Pubblicato su Politica Domani Num 7 - Sett/Ott 2001
Dopo gli incidenti
di Genova
Ordine e disordine pubblico
Quale futuro per il diritto
di manifestare?
Raffaello A. Doro
I gravi scontri di piazza avvenuti
a Genova tra il 20 e il 22 luglio hanno portato drammaticamente alla
luce il problema della gestione dell'ordine pubblico. Sin dalla nascita
del movimento di contestazione al nuovo modello economico imposto dalla
globalizzazione dei mercati, avvenuta alla fine del 1999 a Seattle durante
la riunione del WTO, continuando con Nizza, Napoli, Goteborg, le forme
di dissenso sono spesso degenerate in vere e proprie guerriglie.
Violenza gratuita dei "noglobal"
o repressione indiscriminata da parte delle forze dell'ordine? Una risposta
diventa sempre più impellente considerato che il vertice di Genova
è costato un morto, cinquecento feriti, danni alla città,
blitz nelle scuole e abusi nelle caserme su cui sta indagando la magistratura.
La manifestazione finale del 21 luglio partiva con un imponente corteo
di trecentomila persone, pacifico, colorato e soprattutto animato dalla
volontà di negare tutta la spirale di violenza del giorno precedente
culminata con la morte di un giovane. Ma all'interno della città
si aggiravano i "black block", gruppi di facinorosi armati
di oggetti di vario genere, con l'unico obiettivo di distruggere tutto
quello che si trovavano davanti. La loro azione risultava indisturbata
poiché tutti i loro movimenti, peraltro chiaramente documentati
dai mezzi di comunicazione, non incontravano resistenza da parte delle
forze dell'ordine. Ci si sarebbe potuti aspettare che questi gruppuscoli
venissero isolati, invece la polizia ha caricato il corteo pacifico,
come se i provocatori non esistessero e tutta la massa dovesse essere
colpita.
L'incapacità da parte degli organi preposti di distinguere tra
i manifestanti pacifici e i violenti intenzionali, il lancio dei lacrimogeni,
la violenza dei getti degli idranti, il ronzio incessante degli elicotteri
hanno generato un clima di tensione generale, la gestione dell'ordine
pubblico è sfuggita di mano, i partecipanti al corteo sono stati
investiti da cariche della polizia spesso ingiustificate, alcuni di
loro sono stati sottoposti a brutalità impensabili per un paese
democratico; di fatto è stata impedita la libera manifestazione
delle idee. È paradossale il fatto che un movimento che chiede
maggiore giustizia sociale e una migliore distribuzione delle ricchezze
nel mondo, che lotta contro la fame e ricerca un mondo in cui regni
la pace e non l'odio, venga trattato come un movimento violento. La
violenza è da condannare, da qualsiasi parte provenga, la violenza
genera violenza, non permette l'avanzare della democrazia e ostacola
un confronto aperto su temi di importanza vitale per il nostro presente
e soprattutto per il nostro futuro.
E' auspicabile che venga rispettato e riaffermato il sacrosanto diritto
di manifestare - fondamentale per una democrazia - sancito dall'art.
21 della Costituzione della Repubblica Italiana e soprattutto che l'ordine
pubblico sia gestito in modo tale da non farlo degenerare in "disordine" pubblico.

