L'Iraq alle urne
111 liste, 7mila candidati a livello Nazionale e oltre 19mila a livello provinciale. Sarà stato difficile orientarsi fra tanta abbondanza per gli otto milioni di votanti che, sfidando le minacce di morte, sono andati a votare; il 60% dei 14 milioni aventi diritto al voto.
Non altrettanto entusiasti del voto si sono mostrati gli iracheni residenti all'estero (per loro le urne saranno aperte in 14 paesi): degli oltre un milione che in teoria avevano diritto al voto sono andati a votare solo in 255mila, appena il 25%.
La scheda elettorale era un "lenzuolo" di 90 cm per 60 cm.
Dai primi risultati il vincitore uscito dalle urne sarebbe l'ayatollah Ali Al Sistani, capo del partito Alleanza Irachena Unita. Religioso moderato, ascoltatissimo dal popolo iracheno. Il grande sconfitto sarebbe in questo caso il premier uscente Allawi, a capo di una sua personale lista e in ottimi rapporti con gli USA.
I 275 eletti daranno vita ad una Assemblea Nazionale che nominerà il nuovo governo con poteri legislativi, un presidente e due vice-presidenti. Entro il 15 agosto dovrà essere preparata una bozza di costituzione che sarà poi sottoposta a referendum entro l'ottobre 2005.
Discorso a parte meritano i Curdi. Nel Parlamento siederanno anche i 111 membri del Parlamento autonomo eletti dai Curdi. Nonostante però l'alto numero di loro rappresentanti al governo iracheno e la grande affl
uenza alle urne, i Curdi non hanno affatto rinunciato alla loro aspirazione di formare uno Stato indipendente e autonomo. "È giunto il tempo per i Curdi di riprendersi i loro giacimenti di petrolio, sigillare i valichi delle montagne su a nord e proclamare la propria indipendenza". Sono parole di Karim Agha, leader curdo, fedele alleato degli USA.