Pubblicato su politicadomani Num 66 - Febbraio 2007

L'intervista
Di ritorno dal paese più povero del mondo
"In Burkina Faso non ci sono poveri perché in realtà non ci sono termini di paragone, non esistono 'ricchi' come li intendiamo noi" (Silvia Galante, volontaria)

di F.C.

Le statistiche qualche anno fa davano il Burkina Faso tra i cinque paesi più poveri del mondo, al momento forse si può parlare addirittura di primato assoluto per questo paese africano privo di risorse e con problemi di desertificazione. Cosa può spingere dunque una laureanda in giurisprudenza di un paese di provincia a voler andare in Burkina Faso? Forse sono stati Samira, Alòì, Bachir, Baila Aissatau, Agaissatau e Barro a convincere Silvia Galante, trentenne di Velletri del comitato soci Coop Castelli Romani, a partire lo scorso 8 gennaio per Gorom Gorom. Cosa c'è dietro questi nomi? Si tratta dei primi ospiti di Casa Matteo, la casa di accoglienza realizzata su iniziativa dei coniugi Ulivieri di cui abbiamo parlato in altra parte del giornale. per ricordare il proprio figlio morto adolescente, causa sposata prima da Unicoop Tirreno e dal movimento Shalom e poi dal comune di Piombino, dalla provincia di Livorno e dalla regione Toscana. Silvia non è andata solo a trovare gli ospiti della casa ma ha partecipato anche all'inaugurazione delle nuove strutture appena costruite, ovvero la sala parto e la foresteria. La prima servirà soprattutto a salvare delle vite visto che in Burkina Faso il 20% delle partorienti purtroppo non sopravvive al parto, mentre la seconda, che si chiama 'Hotel delle Dune', ospiterà i volontari e le comitive del turismo equo e solidale fornendo un'altra possibilità di sostentamento alla popolazione locale.
Avevamo incontrato Silvia per un tè in un comodo caffé di Velletri prima di Natale e l'arido deserto africano sembrava davvero lontano, ma poi il racconto della preparazione di un viaggio di questo tipo era diventato coinvolgente. Non è proprio facile decidersi a partire in pochi giorni, Silvia ha saputo di questa opportunità il 24 novembre e mentre parlavamo mi raccontava dell'imminente vaccinazione, obbligatoria insieme al visto, per la Febbre Gialla che spesso porta febbri molto alte per i giorni successivi. Fortunatamente per lei questa e altre medicazioni preventive non hanno portato grosse conseguenze e, nonostante le difficoltà ben presenti, Silvia era assolutamente convinta di voler partire e addirittura non sembrava stare nella pelle per l'euforia.
"Qualche giorno fa - ci aveva detto Silvia - mi è arrivata la telefonata: vuoi partire per il Burkina Faso? Ovviamente ho detto subito si, ma pensavo fosse uno scherzo. Il Progetto Matteo lo conoscevo bene anche perché due anni fa i fondi della consueta iniziativa di solidarietà, che realizziamo con la Coop di Velletri al teatro Aurora, li avevamo destinati proprio al Burkina Faso ma certo partire per andare a Gorom Gorom non me lo aspettavo".
Il viaggio è stato lungo, prima Roma-Firenze in treno, poi in aereo fino a Parigi e quindi ancora in volo verso il Burkina Faso ma alla fine Silvia ha toccato il suolo africano ed ha iniziato la sua personale avventura insieme a circa 50 partecipanti della spedizione (una decina quelli dell'Unicoop Tirreno), tra questi personaggi famosi come la cantante Irene Grandi, il disegnatore Sergio Staino, Agresti de 'Le Iene', e poi una troupe de La7 che ha realizzato un reportage sull'evento e anche l'assessore alla cooperazione della Toscana Toschi e i Vescovi di San Cipriano e Massa.
"Vorrei riuscire a legare - ci aveva detto Silvia - non solo l'Italia al Burkina Faso ma soprattutto Velletri, credo sia importante anche per chi in questi anni ha donato a favore dell'iniziativa. Sto già pensando infatti a cosa fare quando torno, spero di trovare le parole giuste per raccontare quello che vedrò e quello che si sta costruendo lì".
