Editoriale
Le radici dell'Europa
Il referendum del 29 Maggio in Francia sul Trattato di Costituzione Europea voluto da Chirac rischia di risolversi in un fallimento. Nel Paese a tutt'oggi è maggioritario il fronte del "No". Se questo dovesse prevalere anche a fine Maggio il referendum potrebbe risolversi in un boomerang contro la Francia stessa, più che contro l'Europa. È quanto Chirac cerca di far capire, soprattutto ai giovani francesi con i quali sta tenendo numerosi incontri.
Il "no" al Trattato che i francesi sarebbero in procinto di dare sono motivati dalla difficile situazione economica e dalla paura di perdere la propria identità, specie dopo l'apertura ai Paesi dell'Est e la possibile e controversa apertura alla Turchia. Anche in Italia, come in altri Paesi, un "no" al Trattato da parte francese potrebbe far sorgere più di un problema, anche se da noi il passaggio avverrà (prudentemente) solo in Parlamento. Un passaggio sul quale peserà, e non poco, il mancato riferimento nel Preambolo del Trattato costituzionale alle "radici" cristiane dell'Europa.
Ricordiamo che quella che si andrà ad approvare, o a respingere, diventerà a tutti gli effetti la Costituzione Europea (il patto cioè in cui si riconoscono i popoli che fanno parte dell'Unione Europea) solo dopo che tutti i Paesi dell'Unione l'avranno approvata. Solo allora essa sarà vincolante, e solo allora l'Unione Europea diventerà una entità politica unitaria a tutti gli effetti.
Il passaggio è, quindi, della massima importanza perché è su questo passaggio che l'Europa potrà dirsi incontestabilmente fondata. Si tratta però, come si vede, di un passaggio particolarmente problematico.
Il delicato e complesso edificio che con tanti sforzi si è venuto costruendo a partire dalla fine della seconda guerra mondiale, rischia di essere messo in serio pericolo da un "no" generalizzato alla Costituzione che dovrebbe, invece, costituirne il cemento. È un'eventualità che si vorrebbe evitare ma è, purtroppo, una possibilità reale.
La ricerca, allora, delle "radici" diventa l'unica alternativa alla negazione di un'Europa "casa comune" che si risolverebbe nel caos.
Non è detto però che le radici comuni sulle quali costruire questa entità sociale e politica che si chiama Europa siano consapevolmente e chiaramente accolte dalla maggioranza degli europei. In altre parole, non è necessario sottoporre a referendum popolare una lista più o meno formale di dichiarazioni che spiegano la natura di queste "radici comuni". Non è necessario. E sarebbe di per sé persino inutile, e probabilmente controproducente, perché la percezione che ciascuno ha del suo essere "europeo" assume variazioni e sfumature infinite. Esiste infatti in Europa un patrimonio culturale e spirituale e una memoria storica non riconducibili a nessuna facile unità.
In qualche modo, come accadde per i "padri storici", l'Europa, più che una realtà effettuale, è una "fede". L'unità vera, allora, sta nella condivisione di questa fede, più che nella adesione formale ad una carta costituzionale e nella partecipazione ad una struttura politico-amministrativa comune. È solo su questa fede - che si traduce in speranza, e che si manifesta in mille modi diversi - che è possibile costruire una Unione Europea solidamente fondata e capace di durare nel tempo.
È a questo punto che rientrano in gioco le radici cristiane.
Esistono innegabili e profondi legami fra Cristianesimo ed Europa, troppo profondi perché si possa esaurirli in una formuletta, sia pure posta all'inizio di un testo costituzionale, che è frutto di mille compromessi. Afferma Roland Minnerath dell'Università di Strasburgo: "Non ci si deve illudere: la società multiculturale non potrà sussistere senza l'interiorizzazione dei valori morali che il cristianesimo le ha trasmesso. E ne siamo lontani." Lontani sì, ma non smarriti. Perché, come ebbe a dire l'allora Cardinale Ratzinger, "Proprio la multiculturalità ci chiama a rientrare nuovamente in noi stessi. Come andranno le cose in Europa in futuro non lo sappiamo. La Carta dei diritti fondamentali può essere un primo passo, un segno che l'Europa cerca nuovamente in maniera cosciente la sua anima. In questo bisogna dare ragione a Toynbee, che il destino di una società dipende sempre da minoranze creative. I cristiani credenti dovrebbero concepire se stessi come una tale minoranza creativa e contribuire a che l'Europa riacquisti il meglio della sua eredità e sia così a servizio dell'intera umanità."