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Pubblicato su politicadomani Num 59/60 - Giu/Lug 2006
Italiani chiamati a decidere sulla Costituzione
Perché votare No
al Referendum
Le modifiche ai 55 articoli della Seconda Parte della nostra Carta vanno rigettate nella sostanza e nel metodo di m.m. 75 esperti, due anni di lavoro, una larghissima maggioranza. È così che è nata la Costituzione del 1948. Allora, alla discussione in Aula, parteciparono 275 deputati con 1090 interventi; sulle questioni più controverse ci furono 26 votazioni per appello nominale e 43 a scrutinio segreto; sui 131 articoli finali furono presentati 1663 emendamenti di cui 292 furono approvati. Il 22 dicembre del 1947 l'Assemblea approvò a scrutinio segreto il testo finale: 453 voti favorevoli e 62 contrari.
Per assistere alla seduta il pubblico aveva fatto la coda per ore davanti a Montecitorio. Dopo la votazione, quando il Presidente Meuccio Ruini proclamò che la Costituzione era stata approvata tutti i deputati in piedi la acclamarono a lungo mentre l'Inno di Mameli risuonava nell'aula. Fuori il campanone del palazzo di Montecitorio cominciò a suonare a distesa e la facciata del palazzo si illuminò.
Una differenza abissale con quella riforma di Costituzione finita di approvare in tutta fretta al termine della scorsa legislatura, con la sola maggioranza di governo e con il voto contrario, oltre che della minoranza, anche di esponenti autorevoli della stessa maggioranza. L'approvazione è avvenuta fra contrasti, disapprovazioni e distinguo, in base a calcoli di opportunità (non mettere in pericolo la tenuta del Governo) e di opportunismo politico. Tutto ciò nel silenzio dei media, saldamente controllati dal Governo in carica.
Scandaloso, poi, il metodo usato: quattro "saggi" scelti dalle segreterie di partito - Andrea Pastore (FI), notaio; Roberto Calderoli (Lega), medico; Domenico Nania (AN) avvocato; Francesco D'Onofrio (UDC), docente universitario - si sono riuniti dal 20 al 23 agosto del 2003 nella baita di Lorenzago nel Cadore per mettere mano alla Seconda Parte della Costituzione. Ne fanno scempio: le modifiche interessano 55 articoli su 83. L'assetto politico e istituzionale del Paese è stravolto. La riforma doveva accontentare sostanzialmente due persone: il leader di FI e capo di Governo Silvio Berlusconi e il leader della Lega Umberto Bossi, e doveva incontrare il favore di Alleanza Nazionale. Dei partiti coinvolti, Forza Italia e Lega sono del tutto estranee alla tradizione italiana impregnata dei valori di solidarietà di cui la Costituzione si fa garante; Alleanza Nazionale è da sempre ostile ai principi sui quali è nata la Repubblica; l'UDC, piegata a diktat superiori, fa il vaso di coccio fra otri di ferro.
Dopo l'approvazione in Consiglio dei Ministri il 16 settembre 2003, la riforma passa in Parlamento.
Questa riforma stravolge l'equilibrio dei poteri, apre la porta a derive autoritarie di stampo populistico, introduce contraddizioni e conflitti di competenza fra potere centrale e Regioni, cancella di fatto il principio dell'uguaglianza per quanto riguarda i diritti fondamentali all'istruzione e alla salute, imbarbarisce la chiarezza e la limpidezza del testo originario con aggiunte, complicazioni, precisazioni e riferimenti incrociati di non facile interpretazione, oscuri e perfino contraddittori. È su questo risultato che siamo chiamati ad esprimerci con il referendum confermativo.
La Costituzione è il patto civile che ha regolato la vita di almeno due generazioni di italiani e ha permesso ad un popolo prostrato di risollevarsi e di diventare la quarta potenza mondiale. Una tale eredità non può essere sprecata. Dove è necessario cambiare occorre farlo con tutte le cautele e con il maggior consenso condiviso e ponderato possibile. Per questo il 25 e 26 giugno sarà quanto mai necessario dire con forza "NO"a questa riforma sbagliata nei modi e nella sostanza.
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