Woody Allen, intellettuale moderno tormentato da dubbi e angosce, è un moralista che non fa morale, anzi costringe lo spetatore a farsi continuamente delle domande
di Luca Di Giovanni
"Match Point", l'ultima fatica cinematografica di Woody Allen, ha stupito critica e (soprattutto) pubblico per l'apparente distanza con il resto della sua produzione. Un film molto diverso dagli standard a cui il metodico regista ci aveva abituati, lui che regolarmente dal 1969 sforna un film all'anno, lui regista di piccole commedie che sembrano congegni a orologeria (che non durano mai più novanta minuti), lui che ambienta i suoi film nella nevrotica Manhattan popolata da borghesi logorroici e ipocondriaci, di cui quasi sempre è stato lui stesso, con la sua maschera comica inconfondibile, a regalarci ritratti indimenticabili.
In "Match Point" il maestro Allen, ormai settantenne, sposta la sua storia negli ambienti esclusivi dell'alta borghesia londinese, e tra un raffinato tennis club e un ufficio dell'alta finanza ci racconta una storia di passioni, tradimenti, intrighi e menzogne. Ebbene ecco la novità sconvolgente: Woody Allen ha rinunciato all'umorismo e alle battute, e ha puntato all'atmosfera, alla tensione, alla suspence, confezionando un thriller coi fiocchi, tanto che qualcuno ha scomodato addirittura Hitchcock! In realtà nelle oltre due ore di intreccio (altra novità assoluta nella sua filmografia) ci troviamo davanti ad alcuni dei temi più cari al regista: la fortuna, il caso che domina le esistenze degli uomini, sempre più simili ad anime che vagano in pena in un mondo freddo e indifferente, in una società spietata dove il denaro è l'unica forma di comunicazione; il matrimonio come tomba dell'amore, e la disgregazione e l'ipocrisia alla base della famiglia moderna, irrimediabilmente corrotta dall'egoismo dei componenti; il senso di disperata solitudine che alberga in fondo ad ogni uomo, la mancanza di certezze e di valori profondi di chi si trova a vivere in un'epoca senza Fede.
Il film segue da vicino le gesta di un personaggio a cui difficilmente ci si può affezionare, un mancato campione di tennis che, partito dal basso, dimentica ben presto le sue umili origini ambientandosi perfettamente nell'alta società londinese, un perfetto arrampicatore sociale che sceglie tutte le soluzioni più facili per arrivare dove vuole (il tema è molto attuale: un self-made man che non si fa propriamente "da solo"), un uomo vigliacco e bugiardo che per difendere ciò che ha non esita a compiere gesti estremi (nella magistrale svolta noir dell'ultima mezz'ora…).
Per parlarci di un'umanità senza più morale, dove i valori più importanti come l'amicizia e l'amore sono irrimediabilmente ipocriti e superficiali, sacrificati sull'altare della convenienza e dell'arrivismo Allen ci racconta un'ordinaria storia d'amore e tradimenti, un triangolo sentimentale che inizia per noia, quasi per sfida, e si trasforma in un incubo che risucchia tutti i personaggi, prendendo una piega imprevedibile come una partita di tennis (molto azzeccata la trovata di raccontare il gioco del tennis come fosse metafora di vita, un omaggio cinefilo del regista ad un classico di Hitchcock, "L'altro uomo").
Woody Allen è un moralista ma non fa la morale, anzi costringe continuamente lo spettatore a farsi delle domande, seguendo il protagonista così da vicino che talvolta viene voglia di fare il tifo per lui. Il suo giudizio è implicito, la sua condanna è totale, il suo verdetto è definitivo: non c'è salvezza per nessuno, neanche per chi si salva, in uno splendido finale che ribalta tutti i luoghi comuni di un thriller con un colpo di coda davvero notevole.
E' un film amaro, cinico e senza redenzione "Match Point", la summa del pensiero filosofico di Woody Allen, intellettuale moderno tormentato da dubbi e angosce (c'è un omaggio esplicito al maestro Dostojevski), ateo che non ha mai smesso di farsi domande su Dio, marito disastroso che non ha mai smesso di sposarsi, pessimo musicista (per sua stessa ammissione) che non ha mai smesso di suonare il suo clarinetto, piccolo regista di commedie che non ha ancora smesso di fare capolavori.
Gli aforismi di Woody
- Quand'ero piccolo i miei genitori hanno cambiato casa una decina di volte. Ma io sono sempre riuscito a trovarli.
- Provo un intenso desiderio di tornare nell'utero... di chiunque.
- Senza le mie sedici ore di sonno sono un grande invalido.
- Ho smesso di fumare. Vivrò una settimana di più e in quella settimana pioverà a dirotto.
- Che cos'è "bianco-nero-bianco-nero-bianco-nero-bianco-nero-bianco"? Una suora che ruzzola dagli scalini.
- Mia moglie si è presa la casa, la macchina, il conto in banca, e se mi sposerò di nuovo e avrò dei figli, si prenderà anche loro.
- Fu in parte per colpa mia se divorziammo... Tendevo a mettere mia moglie sotto un piedistallo.
- Non è che io abbia paura di morire, è solo che non voglio esserci quando succederà.
- Non mi interessa vivere nel cuore degli americani: preferisco vivere nel mio appartamento.
- Il pettegolezzo è come fumare sigarette e mangiare würstel: piacevole ma poco salutare.
- La psicanalisi è un mito tenuto vivo dall'industria dei divani.
- Il sesso è stata la cosa più divertente che ho fatto senza ridere.
- Il sesso senza amore è un'esperienza vuota." "Si, ma con le esperienze che girano non è male."
- Ogni volta, quando un mio film ha successo, mi chiedo: come ho fatto a fregarli ancora?
- L'umanità si trova oggi ad un bivio. Una via conduce alla disperazione, l'altra all'estinzione totale. Speriamo di avere la saggezza di scegliere bene.
- L' unico dispiacere della mia vita è che non sono qualcun altro.
- Nixon era un bravo presidente, però quando usciva dalla Casa Bianca il servizio d'ordine contava l'argenteria.
- La vita è sostanzialmente tragica: ma qualche volta riesce ad essere meravigliosa.