Pubblicato su Politica Domani Num 6 - Giugno 2001
EDITORIALE
DOPO LA BAGARRE
di Maria Mezzina
Finalmente un po' di quiete per qualche
considerazione distaccata dalla passione che una consultazione elettorale
porta inevitabilmente con sé. Chi ha vinto? Il 13 maggio ha vinto certamente
Berlusconi, anche se c'è da sperare che abbia vinto non un uomo solo
ma tutta la coalizione di centro destra. Il 27 maggio ha certamente
vinto il centro sinistra. I voti dispersi al primo turno si sono ricompattati
al ballottaggio sui sindaci del centro sinistra mostrando che il paese
è veramente diviso a metà.
Chi ha perso allora? Hanno perso le donne
la cui presenza in Parlamento è scesa al 9,2%. Ha perso chi non ha potuto
votare il 13 maggio per mancanza di spazi e di tempo (chi non ricorda
il pianto desolato della elettrice di Napoli ripresa dalla TV?). Hanno
perso le liste che non hanno superato il quorum del 4%, le minoranze
che non avranno più voce in Parlamento, e con loro se ne è andata una
fetta di democrazia. Peccato. Ha perso il proporzionale, schiacciato
tra due colossi gonfiati dalla polarizzazione del voto a favore o contro
Berlusconi. È in atto una quiete operosa, palpabile dalle notizie che
filtrano: a destra si lavora per riempite il mosaico di tessere (non
senza la consueta fatica); a sinistra si lavora per creare un grande
partito o una grande coalizione che forse ha bisogno di attendere Prodi
per potersi ricostituire sul serio. Gli altri si leccano le ferite.
Qualcuno che nel transatlantico si sentiva troppo solo si è già consolato
sotto una nuova, larga, accogliente bandiera (azzurra). I primi passi
della coalizione vincente, l'elezione dei Presidenti di Camera (Casini)
e Senato (Pera) sono stati apprezzabili e apprezzati da tutti. Ma i
riflettori sono puntati: gli impegni presi - i famosi cinque punti del
contratto di Berlusconi con gli Italiani - vanno rispettati senza compromettere
né la stabilità del bilancio statale, né quei diritti acquisiti o in
via di acquisizione, lavoro, salute, istruzione, formazione, assistenza,
servizi per tutti, che sono alla base di un paese moderno, presupposti
per un benessere diffuso e garanzie di pace sociale. In questi campi
ognuno, governo e sindaci, dovrà fare la sua parte. Oltre a lavorare
per governare il paese il nuovo governo deve risolvere almeno quattro
grossi problemi che solo apparentemente ci toccano meno da vicino: .
La definizione di una politica internazionale ed europea. Anche se nessuno
dei due schieramenti ne ha fatto parola in campagna elettorale, per
la globalizzazione dei mercati e delle informazioni la politica internazionale
diventa essenziale nella economia e nelle mutazioni sociali e culturali
che stiamo vivendo. . La probabile revisione costituzionale su cui potremmo
giocarci l'assetto del nostro ordinamento statale fatto di delicati
e misuratissimi pesi e contrappesi (seconda parte), ma ancora di più
potremmo mettere a rischio il senso stesso del patto sociale nazionale
intriso di grandi e condiviso valori (prima parte). . La definizione
di una legge elettorale capace di garantire democraticità - e quindi
voce alle minoranze - e governabilità. . La soluzione del conflitto
di interessi del signor Berlusconi che, in quanto capo del Governo,
non può giocarsi la sua credibilità all'interno, né tanto meno la credibilità
del nostro paese all'estero esponendosi a feroci quanto giustificati
commenti che troppo spesso si traducono in battute e vignette umoristiche.
L'Italia merita qualcosa di più che essere individuata nel mondo come
il paese degli "spaghetti".
Maria Mezzina