Pubblicato su Politica Domani Num 7 - Sett/Ott 2001
Come barche in mezzo al mare
THE OTHERS
La diversità italiana sul tema della intolleranza
razziale
Marianna Bartolazzi
L'Italia è un paese di individualisti.
L'italiano medio filtra in primo luogo attraverso la propria soggettività
tutte le esperienze che si alternano nel corso della sua esistenza.
In questo modo anche il fenomeno dell'intolleranza razziale appare sotto
diverse forme e presenta motivazioni differenti a seconda di chi lo
vive o di chi lo manifesta.
Poche settimane fa affrontavo l'argomento "razzismo" con una
gentilissima e civilissima signora friulana che con tutta tranquillità
mi spiegava che anche il clima è cambiato nel Friuli Venezia
Giulia: è diventato più afoso durante i mesi estivi a
causa dell'entrata nel nostro paese di "troppe bocche che respirano,
bocche africane". Non c'è che da rimanere sconcertati da
un'asserzione del genere, ma forse non più di tanto.
Forse sarebbe errato continuare a pensare che il razzismo, soprattutto
nel nostro paese, assuma un'unica forma e solamente una limitata gamma
di conseguenze. Le forme d'intolleranza razziale si manifestano diversamente,
non soltanto come conseguenza del grado di cultura che il manifestante
possiede, ma anche e soprattutto in dipendenza del background sociale
dell'individuo intollerante, background che si modifica di regione in
regione in Italia, ma più marcatamente tra il nord e il sud del
paese. Porto un esempio che possa valere a sostenere questo concetto.
Nel nord del nostro paese, dove il benessere economico, salvo alcuni
casi, è diffuso, dove la gente si considera - e lo è -
lavoratrice e onesta, dove si respira quasi l'aria di una "little
America", intrisa dell'ottimismo di chi non deve preoccuparsi ogni
giorno del proprio mantenimento, di chi molto spesso ha rinunciato all'istruzione
superiore e universitaria per intraprendere un percorso lavorativo,
anche se da semplice dipendente, purché remunerativo e tale da
permettere un certo tenore di vita, in un ambiente come quello sopra
descritto, dove il senso di appartenenza ad una comunità di individui
omogenei nella cultura e nelle "ways of life" è molto
forte, l'immigrato viene visto forse non tanto come colui che viene
a rubare il lavoro agli italiani - perché di lavoro ce n'è
- ma come colui che viene a rompere un equilibrio, uno che viene a portare
nuova delinquenza, soprattutto nei paesi con bassa densità di
abitanti dove le abitudini sono profondamente radicate. Una mosca nera
nel vero senso del termine, che rovina ciò che tocca e con la
quale non bisogna avere, dal punto di vista sociale, nessun tipo di
contatto.
A sud dell'Emilia Romagna le situazioni, in un certo senso anche impercettibilmente,
cambiano. Le diversità tra regione e regione si accentuano, il
senso di appartenenza alla comunità si affievolisce mano a mano
che ci si avvicina geograficamente alla capitale, le abitudini culturali
non sono poi così marcate, l'eterogeneità della popolazione
è un carattere fondamentale. In queste regioni del paese chi
manifesta intolleranza non lo fa per disprezzo o per nazionalismo, piuttosto
lo fa per paura. Il diverso, che si aspetta di trovare in Italia un
piccolo Eden, viene odiato e temuto dall'italiano che sa bene che questo
Eden non esiste; la precarietà dei posti di lavoro e del benessere
economico del cittadino, a volte anche la consapevolezza di un raggiunto
benessere che lo diversifica persino dai suoi simili, lo rendono intollerante
nei confronti di stranieri che tentano la fortuna in un paese in cui,
egli ne è profondamente convinto, non ci sia fortuna da tentare.
Non esiste giustificazione per questi regimi di pensiero, ma non tanto
perché un paese come il nostro può offrire lavoro e benessere
a un numero "illimitato" di individui, piuttosto perché,
aldilà delle leggi sull'immigrazione che hanno il dovere di impedire
un sovrappopolamento e di aiutare il maggior numero di immigrati possibili,
dovrebbe essere il sentimento di fratellanza a prevalere nella mente
degli italiani: forse perché in passato abbiamo avuto lo stesso
destino, forse perché ancora oggi per molti di noi l'emigrazione
in altri paesi europei o in America appare come la soluzione migliore,
forse perché la religione di molti di noi predica l'amore per
il prossimo, forse perché è giusto rispettare tutti e
controllare i nostri sentimenti xenofobi senza alcuna ragione precisa,
forse perché siamo "tutti barche in mezzo al mare" e dovremmo ricordarlo. Sempre.

