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Pubblicato su politicadomani Num 80 - Maggio 2008
Osservatorio europeo sull'UE a 27
Europa, andante moderato
Sintesi del 6° Rapporto dell'Istituto per le Politiche Europee (IEP) di Berlino, in collaborazione con gli Istituti di politica internazionale dei paesi UE + la Turchia, il SIPRI (Istituto di Ricerca Internazionale sulla Pace di Stoccolma) e la TEPSA (Associazione per gli Studi di Politica Trans-Europea di Bruxelles).
Il rapporto è stato condotto per dare una informazione esaustiva del dibattito sulla integrazione europea e lo sviluppo corrente delle politiche europee in ognuno dei paesi membri, in Italia ha partecipato alla raccolta dei dati e alla stesura del rapporto l'Istituto Affari Internazionali di Roma
di Maria Mezzina
Dopo la scottatura del no referendario di Francia e Belgio al Trattato di Nizza (che avrebbe segnato la nascita della "Carta costituzionale" europea) nel 2005, l'Europa a 27 ci riprova con il Trattato di Lisbona. Questa volta, però, senza quel "dispiegare di trombe e di fanfare" che hanno accompagnato il precedente tentativo. Ora la ratifica del trattato (firmato a Roma lo scorso 13 dicembre) da parte dei 27 Stati membri avverrà molto più sottotono. Per evitare sorprese.
Escluso il ricorso al Referendum in tutti gli Stati membri eccetto che per l'Irlanda, dove il referendum è obbligatorio e vincolante, la ratifica avverrà attraverso uno o due passaggi parlamentari (a seconda del sistema dei singoli Stati membri). C'è tempo fino a Dicembre 2008 perché il trattato diventerà operativo dal 1 Gennaio 2009, anno in cui si terranno le elezioni per il Parlamento Europeo.
Finora il Trattato di Lisbona è stato ratificato da: Ungheria, Austria, Bulgaria, Danimarca, Francia, Malta, Polonia, Portogallo, Romania, Slovacchia, Slovenia e Unione Europea. Sono a metà del percorso di ratifica: Germania, dove il Trattato è stato ratificato dalla Dieta Federale e si attende il voto del 23 maggio del Consiglio Federale; Regno Unito, dove il trattato è passato alla Camera dei Comuni ma deve essere ancora votato alla Camera dei Lord (11 giugno). Hanno fissato la data della votazione: Belgio, Paesi Bassi, Estonia, Finlandia, Grecia, Lituania, Lussemburgo e Svezia. Non hanno ancora fissato una data Spagna, Italia, Lettonia e Cipro. L'Irlanda deve aspettare il risultato del referendum, fissato per il 12 giugno. La Repubblica Ceca è in attesa di una decisione della Corte Costituzionale.
Il Rapporto non fa mistero della cautela con cui si sta procedendo nelle ratifiche, né delle difficoltà.
La questione "referendum" ha animato le discussioni fra europeisti e antieuropeisti e messo in guardia Primi Ministri e Capi di Stato. Dei quattro paesi che già avevano sottoposto il precedente trattato a referendum - Spagna, Lussemburgo, Paesi Bassi e Francia - i primi due, avendolo approvato nel 2005, hanno ritenuto inutile un secondo referendum.
In Francia, la ratifica del trattato è stata preceduta da un dibattito interno e sulla stampa molto aspro. Secondo i sondaggi ben il 68% dei francesi avrebbe preferito tornate alle urne per un nuovo referendum. È stato solo grazie al successo elettorale e all'impegno personale di Sarkozy se la Francia ha ratificato, fra i primi paesi europei, il Trattato di Lisbona.
Nei Paesi Bassi il governo Balkenende IV, una coalizione di tre partiti (CDA, partito dei cristiano democratici; PvdA, partito laburista; CU, Unione Cristiana), ha aggirato il problema del referendum con questa motivazione: il referendum non si fa perché esiste un problema di separazione fra la politica e l'elettorato per quanto riguarda l'Europa e, quindi, per approvate il trattato, occorre evitare il referendum.
In Inghilterra la maratona di discussioni si è conclusa con il voto favorevole della Camera dei Comuni, ma con un Gordon Brown di basso profilo che, per non dare appigli alla stampa impegnata in un dibattito infuocato, ha perfino rinunciato a partecipare alla firma del trattato. La trionfale avanzata del partito Conservatore alle elezioni amministrative di inizio maggio e l'arretramento del partito Laburista fino a terzo partito del Regno, paradossalmente, favorisce lla ratifica del trattato. Due le ragioni: David Cameron, giovane e carismatico leader del partito Conservatore, che si appresta a sfidare il partito Laburista alle elezioni politiche del 2010, vede per l'UE un futuro di grande responsabilità nello scacchiere mondiale e ritiene che l'Inghilterra può e deve giocare un ruolo di primo piano; d'altra parte il partito di Brown, a cui spetta il compito di traghettare il Regno Unito in Europa, non può lasciarsi sfuggire l'occasione di avocare a sé questo merito.
Il Portogallo, che aveva cancellato il referendum dopo il flop del 2005, ha deciso per una transizione "morbida" con un solo passaggio parlamentare, anche per evitare imbarazzi al Presidente Barroso.
In Germania gran parte della gente e dei partiti sono favorevoli al Trattato, ma occorre guardarsi dall'opposizione dei parlamentari euroscettici.
Più delicata è la situazione nella Repubblica Ceca. Qui il referendum dipende dalla Corte Costituzionale che deve decidere se il Trattato è in contrasto o no con la costituzione. Il ricorso alla Corte è il risultato del compromesso raggiunto all'interno del maggior partito di destra, l'ODS (Partito Democratico Civico, sempre ostile al trattato, che ora è al governo). Il cambiamento di posizione da parte di almeno metà del partito dipende dal fatto che si vogliono evitare lunghe discussioni in parlamento e una brutta figura internazionale: il 1 Gennaio 2009, infatti, toccherà proprio alla Repubblica Ceca la Presidenza dell'UE.
Rimane l'Irlanda. Qui il referendum è obbligatorio e vincolante. Sulla carta non ci sono problemi: sia la gente che i partiti, ad eccezione del Sinn Fein (partito repubblicano indipendentista cattolico dell'Irlanda del nord), sono favorevoli al trattato. Tuttavia, visti i precedenti fallimenti e considerato che molti irlandesi sono ancora indecisi, questo passaggio desta molte apprensioni.
Il rapporto EU-27 Watch (pgg. 21-64, scaricabile dal web) mostra come ogni governo abbia messo o stia mettendo in atto specifiche strategie allo scopo di superare le difficoltà del proprio Paese, arrivare alla ratifica del Trattato di Lisbona e passare quindi alla fase operativa. Una lettura, per chi conosca l'inglese, particolarmente istruttiva.
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