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Pubblicato su politicadomani Num 57 - Aprile 2006
Tradizionalismo e fondamentalismo
Lo scisma lefebvriano
Il contrasto, imperniato solo apparentemente sui cambiamenti liturgici, contrappone due modi diversi di vedere la presenza della Chiesa nel mondo
di Alberto Foresi
La rilevanza dei cambiamenti decisi nel Concilio Vaticano II non mancò di suscitare disappunto fra le componenti più conservatrici del mondo cattolico. Già nel corso dei lavori conciliari si erano registrate profonde tensioni tra i fautori del rinnovamento e coloro che percepivano le decisioni dei padri conciliari quale una sorta di resa del cattolicesimo di fronte al mito del progresso e della democrazia. Soprattutto vedevano compromesso il primato del magistero ecclesiastico e il ruolo carismatico del Vescovo di Roma. Al termine del Concilio si organizzarono gruppi di matrice tradizionalista riuniti in buona parte intorno a monsignor Lefebvre, l'esponente più significativo di questo dissenso. Si costituì così nel 1970 - con circa 500 sacerdoti e altrettante comunità parrocchiale più sette seminari - a Ecône, in Svizzera, la "Fraternità Sacerdotale San Pio X", diffusa in molti paesi: Svizzera, Germania, Francia, Stati Uniti, Australia, Argentina e Filippine. Dopo un primo periodo di sostanziale tolleranza da parte di Roma, nel 1974 inizia la reazione della gerarchia cattolica. Nel 1975 una commissione cardinalizia ingiunse a monsignor Lefebvre di non procedere a ulteriori ordinazioni sacerdotali. In seguito alla sua disobbedienza, il vescovo francese fu sospeso a divinis. Tutta la Fraternità Sacerdotale San Pio X entrò così in stato di disubbidienza. Ma non era ancora scisma. Fallito un tentativo di accordo, in seguito alla consacrazione a vescovo di quattro prelati senza l'approvazione di Roma, il 2 luglio 1988, con la lettera apostolica "Ecclesia Dei", Giovanni Paolo II constatò la nascita di un vero e proprio scisma. La Chiesa di Roma concesse però ampia facoltà ai sacerdoti e ai fedeli coinvolti nello scisma di rientrare nella piena comunione con la Chiesa cattolica. Ritornarono in massa. Nonostante le defezioni la Fraternità Sacerdotale San Pio X mantenne e continua a mantenere anche ora, dopo la morte di monsignor Lefebvre, seminari e distretti organizzati, con ce-lebrazione di Messe secondo il rito preconciliare detto di "San Pio V", in numerosi paesi.
Il disagio nei confronti del Concilio Vatica-no II, nell'ambiente lefebvriano, ha il suo centro nella nozione di libertà religiosa. Secondo la Fraternità Sacerdotale San Pio X, dopo il Concilio ecumenico Vaticano II la Chiesa cattolica predicherebbe, attraverso l'idea di libertà religiosa, la tesi secondo cui tutte le religioni sono più o meno uguali, con la conseguenza di un progressivo scivolamento verso il relativismo che porta fuori dalla fede cattolica e dalla stessa nozione naturale di verità. L'ecumenismo e il dialogo interreligioso sono interpretati come ulteriori manifestazioni di relativismo. In questa stessa chiave sono criticati: il codice di diritto canonico del 1983, che non riconoscerebbe più la Chiesa cattolica come l'unica vera Chiesa; la riforma liturgica, in quanto avrebbe lo scopo di sfumare le differenze con il mondo protestante; la politica concordataria della Santa Sede, che non rivendicherebbe più per i cattolici i diritti esclusivi che spettano ai seguaci dell'unica religione vera. Queste obiezioni di fondo al modello di relazioni fra la Chiesa cattolica, la società contemporanea, le altre comunità religiose e i moderni Stati laici trascendono evidentemente le semplici controversie liturgiche, come appare dalla cronistoria degli eventi che hanno portato allo scisma. I "contatti formali" avviati nel 2001 in vista di una riconciliazione fra la Santa Sede e i lefebvriani risultano allo stato attuale ancora fermi a una fase preliminare.
Il movimento facente capo al prelato francese, pur minoritario e non in grado di mettere seriamente in discussione l'unità della Chiesa cattolica, non mancò di riscuotere un certo successo non solo fra il clero più restio al cambiamento, ma anche in ampi strati dei fedeli, spesso membri o simpatizzanti di organizzazioni politiche di estrema destra. Il movimento lefebvriano in senso stretto si presenta più come un fenomeno di neo tradizionalismo piuttosto che come un vero e proprio fondamentalismo. Tematiche fondamentaliste sono tuttavia presenti. In primo luogo l'esaltazione della tradizione, intesa come un patrimonio di fede immutabile. Poi, parallela a questa visione (acritica e fossilizzata) della tradizione, la concezione della Chiesa quale maestra eterna di verità e di civiltà, che non può, pertanto, rivedere i giudizi negativi espressi nei confronti del mondo moderno da numerosi papi precedenti in documenti ufficiali. Le tesi care a monsignor Lefebvre hanno incontrato il favore di alcuni fra i più alti vertici della gerarchia ecclesiastica romana le cui influenze non hanno mancato di farsi sentire.
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