di Bruno Ceccarini
(inviato in Argentina)
Ushi: al fondo, Waia: baia. Baia al fondo, alla fine. È così che gli indiani Yamanas chiamavano il loro mondo là nella Terra del Fuoco. Ultima città prima del Polo Sud, luogo di frontiera magico. La "fine del mondo" è stata per me l'inizio di un viaggio nel quale ho risalito la Patagonia argentina. Oltre tremila Km fino a Buenos Aires. Nel mio soggiorno ad Ushuaia ho incontrato Leonardo Lupiano, architetto testimone della storia recente di questa città unica. Da circa trent'anni egli vive e lavora lì occupandosi della conservazione del patrimonio storico ed architettonico.
Le coste dell'attuale canale di Beagle, su cui sorge la città, erano abitate fin dal 4100 a.C. dagli indiani Yamanas, popolazione seminomade dedita alla pesca. Unica testimonianza umana su una terra ritenuta inospitale fino al 1869, quando il pastore inglese Thomas Bridge fonda il primo insediamento, sorto intorno alla missione Anglicana. Gli europei vi si stabilizzano su concessione del governo argentino. È necessario popolare in qualche modo la Terra del Fuoco di gente che riconosca nell'Argentina il proprio Stato. Questo poiché il vicino Cile comincia a rivendicare diritti su una terra praticamente disabitata divisa a metà tra le due nazioni. L'interesse dei due Stati sulla proprietà di questa zona era ed è tuttora strategico: iniziava allora, intorno alla fine dell'ottocento, l'esplorazione del continente Antartico. Per queste spedizioni il canale di Beagle è un ottimo punto di partenza e la costruzione di un porto e di un faro per la navigazione garantisce ai proprietari sicuri guadagni. La possibilità di lavorare a tale progetto porta argentini ed emigranti da altre nazioni a trasferirsi nella zona. Il 12 Ottobre 1884 il commodoro Augusto Laserre fonda il secondo insediamento e lo chiama, appunto, Ushuaia. Come sempre, l'arrivo degli stranieri provoca il totale stravolgimento della vita degli indigeni e la loro scomparsa per malattie che non conoscevano come la tubercolosi e la sifilide.
Divenuta crocevia fondamentale per le spedizioni di ricerca nel Polo Sud, Ushuaia è ancora poco più di un avamposto disabitato. Finché, nel 1902, si decide di cominciare i lavori per la costruzione di quello che sarà il principale volano per lo sviluppo della città: il carcere nazionale. La colonia penale, pensata per ospitare i criminali recidivi e quelli ritenuti più pericolosi, viene inaugurata nel 1911. La presenza del carcere incentiva lo sviluppo urbanistico e commerciale della città, viene infatti affidata ai detenuti la costruzione dei primi edifici e delle prime infrastrutture. Arrivano in questo periodo ad Ushuaia molti europei soprattutto dalla Spagna, dalla Croazia e dalla Lituania.
Nel 1947 Peròn decide la chiusura del carcere, il governo argentino non vuole rischiare però che la piccola città sorta intorno ad esso venga nuovamente abbandonata. Stanzia allora fondi per imprese edili disposte a costruire lì, alla fine del mondo, case, infrastrutture e complessi industriali. L'invito viene raccolto da Carlo Borsari, un imprenditore di Bologna. Tra il '48 e il '49 oltre duemila italiani sbarcano ad Ushuaia. Arrivano prima gli uomini in 650, sulla nave "Genova". Il bastimento attracca il 28 ottobre 1948 e a bordo, oltre ad operai e maestranze, ha macchinari e materiali edili. La seconda nave, con le donne e i bambini, arriva il 6 settembre 1949 dopo che gli uomini hanno tirato su le case. I nuovi arrivati si ambientano in maniera piuttosto rapida. A quelli provenienti dal Nord le montagne alle spalle di Ushuaia ricordano probabilmente le Alpi, per tutti la nuova terra significa un futuro migliore per sé e per i propri figli. E così, onorato il contratto con Borsari, in molti decidono di stabilirsi definitivamente in questa città che ormai hanno imparato a chiamare casa. Un fenomeno di migrazione di massa unico al mondo. Grazie soprattutto al lavoro degli italiani Ushuaia è cresciuta e si è popolata.
La decisione di puntare sullo sviluppo industriale e, soprattutto, gli sgravi fiscali decisi dai vari governi argentini hanno fatto sì che l'onda migratoria, sia interna che estera, non conoscesse soste. In venti anni, dal 1970 al 1990, la popolazione di Ushuaia è aumentata del 600%.
