti simbolici hanno spesso una grande forza trainante, per capire verso quale destino è avviata l'Ucraina vale qui la pena di ricordare almeno due eventi. Nei giorni dell'opposizione nelle piazze Lech Walesa, l'elettricista sindacalista di Solidarnosh, premio Nobel per la pace, che ha guidato la Polonia verso la libertà, è accolto in Ucraina con un'ovazione: è l'Europa che ha inviato Walesa e lui è arrivato come inviato dell'Osce (Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa) per mediare con ambedue i contendenti ed evitare il conflitto; la sua proposta, il disconoscimento dei risultati elettorali da entrambe le parti, sarà proprio quella che sbloccherà la situazione. Ma, soprattutto, vale la pena di ricordare la visita che il Papa ha fatto a quella nazione quando, il 27 giugno del 2001, davanti a una folla immensa ha consacrato beati 28 martiri della chiesa greco-cattolica, tutti tranne uno uccisi in Ucraina durante la dittatura di Stalin.
Un altro pezzo di impero che si stacca dall'est per unirsi all'occidente e all'Europa? Probabilmente, anche se il distacco, come è già accaduto per altri paesi dell'ex-URSS, non sarà né semplice né indolore.