Fabio Antonilli
Nelle ultime settimane si sono intensificate le notizie di italiani rapiti in Venezuela. L'ultimo caso è dell'imprenditore Rocco Minicucci sequestrato nella regione di San Fernando de Apure. Lo studente Renzo Botti, vittima anche lui di un sequestro, è stato liberato dopo 550 giorni di prigionia. La stessa fortunata sorte è toccata a Giorgina Frigo, liberata nel gennaio scorso. Tragica è invece la fine di Giorgio Vassallo, trovato morto il 15 febbraio scorso, dopo appena una settimana dal sequestro.
Dal 2000 ad oggi, su 300.000 venezuelani con passaporto italiano e 2 milioni di origine italiana, si contano 55 casi di italiani ancora in mano ai loro sequestratori.
Si sa, gli italiani sono una ghiotta "preda" perché gravitano per lo più nel mondo degli affari o della produzione agricola. È difficile trovare italiani dipendenti nelle fazendas.
Probabilmente nei sequestri sono implicate proprio le FARC della confinante Colombia. Queste andrebbero a caccia di cospicui riscatti per finanziare la loro guerriglia. Il sequestro di persona, da queste parti, è uno dei modi migliori e sicuri per fare soldi. Se si aggiunge poi che non esiste alcuna legislazione che faccia da deterrente - come ad esempio il blocco dei beni, introdotto in Italia da una ventina di anni - si comprende come il fenomeno sia diventato una vera e propria piaga.