Pubblicato su Politica Domani Num 7 - Sett/Ott 2001
Biennale di Venezia
58 mostra internazionale d'arte cinematografica
Riflessioni
Giorgio Razzano
La 58° Mostra Cinematografica di Venezia
è finita e come tutti gli anni il copione (previsto) si ripete,
mi riferisco a chi ha concorso a questo festival, a chi era fuori concorso
e a chi è stato celebrato per il suo passato da grande protagonista.
Inizio subito con i film in gara, una kermesse di opere provenienti
da diversi paesi con differenti tematiche moderne, alle quali poi si
sono aggiunte culture a confronto, rispecchiando tutto sommato i nostri
problemi quotidiani.
Fischi e applausi hanno accompagnato questi film con un andamento mai
unanime di critici e pubblico, mettendo in luce un aspetto paradossale
di come spesso o quasi mai la critica sia dalla parte del consumatore,
non prenda mai una posizione decisa e soprattutto non spieghi e consigli
l'utente su cosa andare a vedere al cinema. Grande pubblicità
è stata fatta sui prodotti italiani in concorso; le nostre opere,
considerata la nuova rinascita del cinema italico, hanno lasciato un'opaca
traccia d'interesse per gli argomenti trattati e in particolare per
le deludenti prestazioni degli attori. Ma alla fine con grande stupore
sono stati premiati due artisti: Luigi Lo Cascio e Sandra Ceccarelli
per il film "Luce dei miei occhi" di Giuseppe Piccioni.
Veniamo ora alla passerella: attrici, attori e registi quasi una sfilata
di moda, una dopo l'altro a farsi fotografare per pubblicizzare il proprio
lavoro o la propria immagine, una sorta di "Dolce vita" ormai
stancante e ripetitiva, che riprendeva a vivere ogni volta che sbarcava
un divo americano nel Lido. La gente effettivamente a Venezia aspettava
solo loro: le vere star giunte a movimentare tanto torpore.
Passo al fuori concorso che stranamente suscita più interesse
dei film in gara; un po' come i divi d'oltreoceano, erano tanto attesi
i film americani: uno su tutti che vale la pena citare è "A.I.
- Intelligenza artificiale" di Steven Spielberg su soggetto ereditato
da Stanley Kubrick, che ha affascinato il pubblico per la magia degli
effetti speciali e le forti dosi di sentimenti.
La parte più divertente della mostra è stata l'arrivo
di Alberto Sordi che ha ritirato il premio Bianchi dei critici e come
sempre ha mostrato prontezza e battute per ogni domanda. Il lato più
commovente è invece arrivato al momento della consegna del Leone
alla carriera al grande regista francese Erich Rohmer, un uomo che di
cinema sa il vero valore tanto da portare con sé, fuori concorso,
l'ultima sua opera "La gentildonna e il duca", lasciando tutti
a bocca aperta e mostrando ancora una volta che il cinema è forte,
ma sono invece gli autori che non hanno più voglia di raccontare
storie interessanti.
Concludo, riflettendo su ciò che questa Mostra ci ha lasciato:
si sono visti tanti film di tanti autori differenti e visto che la comunicazione
fa parte del nostro vivere, questo ci ha fatto tanto piacere. Ora poniamoci
una serie di domande: se a questa mostra non fossero andate diverse
produzioni cinematografiche americane e altrettante star, che cosa ne
sarebbe stato di questo festival un tempo tanto importante? Perché
ogni anno non gareggiano anche film americani al pari di tutti gli altri?
Non sarebbe un'occasione in più per rilanciare la produzione
a livello internazionale?
Era giusto assegnare il Leone d'oro al film "Monsoon Wedding"
della regista indiana Mira Nair o questo è stato frutto di un
compromesso della giuria per non darlo al film iraniano "Il voto
è segreto" o all'austriaco "Canicola"?
Tanto clamore è stato fatto sulle nostre pellicole, sembrava
quasi che si fosse ritornati ai vecchi tempi del nostro cinema d'oro,
ma alla fine siamo piombati in un cupo pessimismo su ciò che
si è prodotto.
Possibile che Nicole Kidman o Mira Sorvino siano state battute da Sandra
Ceccarelli, che a sua volta poco tempo fa era stata premiata dallo stesso
presidente di giuria, Moretti, col Premio Sacher e che lo stesso Luigi
Lo Cascio sia stato più bravo del grande irlandese Colm Meaney
o di Ben Kingsley?
Insomma verrebbe da dire "tanto rumore per nulla", perché
ogni anno la scena è sempre la stessa e dobbiamo per forza accontentarci;
nel bene o nel male questa è la Mostra di Venezia, come potrebbe
essere il Festival di Cannes o di Locarno o Berlino, ma dobbiamo metterci
in testa una buona volta che se abbiamo fantasia e potenzialità
creative dobbiamo usarle, solo così riusciremo a migliorare e
a rilanciarci nel panorama non solo europeo, ma mondiale.