di Alberto Foresi
Rispetto alle altre religioni del Libro - Ebraismo e Islam - nonché alla complessa realtà protestante, il Cattolicesimo presenta peculiarità tali da rendere difficili la nascita e lo sviluppo al suo interno di componenti fondamentaliste. Nel Cattolicesimo non c'è la centralità del Libro sacro e il messaggio in esso contenuto è interpretato e comunicato ai fedeli tramite l'autorità del magistero della Chiesa romana. Cioè da un corpo di specialisti legittimato al suo vertice da un'autorità - il papato - che in materia di fede, fino al Concilio Vaticano II si è ritenuta infallibile, depositaria e custode della verità tramandata. Posizione parzialmente modificata in seguito al Concilio che ha ricollocato la Verità biblica rivelata al centro della vita spirituale dei credenti e riequilibrato il potere papale con quello di un organismo collegiale: il sinodo dei vescovi.
Proprio il ruolo centrale della Chiesa di Roma ha impedito il sorgere di un vero e proprio fondamentalismo eterodosso. All'interno dell'ecumene cattolica si segnala piuttosto una corrente integrista, le cui origini risalgono al XIX secolo. È la risposta ad un modello emergente di società che si veniva affermando in continuità con gli ideali illuministici concretizzatisi con la Rivoluzione francese.
Di fronte alla frattura operatasi tra la Chiesa e una società spesso atea e anticlericale, che si organizza come se Dio non esistesse, nacque il cosiddetto "integrismo cattolico" con l'obiettivo di rifondare su basi cattoliche la società. Questo progetto si attuò lungo due direttive, apparentemente antitetiche ma, in realtà, convergenti. Da una parte, nel periodo immediatamente successivo alla Rivoluzione francese, il tentativo controrivoluzionario di riaffermare il potere teocratico della Sede romana, come fu teorizzato dal De Maistre. Dall'altra, nella seconda metà del XIX secolo, preso atto dell'ineluttabilità delle nuove istanze politiche e sociali, il sostegno dato ad associazioni, organizzazioni sindacali e partiti politici che avevano come obiettivo ricostruire su fondamenta religiose la struttura della società non in modo coercitivo bensì tentando di conciliare il disagio sociale con lo spirito religioso. Sono gli anni in cui cominciano a diffondersi in Europa le prime idee di matrice socialista. Di fronte alle quali la Chiesa, riconoscendo implicitamente la validità delle critiche allora rivolte ad un sistema produttivo basato sullo sfruttamento delle classi più deboli, elabora una propria soluzione - siamo agli albori della Dottrina sociale della Chiesa - mirante sia a ricomporre lo scontro sociale, sia ad evitare la deriva rivoluzionaria di masse potenzialmente ancora legate alla tradizione cattolica. Le due tendenze concorrono a determinare il fenomeno solitamente definito "integrismo", cioè una mediazione culturale e politica tra la rivelazione religiosa e le sue applicazioni in ambito storico e sociale, mediazione che viene garantita nella sua ortodossia dall'autorità carismatica del papa. Proprio il tentativo di applicare alla realtà produttiva capitalistica i principi sociali cattolici costituisce l'aspetto più significativo e potenzialmente più proficuo della corrente integrista, mirando a trovare un valido compromesso tra le istanze delle classi lavoratrici, conculcate oltre ogni misura, e gli interessi della borghesia imprenditoriale. Tale tentativo tuttavia fallì, prima di tutto per la miopia dimostrata dalla borghesia, irrigiditasi, tranne qualche rara eccezione - ad esempio Crespi d'Adda o la Olivetti di Ivrea - su posizioni di chiusura di fronte ai cambiamenti in atto nel corpo sociale.
Fondamentalismo
Con questo termine si definisce un tipo di pensiero e di agire religioso secondo il quale il vincolo che tiene unite le persone che vivono in una stessa società non ha altro fondamento se non la religione medesima. Parte integrante del pensiero fondamentalista è l'azione in campo politico che non è una semplice partecipazione attiva alla lotta politica e/o partitica, ma diventa la riaffermazione, di fronte a modelli di società e di stato privi di espliciti riferimenti religiosi, di un modello sociale e statuale che si richiama esclusivamente a Dio e alla religione. In questa prospettiva al centro della vita sociale di un popolo e di una nazione viene posta la religione, concepita quale unità integratrice della cittadinanza e fondamento e memoria storica dello stato. Essenziale è la presenza di un Libro sacro ritenuto immutabile, interpretato dai leader dei vari movimenti fondamentalisti, i quali ritenendo di esserne gli unici corretti esegeti investono se stessi della responsabilità di rifondare su questa Verità rivelata dal Libro tutto l'ordinamento politico e sociale.