Pubblicato su politicadomani Num 69 - Maggio 2007

Somalia
Le ragioni della guerra
A dispetto della sostanziale omogeneità linguistica, religiosa e culturale della gente, le lotte fra clan, rivendicazioni di confini e, non ultima, una sedicente lotta al terrorismo di Al Qaeda, nel paese dilagano conflitti e violenze

di m.m.

Non si saprà mai, probabilmente, la verità sulla morte di Ilaria Alpi, la giovane giornalista Rai uccisa a Mogadiscio insieme all'operatore Miran Hrovatin, uccisi a Mogadiscio il 20 marzo del 1994. Un'esecuzione in piena regola. Stavano facendo un'inchiesta sul traffico delle armi italiane: lì, a Mogadiscio, le armi si comprano al mercato. Il fatto è che la Somalia è un paese drammaticamente diviso e in lotta: fra clan rivali, contro i miliziani etiopi, in opposizione al governo federale transitorio.
Secondo gli standard e il modo di pensare occidentale dovrebbe essere invece il paese africano più stabile e più facile da governare, grazie alla omogeneità della lingua parlata e alla religione professata e grazie ad una tradizione e una memoria storica che è largamente condivisa e comune a tutto il suo popolo. Non è così, perché i somali, che sono nomadi che hanno occupato le terre dell'attuale Somalia scendendo dal nord e contendendole alle comunità contadine dell'Etiopia e del Kenya, hanno poi creato "un complesso sistema genealogico che distingue le famiglie, le discendenze e le gerarchie", spiega il prof. Calchi Novati*. Tutto ciò ha dato origine a divisioni fra clan caratterizzati da un forte senso di appartenenza, accentuato dalla divisione amministrativa della Somalia in tante regioni e province. "Il luogo per eccellenza della 'democrazia pastorale' è la boscaglia. La città è percepita come la sede di un potere ostile. Lo Stato è accettato in quanto garantisce alcuni servizi essenziali, ma non deve interferire troppo nell'ambito specifico dei clan".
In epoca coloniale la Somalia venne divisa in tre: il Somaliland britannico, la Somalia italiana e Gibuti, la parte francese. Il riscatto dal dominio coloniale e l'indipendenza vennero nel 1960, quando dalla fusione del Somaliland e della Somalia italiana nacque la Repubblica Somala, di tipo federale, con capitale Mogadiscio. La Somalia francese divenne lo stato autonomo di Gibuti solo nel 1977. La nuova repubblica però, a differenza di tutti gli altri stati africani nati lungo i confini delle divisioni coloniali, non ha mai nascosto l'aspirazione a inglobare Gibuti, la provincia etiopica dell'Ogaden e il distretto nord-orientale del Kenya rivendicando queste regioni anche con le armi. Unico caso di rivendicazione di unità politica basata sul rispetto della appartenenza di un popolo ad un territorio per origine etnica, lingua, storia, cultura e religione. Inevitabili quindi gli scontri con l'Etiopia per il controllo dell'Ogaden.
Dopo l'indipendenza, la Somalia è passata attraverso due guerre contro l'Etiopia e 22 anni di dittatura militare di Siad Barre. La caduta di Barre (1991), segnò anche la dissoluzione dello stato unitario e il trionfo dei cosiddetti "signori della guerra".
"La coalizione dei partiti militarizzati che avevano combattuto contro Siad Barre non sopravvisse alla sconfitta del presidente-dittatore e si divise in tante componenti su base clanica. In mancanza di un'intesa al centro, il potere restò nelle mani dei "signori della guerra", con la copertura nominale degli anziani dei vari clan. Lo sconvolgimento fu totale, anche perché le vicende della guerra civile portarono alcuni clan a trasmigrare, occupando il territorio altrui. Devastante fu l'invasione di Mogadiscio da parte di gruppi a vocazione nomadica. La fine di un regime si trasformò così nella fine dello Stato. L'ex Somalia italiana si disarticolò in una mezza dozzina di spezzoni, mentre l'ex Somaliland britannico si riorganizzò come uno Stato a sé, indipendente di fatto, se non di diritto, giacché nessuno Stato l'ha riconosciuto ufficialmente" *.
Inutili tutti i tentativi di creare un governo centrale perché tutti i governi proposti fra le fazioni in lotta (e successivamente rigettati) erano solo il risultato di accordi di spartizione delle zone di influenza raggiunti fra le varie milizie che non rinunciavano a controllarle con le armi. Quelle armi su cui si regge quel floridissimo mercato che conta fra le sue vittime anche Ilaria e Miran. Anche l'ultimo, il Governo federale di transizione (Transitional Federal Government - Tfg) risultato dell'accordo firmato nel 2004 a Nairobi, non troppo diverso dai precedenti, si chiama così a causa della autonomia o semiautonomia delle zone controllate dai miliziani dei vari signori della guerra.
"Nel 2006 la situazione ha subito un'impennata, prima con la vittoria a valanga del movimento delle corti islamiche e poi con il forcing dell'esercito etiopico per conto del governo di transizione. L'Unione delle corti islamiche è l'organizzazione politica dei tribunali che per anni, nel vuoto di potere, hanno applicato la legge coranica, assicurando un minimo di legge e ordine a Mogadiscio e in altre località e fornendo assistenza, istruzione e prestiti a singoli e imprese. Anche se l'integralismo è in contrasto con lo spirito di tolleranza con cui l'islam è praticato in Somalia, i valori islamici offrono un terreno comune che fa giustizia del frazionismo e settarismo clanico."
Per chi ha interesse a mantenere uno stato di caos nel paese, per l'Etiopia che continua a temere le rivendicazioni territoriali della Somalia sul suo territorio e per gli Stati Uniti che sono interessati alla Somalia per la sua posizione strategica e le ricchezze minerarie e petrolifere, "le corti islamiche non sono altro che una versione camuffata del terrorismo jihadista. Sulla Somalia si sono allungate pericolosamente le ombre della 'war on terror' indetta da George W. Bush." Con l'appoggio dell'amministrazione Bush l'Etiopia è riuscita così a invadere il paese con truppe, carri armati e aviazione. Ma i sentimenti anti-etiopici in Somalia sono profondissimi.
Così la guerra continua, i signori della guerra continuano a imperversare, continua il caos e continuano uccisioni e violenze: e invece che all'ultimo posto nella lista dei paesi di cui è stato misurato l'indice di sviluppo umano, la Somalia è addirittura fuori da questa lista.

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* Da: "Alle radici della crisi somala", di Giampaolo Calchi Novati, ordinario di Storia e istituzioni dei paesi africani e asiatici e di Storia moderna e contemporanea dell'Africa presso l'Università degli studi di Pavia.
Da questo studio sono tratte anche le altre citazioni.

 

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