Ci abbiamo provato insieme a capire come raccontare questo viaggio ma non è stato difficile, Silvia al suo ritorno era un fiume in piena di ricordi, emozioni e drammi vissuti in prima persona, ma anche di stanchezza non solo fisica: "Quello che non dimenticherò mai è la stanchezza dovuta alla tensione emotiva che ci ha accompagnato per tutto il viaggio, la situazione è drammatica, d-r-a-m-m-a-t-i-c-a, non saprei come definirla con altre parole. I poveri non ci sono, non sono individuabili perché non ci sono termini di paragone con i 'ricchi' come li intendiamo noi. I problemi sono infiniti, cominciano dalla mancanza di acqua e arrivano all'emergenza sanitaria con poche cure e nessuna prevenzione, passando dalla disperata situazione dell'infanzia. E' proprio in questo contesto che si inserisce Casa Matteo, finalmente l'ho vista dopo averne tanto parlato ed è stata una bella emozione".
Poi Silvia racconta delle inaugurazioni e dell'ospitalità della popolazione locale: "L'Hotel delle Dune è molto bello e anche la sala parto sarà molto importante per la popolazione locale. E' gente davvero molto accogliente, la loro ospitalità è in un certo senso inspiegabile: non hanno nulla ma ti danno il cuore. Quando siamo arrivati è stato dato l'ultimo colpo di trivella all'ennesimo pozzo ed è spruzzata l'acqua, sono stati momenti stupendi come tanti altri in un viaggio in cui ho visto una bella umanità da entrambe le parti: Irene Grandi col suo tecnico a montare gli strumenti per il concerto, la giornalista di La7 che non essendo riuscita a dire di no è andata via da un villaggio con una gallina, che ha poi regalato ovviamente, e soprattutto i bambini. Ingenuamente all'inizio pensavo chiedessero l'elemosina e invece mi stavano salutando, in Burkina Faso tutti si salutano e anche i bambini quando incontrano un estraneo gli porgono la mano. Camminando per strada più volte mi sono sentita stringere la mano per poi accorgermi che era uno di questi bambini, che soffrono sicuramente più degli adulti questa situazione drammatica".
L'atmosfera ospitale di cui parla Silvia ha anche delle declinazioni purtroppo e non tutte positive: "Nel villaggio, tra tanta povertà, rimane comunque un senso di comunità che invece nelle città non esiste. E' nelle città che ho visto davvero l'abbandono e la disperazione".
Gli spostamenti in Burkina Faso hanno un tempo variabile, le strade asfaltate sono pochissime e le indicazioni, ovviamente, non esistono. Può succedere così, come è capitato nel viaggio di inizio gennaio, che per arrivare in un villaggio ci si impieghino quattro ore mentre al ritorno poco più di due. Il racconto di Silvia si conclude proprio in uno di questi villaggi, nella chiesa di lamiera di Pikioko dove sono stati officiati in coincidenza con l'arrivo degli italiani 13 battesimi, seguiti da una festa alla quale ha partecipato tutta la comunità, compreso l'imam della moschea locale che ha poi invitato la delegazione a prendere un caffé a casa sua, confermando l'atmosfera di collaborazione tra le religioni di cui si era parlato al Campidoglio a novembre. "La festa prevedeva un pranzo a base di carne di pollo e di montone, noi eravamo al centro e praticamente tutto il villaggio ci osservava… Ho cercato di defilarmi ma mi è stato spiegato che l'usanza locale vuole che siano prima gli ospiti a servirsi, solo dopo possono farlo i padroni di casa. Abbiamo preso uno spiedino a testa per fare il gesto 'necessario' ma quella carne non mi andava né su né giù pensando alle persone che mi stavano intorno".
Un viaggio difficile ed emozionante per Silvia Galante, una di quelle esperienze che segnano le persone che le hanno fatte, in parte quelle che le raccontano e, speriamo, anche quelle che le ascoltano. La povertà romantica lascia il posto alle emergenze sanitarie e dell'infanzia, drammi veri e crudi che non possono lasciare indifferente nessuno.

 

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