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Pubblicato su Politica Domani Num 9 - Dicembre 2001
L'innovazione e
la sperimentazione a Palazzo Delle Esposizioni
FUTURISMO. 1909 - 1944
Chiusa il 12 Novembre la mostra Augusto Pallocca Dopo circa sei mesi di permanenza
nella Capitale, ha chiuso i battenti il 12 novembre scorso la mostra
(recensita in extremis per voi da Politica Domani! NdR) dedicata al
Futurismo, allestita al Palazzo delle Esposizioni di Roma, dedicata
per intero all'unico movimento d'avanguardia che annovera natali italiani.
Nata nel 1909 con il Manifesto di
Filippo Marinetti, questa corrente artistica e di pensiero prese rapidamente
piede nella penisola andando ad intaccare quell'humus culturale accademico
e di maniera che fino ad allora aveva contraddistinto l'impegno espressivo
della maggior parte dei pittori e scultori italiani. Portatrice di ideali
anarcoidi e di una filosofia vitalistica, fautrice del mito della macchina,
del movimento e dello sviluppo tecnologico, la dirompente forza di rottura
del Futurismo si dissolse inevitabilmente nel Ventennio in strumento
di potere fascista, cambiamento che decretò il suo ineluttabile
declino nei primi anni '40. La mostra ad esso dedicata, amplissima per
dimensioni e numero di opere, mette in luce la poliedricità dell'orientamento
futurista, che si esplica in tutte le discipline: letteratura, pittura,
scultura, fotografia, musica, art design, pubblicità, architettura.
Ovviamente più estesa e curata delle altre la sezione dedicata
alla pittura, con capolavori provenienti da musei italiani ed esteri,
e da collezioni private. Direttamente dal Moma di New York "I funerali
dell'anarchico Galli" di Carrà e "La Risata" di
Boccioni e poi opere di Balla, Severini, De Pero e di tutti i maggiori
rappresentanti del movimento, legati fra loro dal filo rosso dell'amore
per la modernità e della repulsione nei confronti della tradizione.
Sculture antigraziose, collage di stampo dada, immagini di grande e
scandalosa provocazione: questo è il lato oscuro del Futurismo
che emerge dalla mostra e che nell'approccio scolastico alla materia
viene spesso, in modo colpevolmente consapevole, dimenticato.
Ma per capire quanto il Futurismo fu di aiuto alla emancipazione culturale,
tecnica e di costume dell'Italia, basta dare un'occhiata a ciò
che l'architettura del periodo ha partorito, elaborando piani urbanistici
e strutture abitative e industriali che ancora oggi, a quasi un secolo
di distanza, risultano assolutamente innovative. Quando si parla poi
di pubblicità, art design e fotografia, si viene colti da un
inevitabile deja - vu: i fotomontaggi, gli slogan e i loghi dei prodotti
pubblicizzati sembrano essere i diretti avi delle nostre odierne e più
complesse rèclame.
Interessante la sezione dedicata ai documenti storici, che comprende
manoscritti originali e bozzetti; da non sottovalutare anche l'approfondimento
riguardante la moda Futurista, ridicola e pacchiana quanto si vuole,
come appare per esempio in alcune creazioni tessili di Fortunato Depero,
ma anch'essa parte integrante di un fine ideologico che preferisce il
concetto provocatorio al gesto tecnico virtuoso.
Unico limite della mostra la incredibile vastità, tale da dare
a volte una sensazione di ingovernabilità e farraginosità;
pregio maggiore, la volontà di rivalutare e consacrare il valore
di un movimento artistico spesso ingiustamente condannato dalla critica
storica e di partito.  
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