Pubblicato su politicadomani Num 54 - Gennaio 2006

Il mito che diviene costume
Babbo Coca-Natale
La Coca-Cola si appropria dell'immagine di Babbo Natale e lo rende fenomeno pop

di Bruno Ceccarini

Portare doni nel periodo natalizio è una tradizione molto antica, che risale al culto di S. Nicola, vescovo della città di Myra in Turchia. I festeggiamenti presto si diffusero in Italia, dove i bambini ricevevano i propri doni il 6 Dicembre, così come in alcune nazioni dell'Europa del Nord e in Olanda dove il santo era chiamato Sinter Klass. Quando le comunità Olandesi emigrarono in America portarono con loro questa festa che piacque molto ai coloni Inglesi del nuovo mondo, e fu così che Sinter Klass divenne Santa Claus.
Negli States Santa Claus ebbe un rapido ed enorme successo: nel 1931, Haddon Sundblom, illustratore svedese-americano, disegnò il Babbo Natale che oggi conosciamo. Sundblom si vide infatti commissionata dalla Coca-Cola Company una serie di pubblicità il cui protagonista fosse appunto il barbuto Santa Claus, che da quel momento smise la sua antica tenuta verde per indossare i colori sociali del suo nuovo datore di lavoro: il bianco e rosso, appunto.
La Coca-Cola, non poteva utilizzare per le proprie pubblicità immagini di bambini nell'atto di bere il prodotto, a causa della caffeina in esso contenuta. Ovviò allora al problema di come attirare i consumatori più giovani scegliendo come testimonial colui che avrebbe reso felici i bambini e i grandi di tutto il mondo.
Negli Stati Uniti, che furono i primi ad intuire le potenzialità pubblicitarie di un prodotto rivolto ai bambini, la campagna ottenne un successo straordinario. Quello di Santa Clauss fu il primo esperimento riuscito nella creazione di un mercato di consumo rivolto ai bambini.
Subito dopo la seconda guerra mondiale, Santa Claus arrivò, su una slitta trainata da renne volanti, nell'Europa occidentale portando in dono l'intera "American way of life". In questo modo le tradizioni dello scambiarsi i doni, diverse da nazione a nazione, vennero tutte equiparate al nuovo modello americano con il rubicondo ridanciano vestito di bianco e rosso come assoluto protagonista.
Non intendiamo certamente demonizzare un innocuo personaggio di fantasia. Quello che ci chiediamo è quanto sia moralmente giusto continuare a perpetuare una ricorrenza in cui i bambini in tutto il mondo attendono con trepidazione la visita dello sponsor di una multinazionale, su cui pesano gravi accuse di non rispettare i diritti umani e di esercitare forme di coercizione violenta contro i propri lavoratori sindacalizzati, specie nel Sud America. Invece di celebrare la ricorrenza con miliardi di uomini (e di dollari) che impazziscono tra renne volanti, caminetti, luci, alberi e stelle comete, sarebbe assai più corretto, dal nostro punto di vista, che si tornasse alle antiche tradizioni, e che almeno il periodo natalizio possa essere dedicato a tutti coloro che di aiuto hanno veramente bisogno. Occorrerebbe piuttosto boicottare le strategie di marketing delle grandi corporazioni che, come sempre, si avvalgono dei simboli più attraenti per instillare nei consumatori i loro bisogni indotti.
L'aspetto preminente del Natale che dovrebbe rappresentare un momento di pace e di fratellanza è oggi legato, per la stragrande maggioranza delle persone, più che alla nascita del Cristo Redentore, all'avvento del panciuto portatore di doni. L'uso strumentale che di Babbo Natale si è fatto per trasformare questa festa in un orgia consumistica consiglierebbe un moderato uso di questa figura e, possibilmente, alla lunga, la sua scomparsa.

 

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