Lo spostamento verso la "fine del mondo" non sembra arrestarsi neanche oggi che la maggior parte degli impianti industriali ha chiuso i battenti: dal settembre al novembre 2005 sono arrivati in città 3500 nuovi abitanti. La città è in continua crescita e c'è bisogno di personale per i pescherecci, di operai per i cantieri edili che continuano a spuntare numerosi. Con l'aumento esponenziale del numero di bambini e di ragazzi si è alzata anche la domanda di insegnanti di primo e di secondo livello. Nella stagione estiva poi, da dicembre a marzo, la Terra del Fuoco e Ushuaia sono meta di migliaia di turisti, che portano ulteriore occupazione e ricchezza. Tutto ciò fa di questa regione un'eccezione nel panorama dell'economia argentina. È però uno sviluppo incontrollato, sottolinea Leonardo Lupiano. La periferia della città di Ushuaia sta crescendo a dismisura e c'è il rischio di uno snaturamento della zona sia dal punto di vista architettonico che sociale. Per i suoi cittadini, in gran parte immigrati o figli di immigrati, non esiste uno spirito di appartenenza, sono, di fatto, stranieri in casa propria. Uno stato d'animo che si traduce in incapacità ad aprirsi e a mettersi in gioco al servizio della comunità e si manifesta in forme di egoismo e di chiusura.
È al superamento di questa tendenza che dedica il proprio lavoro l'architetto Lupiano. Perchè il motto della città, "Esta no es la fin del mundo. Es el principio de la vida", scritto a caratteri cubitali di fronte al porto, possa essere qualcosa in più di una frase ad effetto per i turisti.
La geopolitica
Ushuaia è l'ultima città prima del continente Antartico. Essa è situata al margine meridionale della Terra del Fuoco; alle sue spalle svettano imponenti catene montuose, le ultime propaggini della cordigliera delle Ande, che raggiungono i 1500 metri e si specchiano nella baia della città, di fronte al punto in cui l'Oceano Atlantico e quello Pacifico si incontrano.
In questa che è, per definizione ma anche per chiari motivi geografici, la "città alla fine del mondo" vive oggi una popolazione di circa 60000 abitanti, tutti discendenti delle molteplici ondate migratorie che hanno riguardato la zona. Ushuaia si caratterizza per le sue piccole costruzioni in lamiera e legno, simili a quelle presenti in Lapponia, che occupano un'area sempre crescente intorno ad Avenida San Martin, la via principale sede di numerosi alberghi ed esercizi commerciali.
La Terra del Fuoco occupa una superficie di poco inferiore a quella dell'Irlanda e confina per il 70% con il Cile. Il primo europeo ad avvistare le sue coste fu, intorno al 1540, Magellano il quale, notando le numerose colonne di fumo che si innalzavano da terra, nei sui diari denominò quella zona "Tierra del Humo", Terra del Fumo appunto. Fu poi l'imperatore Carlo V che le diede il nome che porta ancora oggi, trovandolo più affascinante e come logica conseguenza del fatto che non può esserci fumo senza fuoco.
Come la Patagonia, di cui rappresenta un'appendice ideale, questa zona dell'Argentina - la parte in cui questo immenso stato si restringe affusolandosi verso il Polo Sud - è una zona di frontiera a bassa densità di popolazione le cui sterminate pianure sono divise in enormi "estancias", aziende agricole la cui maggior occupazione è rappresentata dall'allevamento di ovini e bovini.
I Fondatori
È a forma di stella a due piani, con un grande salone centrale e cinque bracci l'ex carcere di Ushuaia la più importante struttura della città. 380 celle per altrettanti detenuti considerati pericolosi ed irrecuperabili. La fortezza era completamente isolata, circondata da un enorme mare di ghiacci, dalle montagne a picco sull'oceano e da secolari foreste.
L'istituto di pena è diventato un museo. Nelle celle, intatte, ci sono ora le statue di cera dei detenuti più famosi. C'è Simon Radowitzki, l'anarchico che uccise il colonnello Falcon, responsabile di avere represso nel sangue le manifestazioni dei lavoratori a Buenos Aires durante la festa del 1° Maggio del 1909. C'è anche Gaetano Godino, figlio di italiani emigrati da Genova, il primo serial killer del Sud America che nel 1912 a Buenos Aires aveva strangolato alcuni bambini. Godino fu poi linciato nel carcere dagli altri detenuti.
Foto d'epoca mostrano la condizione dei prigionieri: ceppi, catene, l'enorme palla di ferro legata al piede. I detenuti sono ritratti sulle banchine legati fra loro con grosse catene (molti di loro morirono semplicemente cadendo in mare); coperti solo da leggeri pigiami a strisce stanno in fila, con la gamella del rancio; oppure cercano di scaldarsi ammassati attorno a una stufa. Altre foto li ritraggono ai lavori forzati: nella foresta a tagliare alberi per farne legname e con quello costruire le nuove ali del penitenziario, le prime case della città e la linea ferroviaria.
Ushuaia è nata grazie al lavoro di questi detenuti ai quali era solo concesso di scegliere fra le inumane condizioni di lavoro o la reclusione in celle di isolamento di quaranta centimetri per un metro d'altezza. Finché Peròn, nel 1947, decise di chiudere l'istituto.