Globalizzazione
Cina e Africa
Interessi cinesi nel continente nero. Luci e ombre
L'espansione economica della Cina è divenuta l'argomento più discusso nei summit economico-finanziari tenuti dalle maggiori potenze commerciali. Se da un lato è evidente e scontata la pressione cinese riguardo un suo massiccio ingresso nel mercato europeo, come pure in quello americano, dall'altro può sorprendere l'opera di graduale penetrazione intrapresa dalla Cina per quanto riguarda il territorio africano. Solo fino ad un certo punto, però. Ripercorrendo la storia indietro nel tempo si scopre che fu proprio la Cina il primo vero partner economico dell'Africa, vantando contatti risalenti a circa 3000 anni fa; contatti che furono maggiormente intensificati attorno al sesto secolo d.C. con l'apertura delle rotte marittime.
Il vero interesse nacque però durante la guerra fredda, quando la necessità di conquistare consensi e spazi strategici da opporre a Stati Uniti e URSS, spinse la Repubblica Popolare Cinese a guardare con interesse al terzo mondo. Fu così che a seguito di due visite in Africa (1958 e 1964), l'ambasciatore cinese Chou En Lai rese pubblico il progetto che avrebbe guidato la cooperazione economico-commerciale tra Cina e Africa. Al primo dei suoi otto punti il documento afferma che gli aiuti prestati dalla Cina ai paesi esteri sono mossi da principi di equità e mutuo beneficio. Gli aiuti - precisa il documento - non sono regali, ma prestiti dagli interessi trascurabili se non addirittura nulli. Si sottolinea l'intenzione della Cina di non trarre benefici dalla posizione di creditore nei confronti dei paesi aiutati, e si garantisce il pieno rispetto delle sovranità nazionali di ogni singolo Paese.
Alle parole seguirono i fatti: squadre di ingegneri cinesi avviarono e guidarono opere di costruzione di strade, ospedali, ferrovie (Tanzania) e porti (Mauritania). Vennero intensificati gli scambi culturali e i rapporti diplomatici. Scopo: favorire l'apprendimento sul posto dei principi e delle regole che guidavano l'economia cinese. Borse di studio destinate a ragazzi africani garantivano corsi intensivi di Mandarino (la lingua ufficiale cinese) accanto a lezioni di materie tecnico-scientifiche e ingegneristiche.
La Cina ha investito molte risorse anche in iniziative atte a migliorare la qualità della vita della popolazione africana. Dal 1963 sono stati circa 15.000 i medici cinesi che hanno curato almeno 180 milioni di casi di HIV, in 47 diversi paesi africani. In collaborazione con la FAO la Cina ha promosso una campagna contro la povertà rurale e in favore della sicurezza alimentare: un gruppo di agronomi cinesi insegna alla gente del posto come gestire le risorse idriche, come conservare il cibo in maniera igienica e come prevenire le malattie del bestiame.
Un rapporto di collaborazione che è solo apparentemente senza problemi. Una parte della popolazione africana, infatti, in particolare quella con istruzione medio-alta, vede in tutto ciò un tentativo di colonizzazione da parte della Cina, che differisce da quello attuato in passato dalle potenze europee solo perché è più graduale e, quindi, meno traumatizzante. Aumenta infatti il numero di coloro vedono nell'interesse della Repubblica Popolare Cinese per l'Africa un malcelato interesse, invece, per le risorse di cui l'Africa è ricca, ma che non può e non riesce a sfruttare. Come il cotone - "l'oro bianco" - la cui produzione mondiale è garantita per il 20% proprio dal "continente nero". Oppure come il petrolio, di cui la Cina è il secondo consumatore al mondo, necessario per sostenere la sua espansione prodigiosa. In Africa la Cina risulta essere a capo di una sorta di monopolio relativo alle attività di raccolta e commercio della frutta. Un primato denso di ombre perché alcune aziende cinesi trapiantate in Africa sono accusate di operare nei confronti dei lavoratori africani una pesante politica di negazione dei diritti.