Pubblicato su Politica Domani Num 8 - Novembre 2001
Televisione
GUERRA IN DIRETTA
Etica e mondo dei mass media
Marianna Bartolazzi
11 settembre 2001, 14:45, ora italiana,
un aereo di linea dell'American Airlines si abbatte sulle Twin Towers,
simbolo del potere economico di New York. Sarebbero passati circa 20
minuti, e già le telecamere di tutto il mondo sarebbero state
puntate sulla tragedia americana, seguendo, passo dopo passo, lo sviluppo
altrettanto tragico della vicenda.
Guardare un attentato terroristico
dinanzi alla TV come fosse un programma televisivo che reca tristi notizie
non è cosa da tutti i giorni. Del resto, non è da tutti
i giorni neanche un attentato ai "grandi" Stati Uniti d'America.
Per la prima volta nella storia della televisione tutto il pianeta ha
seguito in diretta la morte di migliaia di cittadini americani, le operazioni
di soccorso, il crollo delle Twin Towers, l'abbattimento di un altro
aereo di linea americano sul Pentagono, le dichiarazioni del Presidente
Bush e del sindaco di New York Giuliani, l'instancabile lavoro dei Vigili
del Fuoco americani nella rimozione delle macerie e nella ricerca delle
vittime e dei sopravvissuti. Abbiamo assistito al succedersi, instancabile
anch'esso, di special televisivi, dirette "dal luogo della tragedia",
interpellazioni dei più grandi opinionisti del globo, dai politologi
agli antropologi, trasmissioni commemorative, fiaccolate di solidarietà,
e l'elenco non finisce certo qui. In poche parole, l'attenzione dell'intero
universo dei mass media si è focalizzata su questo evento di
portata storica, fino alla saturazione dei tempi televisivi e delle
spazialità cartacee. Quale impulso ha causato tale e tanta attenzione?
L'enorme svolta epocale che l'attentato terroristico in America ha prodotto
nella storia dell'umanità e nella politica internazionale di
tutti i paesi del globo? Un senso di solidarietà e un intento
di piena collaborazione in nome dell'informazione per tutti, ventiquattr'ore
su ventiquattro? Bieca speculazione economica del coinvolgimento emotivo
degli utenti nei confronti di un tale atto tragico? La risposta arriverà forse tra qualche mese, grazie ad un'ennesima trasmissione-dibattito-riflessione-spettacolo.
7 ottobre 2001, ore 18:00 (circa), ora italiana,
primo bombardamento americano su obiettivi militari in Afghanistan.
In diretta, naturalmente. Altro ciclo di trasmissioni, altro ciclo di
prime pagine, altro ciclo di miliardi di occhi che, da tutto il mondo,
guardano le luci prodotte dalle bombe che si abbattono sull'Afghanistan,
quasi fosse un videogame. "Accendi la TV, stanno bombardando Kabul
su Raidue". Quanti di noi avranno pronunciato queste parole, quanti
di noi, hanno provato nel contempo un'immensa tristezza e vergogna per
la profonda impersonalità di una frase come questa? Come se,
sotto quelle bombe, non andasse a morire un essere umano come tutti
gli altri.
Non c'è posto per un giudizio morale
quando una guerra è in corso, perché di una guerra si
sta parlando, aldilà delle diverse posizioni sulla sua necessità
o meno. Tutti hanno diritto di essere informati su cosa sta accadendo
nel mondo, tutti hanno diritto di sapere. Forse, però, una certa
etica nel mondo dei mass media dovrebbe essere stabilita oppure, nel
caso già esistesse, dovrebbe essere rispettata. Un certo equilibrio
e un rispetto per la neutralità dell'occhio della telecamera
dovrebbe essere rispettato, ma non fino al punto di mandare in onda
qualsiasi tipo di filmato, qualsiasi tipo di morte, o di strage, o di
atto di guerra, non per amore dell'informazione, ma per amore dei soldi,
e dell'aumento dell'audience.