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Pubblicato su politicadomani Num 76 - Gennaio 2008
Bandito o patriota?
Il mito del brigante
Dalla stampa dell'epoca, fra riprovazione e ammirazione l'immagine di un combattente leale alla causa con suo codice d'onore
"Il Bruzio" è il bisettimanale politico-letterario fondato a Cosenza, nel 1864, da Vincenzo Padula, sul quale fu pubblicata una serie di articoli, da cui sono tratte le citazioni seguenti (Bruzio, anno II, numeri 19, 22 e 25 di giugno e luglio 1865).
Benedetto Croce giudicò "stupendi di pensiero e di forma", questi scritti sui problemi del sottosviluppo e dell'arretratezza culturale delle regioni meridionali, che individuano le motivazioni sociali nel feudo e nel latifondo ancora persistenti, nel comportamento antisociale della borghesia agraria e nelle miserrime condizioni di vita delle classi emarginate.
"La madre del brigante Celestino diceva: Nessuna donna nasce meretrice; sono le ruffiane che la mettono in sulla mala via; e il calabrese non nasce brigante, ma sono Tizio, Caio e Sempronio che gli dicono: Levami un tal capriccio, fatti brigante e io ti proteggerò" […]
"Il brigantaggio è un serpe il cui capo sta nella città e la coda nelle campagne"
"I briganti non dimenticano nulla, e se perdonano al soldato, non la perdonano agli squadriglieri, perché dicono: il soldato è nel dovere di perseguitarci; ma uno squadrigliero che per quattro carlini al giorno viene a dare la caccia è un assassino".
"Questa logica parrà strana ma è quella dei nostri briganti"
"Preghiamo pure a chi tocca a provvedere alla sicurezza di Portapiana. Colà si vive in piena repubblica, si danno mazzate da orbi, e le coltellate vanno a dieci il centesimo. Che porcheria! E non la diciamo neppure tutta".
Caratteri salienti e doti del brigante sociale:
- Coraggio;
- Capacità di ribellione;
- Doti di combattente;
- Lealtà nel combattimento e nell'uccidere: mai tradire, mai uccidere alle spalle, mai nascondere la responsabilità dell'omicidio;
- Generosità/magnanimità;
- Cavalleria: rispetto per donne, bambini, anziani, uomini di chiesa degni;
- Sfida aperta alle forze dell'ordine: nemiche dichiarate perché nemico dichiarato è lo Stato e il governo al cui servizio esse sono.
"È importante che all'inizio il bandito sociale venga considerato onorevole o non criminale dalla popolazione perché, se fosse considerato criminale per la consuetudine del luogo, non potrebbe godere di quella protezione locale su cui è costretto a fare completo affidamento. Virtualmente quasi tutti coloro che si trovano in contrasto con gli oppressori o con lo Stato hanno titolo per essere considerati vittime, eroi o tutt'e due le cose. Il latitante, perciò, viene istintivamente protetto dai contadini e dalla forza delle convenzioni locali che si rifanno alla legge "nostra" (consuetudini, faida o quant'altro sia) in contrapposto alla "loro" e alla giustizia "nostra" contrapposta a quella dei ricchi. A meno che non sia molto pericoloso, egli godrà dell'appoggio della Mafia, in Sicilia, della cosiddetta Onorata Società nella Calabria meridionale e della pubblica opinione dappertutto".
[Citazioni tratte da E.J. Hobsbaum, "I ribelli", Einaudi, TO, pgg. 23-24]
Fa parte del mito il riconoscimento del loro coraggio nei combattimenti all'ultimo sangue ma leali. Anche l'agguato in guerra è leale, fa parte della guerra.
Altro mito è il codice d'onore elaborato dal brigantaggio a livello mondiale. Esempio insigne è il "codice barbaricino" (della Barbagia/Sardegna) incarnato in Italia dal "Passator Cortese re della strada, re della foresta", il brigante Stefano Pelloni, cantato così da Giovanni Pascoli nella sua poesia "Romagna" (1882)
 
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