Pubblicato su politicadomani Num 64 - Dicembre 2006

Una spia inglese al servizio del KGB
La talpa
Philby e il Circolo di Cambridge

di A.F.

Se, tra realtà e fantasia, Lawrence d'Arabia e James Bond sono gli agenti segreti più famosi del mondo, i Servizi britannici hanno anche avuto il meno invidiabile primato di aver ospitato, fra le proprie fila, quella che si rivelerà la più astuta e devastante talpa del XX secolo: Harold Adrian Russell Philby, il grande traditore, in arte Kim, come il personaggio creato da Kipling.
Nato in India nel 1912, figlio di un importante diplomatico inglese, Philby ebbe il primo contatto con il NKVD sovietico (l'antesignano del più conosciuto KGB) nel 1932 a Vienna, quando sta per entrare nel Foreign Office. A fare da tramite con lo spionaggio sovietico fu probabilmente l'eccentrico Anthony Blunt, consigliere artistico della regina, con il quale Philby, insieme a Guy Burgess (dirigente della BBC e agente dell'MI6), al diplomatico Donald McLean e forse a lord Nathaniel Rotschild darà vita all'organizzazione spionistica usualmente definita "Il Circolo di Cambridge".
Sostenitore della "rivoluzione mondiale" e avversario del nazi-fascismo, Philby iniziò la sua attività spionistica spinto da motivazioni ideali e non per interesse economico (come spesso accade). Per servire la causa rivoluzionaria il NKVD lo incaricò, a dispetto della sua avversione, di introdursi proprio negli ambienti britannici più inclini al nazismo e soprattutto di infiltrarsi, come corrispondente del London Times in Spagna nell'entourage di Franco. Fra l'altro, Stalin ipotizzò anche l'omicidio del Caudillo per mano di Philby, che era diventato intimo di Franco al punto che il dittatore in persona lo decorò nel 1936, per i suoi presunti meriti a sostegno del regime, con la medaglia all'Ordine del Merito Militare di Spagna. L'ordine da Mosca tuttavia non arrivò e Philby fu nuovamente fatto tornare a Londra per continuare la sua infiltrazione negli ambienti filonazisti. Nel 1940 entra a far parte del SIS, nel quale, grazie alla sua abilità e alla sapiente guida moscovita, farà una rapida carriera divenendo capo dell'area iberica e successivamente caposezione presso la sede centrale del Servizio. Da una parte serve brillantemente la patria, dall'altra opera nell'ombra per l'URSS, passando a Mosca tutti i molti segreti di cui veniva a conoscenza. Nel 1949 viene trasferito a Washington come primo segretario dell'ambasciata britannica. Sua competenza sono le più delicate questioni della sicurezza anglo-americana. Entra così in stretto contatto con i vertici della CIA, ed essendo al corrente delle più importanti operazioni messe in atto dall'Agenzia passa puntualmente tutto al KGB, provocando così danni enormi alla sicurezza occidentale.
Qualcosa, tuttavia, comincia a non girare più bene per la spia: la fuga di notizie comincia ad essere evidente, la presenza di un doppio agente infiltrato - una "talpa" - appare sempre più plausibile: i sospetti dell'MI5 si concentrano proprio su Philby, che, per precauzione, viene distaccato a Beirut. Ormai scoperto, alla vigilia del suo arresto riesce a rifugiarsi a Mosca, dove è accolto con tutti gli onori ed è nominato generale dell'Armata Rossa.
Il danno arrecato alla sicurezza britannica e alla credibilità dei suoi servizi di sicurezza è quasi letale: ci vorranno anni per riorganizzare e rendere nuovamente credibili gli apparati. Nonostante il successo della sua lunga missione - una missione lunga una vita - e gli onori tributatigli a Mosca, la vita da spia in pensione non si rivelerà particolarmente felice: triste e solo, lontano da quella patria che aveva tradito ma che in fondo amava (che, forse, aveva tradito proprio perché amava, perché anch'essa fosse partecipe della Rivoluzione) si diede all'alcool e morì per un tumore, dimenticato da tutti, tranne che dai suoi nemici compatrioti.
È il 1988 e lo scenario mondiale è radicalmente mutato: Gorbaciov, perestrojka… fra poco cadrà anche il muro di Berlino. La Guerra Fredda, il palcoscenico su cui Philby aveva recitato da dietro le quinte la sua grande parte, è ormai solo un ricordo. Il Times, commentando la sua morte scrisse: "Voglia Iddio che la sua agonia sia stata lunga".

 

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